Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6946 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 25/03/2011), n.6946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 33632/2006 proposto da:

R.G., in qualità di titolare dell’omonima ditta

individuale, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSTANTINO MORIN

45, presso lo studio dell’avvocato CARICATERRA NICOLA, rappresentato

e difeso dall’avvocato FIORE FULVIO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 72/2006 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 27/09/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La G.d.F. di Bergamo sottopose a verifica fiscale la società Motta costruzioni s.r.l. (poi Giemmepi s.r.l.), constatando pagamenti in nero mediante assegni bancari infine incassati da R.G..

Di conseguenza l’agenzia delle entrate notificò a R. avvisi di accertamento e rettifica ai fini Iva, Irpef, Irap, Ilor e contributo al s.s.n. per gli anni 1997 e 1998.

Contro gli avvisi R. propose ricorso, che la commissione tributaria provinciale di Milano accolse con sentenza n. 265/30/2004.

Su gravame dell’agenzia delle entrate, la commissione tributaria regionale della Lombardia riformò la decisione.

Considerò che a R. – titolare di impresa individuale – era stata contestata la mancata emissione di fatture per prestazioni eseguite nei confronti della società Giemmepi; che la contestazione era stata supportata dall’esito delle indagine bancarie eseguite dalla G.d.F. a carico della cessionaria, essendosi rilevati pagamenti eseguiti mediante assegni di conto corrente in favore di R., o da questi comunque incassati; che la spiegazione al riguardo fornita – di essersi R. limitato a incassare assegni al solo fine di monetizzarli per conto della società – non potevasi ritenere credibile nè sorretta da prove; che dunque era da concludere, per quanto di interesse, che R. incassasse il prezzo pattuito in nero con la società committente.

Per la cassazione di questa sentenza, resa pubblica il 27.9.2006, R.G. interpone ricorso sorretto da due motivi, cui l’agenzia delle entrate replica a mezzo di controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due mezzi, il ricorrente deduce nullità della sentenza, per violazione dell’art. 112 c.p.c., e vizio di motivazione. La Corte deve rilevare che la sentenza impugnata risulta pubblicata in data 20.3.2006. Sicchè il ricorso per cassazione – in quanto attinente a sentenza successiva al 1.3.2006 – è regolato dalle disposizioni di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

Venendo in considerazione il sistema del ed. filtro a quesiti, di cui all’art. 366 bis c.p.c., norma abrogata dal D.Lgs. n. 69 del 2009, ma rimasta in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (art. 58, D.Lgs. ult.

cit.), era onere dell’impugnante, a pena di inammissibilità, concludere l’illustrazione del primo motivo con la formulazione di un quesito di diritto e concludere l’illustrazione del secondo con un momento di sintesi inteso a evidenziare la chiara indicazione del fatto controverso ovvero le ragioni della dedotta insufficienza motivazionale.

Alla mancanza di simili elementi va associata la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Spese alla soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 2.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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