Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6946 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. III, 11/03/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 11/03/2021), n.6946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32066/2019 proposto da:

S.D., rappresentato e difeso dall’avv.to GIOVANBATTISTA

SCORDAMAGLIA, con studio in Petilia Policastro, via Arringa 60,

(studiolegale.pec.scodamaglia.eu) giusta procura speciale in calce

al ricorso, ed elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso il decreto n. 2762/2019 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositato il 26/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.D., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva confermato la pronuncia di rigetto della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di aver lavorato per anni come funzionario di un ufficio doganale e che, poichè mentre era di servizio ai confini con l’India aveva rifiutato un tentativo di corruzione da parte di un commerciante che voleva sdoganare la merce in modo illegale, era stato da lui successivamente aggredito insieme ad altri uomini armati, in quanto la confisca della merce che era stata disposta dalla polizia era stata ricondotta al suo rifiuto di partecipare alla vicenda corruttiva.

1.2. Ha aggiunto di aver continuato a subire minacce dai suoi persecutori, e che, per questo, aveva deciso di espatriare, anche su consiglio della sua famiglia.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, con riferimento ai profili di attendibilità del racconto, nonchè motivazione illogica con riguardo alla negata credibilità del ricorrente.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Infatti, in presenza di una motivazione ben al di sopra della sufficienza costituzionale che ha dato conto dell’esame dei documenti prodotti a sostegno dell’episodio di aggressione denunciato e che ha ritenuto non credibile che le ragioni della fuga potessero essere ad esso ricondotte (cfr. pagina 6, 7, 8 e 9 della sentenza impugnata), la critica prospettata chiede una rivalutazione delle circostanze già vagliate dalla Corte territoriale con motivazione che, conformata sul paradigma interpretativo di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, risulta in questa sede insindacabile.

1.3. Il motivo, dunque, si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, ove sia sostenuta, come nel caso in esame da argomentazioni logiche e coerenti, a nulla rilevando che il compendio istruttorio possa essere valutato anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato, in quanto, diversamente, il giudizio di legittimità si trasformerebbe, in un non consentito terzo grado di merito (cfr. ex multis Cass. 18721/2018; Cass. Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Cass. Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019).

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, comma 1, con riferimento alla protezione sussidiaria.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. Deve premettersi che la Corte territoriale ha respinto la domanda di protezione sussidiaria esaminando separatamente le due fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e di cui art. 14, lett. c).

2.2.1. In relazione alla prima – e cioè la protezione richiesta per il rischio di condanna a morte o di sottoposizione a tortura o trattamento disumano e degradante – i giudici d’appello hanno confermato la pronuncia di primo grado, con riferimento alla inattendibilità del racconto (v. argomentazioni sopra sviluppate) e, pur richiamando il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, hanno escluso di dover compiere accertamenti sulla situazione sociopolitica e normativa del paese di provenienza in quanto essi dovevano ritenersi rilevanti solo se correlati “alla specifica posizione del richiedente il quale rischi verosimilmente specifiche misure sanzionatorie a carico della sua integrità psico-fisica ovvero nocumenti rilevanti e concreti alla propria incolumità”, assumendo, in buona sostanza, che ciò era incompatibile con la assenza di attendibilità del racconto.

2.2.2. In relazione, poi, alla fattispecie di cui all’art. 14, lett. c) e cioè alla minaccia grave e individuale alla vita derivante da un conflitto armato interno e internazionale, la Corte ha acquisito informazioni sul paese di origine con riferimento alle quali ha escluso che ricorresse una condizione di violenza generalizzata ed indiscriminata riconducibile al conflitto armato.

2.3. La censura proposta dal ricorrente, per la parte riferita dell’art. 14, lett. a) e b), sopra richiamato è inammissibile in quanto si fonda sulla contestazione delle informazioni raccolte in relazione all’art. 14, lett. C), ma omette di considerare che la principale ratio su cui si basava il rigetto della domanda era riferita alla “non credibilità” del ricorrente: il motivo, pertanto, non è conducente per mancanza di decisività.

2.4. Con riferimento all’art. 14, lett. c), la censura, ugualmente, non può trovare ingresso in questa sede in quanto si fonda sulla mera contestazione delle fonti informative utilizzate, aggiornate al 2019 (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata): ora, nonostante che la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, esclude che il sito “(OMISSIS)” del Ministero degli Esteri al quale i giudici d’appello si sono riferiti sia idoneo allo scopo di accertare, ai fini che in questa sede interessano, la condizione sociopolitica ed il livello di tutela dei diritti fondamentali del paese di origine (cfr. Cass. 8819/2020; Cass. 10834/20120), si osserva che il ricorrente, si è limitato a richiamare la medesima fonte informativa, più risalente (aggiornato al 2018) rispetto alla data della decisione: la censura omette, dunque, di contrapporre alle fonti informative contestate, C.O.I. diverse e contrastanti con quelle utilizzate nella sentenza impugnata che consentano di giungere ad una diversa soluzione della controversa (cfr. Cass. 4037/2020) ed è pertanto inammissibile per mancanza di decisività.

3. Con il terzo motivo, deduce altresì la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con particolare riferimento all’art. 5, comma 6 TUI ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per mancata comparazione fra l’integrazione sociale e la situazione personale del richiedente.

3.1. Lamenta che la Corte territoriale aveva erroneamente valutato la documentazione prodotta a sostegno dell’attività lavorativa svolta e non aveva considerato i pericoli personali che avrebbe corso in caso di rimpatrio.

3.2. Il motivo è inammissibile, in quanto chiede una rivalutazione di merito della documentazione prodotta sulla quale la Corte si è esaurientemente espressa (cfr. 14 e 15 della sentenza) ed omette di considerare che il giudizio di comparazione è stato compiuto tenendo conto della circostanza che egli aveva lasciato tutta la sua famiglia nel paese di origine (dove, pertanto, avrebbe potuto ritrovare validi legami affettivi) e che era stato espressamente rilevato (cfr. pag. 16 u.cpv) che non era stato dedotta nè allegata nessuna forma di violazione dei diritti fondamentali (carestia, salute, calamità naturale) tale da ledere il nucleo ineliminabile della dignità umana.

3.3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

4. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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