Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6944 del 23/03/2010

Cassazione civile sez. III, 23/03/2010, (ud. 08/02/2010, dep. 23/03/2010), n.6944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20003/2005 proposto da:

ALLEANZA ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), già G.G.I. Spa, Gruppo

Generali Immobiliare, in persona del Vice Direttore Generale, Dott.

M.L. e del procuratore Dott. T.G.L.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo studio

dell’avvocato IZZO Aniello, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BARBETTA EDGARDO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.B., (OMISSIS), B.G.,

(OMISSIS), BO.RE., (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato MANZI Luigi, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SIMIO MARIO giusta delega a margine

del controricorso;

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATANZARO

9, presso lo studio dell’avvocato PAPADIA ALBERTO MARIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNELLO PAOLO FRANCESCO giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2596/2003 del TRIBUNALE di PADOVA, Sezione

Seconda Civile, emessa il 3/12/2003, depositata il 11/06/2004; R.G.N.

1346/99.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/02/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l’Avvocato Alberto Maria PAPADIA;

udito l’Avvocato Emanuele COGLITORE per delega avv. Luigi MANZI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 23.12.94 R.B., B. G., Bo.Re., F.F. e Fe.Re., conduttori di appartamenti siti in (OMISSIS), di proprietà di Alleanza Ass.ni s.p.a. chiedevano al Pretore di Padova che la loro locatrice venisse condannata alla restituzione delle somme asseritamene pretese in eccedenza rispetto al canone di locazione legalmente dovuto.

I ricorrenti deducevano che il canone preteso dalla locatrice non tenesse conto della pertinenzialità tra appartamento e posto auto, concessi in locazione con contratti distinti e che, nella determinazione dell’equo canone, era stata considerata la data di rilascio del certificato di abitabilità e non quella d’ultimazione dei lavori, mentre era stato illegittimamente considerato un costo base di costruzione diverso da quello prescritto dalla L. n. 392 del 1978, art. 22.

L’Alleanza contestava la fondatezza delle avverse domande: espletata c.t.u. ed assunte le prove testimoniali ammesse, il giudice dichiarava sussistente il vincolo pertinenziale alloggio-posto auto, accertava che il costo base di produzione fosse quello del 1976 e condannava, quindi, la convenuta a restituire agli attori le somme corrisposte in più del dovuto, con gli interessi legali dalla domanda al saldo.

La locatrice proponeva appello resistito dagli appellati R., B. e Bo. che proponevano appello incidentale, peraltro non notificato, mentre il F. chiedeva la conferma della sentenza gravata ed il Fe. restava contumace e nei suoi confronti veniva dichiarata poi l’estinzione del processo per rinuncia agli atti da parte dell’appellante.

Con sentenza depositata l’11.6.04 il Tribunale di Padova dichiarava inammissibile l’appello incidentale e, in accoglimento di quello principale, determinava il canone legalmente dovuto dagli appellati in conformità alle indicazioni del supplemento di c.t.u. del geom.

Fa., condannando gli appellati a pagare all’Alleanza le differenze tra quanto a loro corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado e quanto da loro dovuto alla medesima in base alla nuova determinazione dell’equo canone, con gli interessi legali dalla data dei rispettivi versamenti, e confermando nel resto la sentenza gravata.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Alleanza, con quattro motivi, mentre hanno resistito con controricorso il F., la R., il B. e la Bo., gli ultimi tre dei quali hanno depositato in atti anche una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 817 e 818 c.c. in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 13 ed omessa ed insufficiente motivazione, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice d’appello che sussistesse nei casi di specie il vincolo di pertinenzialità tra l’alloggio ed il posto auto ancorchè concessi in locazione con separati contratti.

Con il secondo motivo lamenta la violazione della L. n. 392 del 1978, art. 14, per essere stato erroneamente individuato nel 1976 la data di ultimazione dei lavori.

Con il terzo motivo denuncia la violazione della L. n. 392 del 1978, art. 22, comma 3, ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo, essendo stata ritenuta, con motivazione scarna, l’inidoneità della documentazione prodotta da essa ricorrente a riprova dei maggiori costi di produzione rispetto al costo base determinato nell’apposito decreto presidenziale.

Con il quarto motivo deduce infine la manifesta illogicità della decisione in punto condanna alle spese di lite e di c.t.u..

1. Il primo motivo deve ritenersi inammissibile.

Si rileva, in primo luogo, che il motivo in questione difetta dell’essenziale requisito della specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, in quanto la ricorrente si limita in esso a riproporre le stesse questioni (sussistenza o meno del vincolo di pertinenzialità tra l’immobile locato ad uso di abitazione ed il posto macchina locato al medesimo conduttore dell’alloggio) già dedotte in appello ed esaminate dal giudice del gravame con logica ed adeguata motivazione, senza che vengano svolti argomenti specifici a confutazione delle valutazioni contenute nella sentenza impugnata o vengano indicati con precisione gli errori di diritto contenuti nella sentenza stessa.

Si rileva, ancora, che, sebbene impropriamente rappresentate sotto il profilo della violazione di legge e quello del vizio motivazionale, le censure addotte dalla i ricorrente attengono in realtà a questioni di merito, insindacabili come tali in sede di giudizio di legittimità, involgendo un tipico accertamento in fatto, qual è quello relativo sia alla sussistenza o meno del vincolo di pertinenzialità tra alloggio e posto auto in locazione, ai fini della determinazione dell’equo canone, che alla valutazione circa la presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto pertinenziale con riferimento ai contratti di locazione di immobili abitativi nei casi in cui siano stati locati contestualmente, sia pure con contratti separati, allo stesso conduttore sia l’appartamento che il locale per posto auto sito nell’autorimessa condominiale.

2. Il secondo motivo va ritenuto anch’esso inammissibile per le stesse ragioni e considerazioni che sono state esposte nella disamina del primo motivo del ricorso ed alle quali espressamente si fa rinvio, non essendo dubitabile che anche l’indagine circa l’individuazione dell’anno di riferibilità della data di ultimazione dei lavori costituisca accertamento in punto di fatto insindacabile in sede di legittimità in presenza di una logica ed adeguata motivazione, come quella che si riscontra nel caso di specie sul punto in questione.

3. Il terzo motivo va ritenuto anch’esso inammissibile, giacchè la valutazione delle prove rientra indiscutibilmente nei poteri discrezionali del giudice di merito e, pertanto, il relativo convincimento si sottrae ad ogni sindacato di legittimità se immune da vizi logici ed errori giuridici.

Nè può sostenersi che sul punto il Tribunale abbia motivato in maniera insufficiente, dato che la sentenza impugnata ha giustificato la propria decisione sul punto in questione enunciando l’inoppugnabile principio, secondo cui in materia di costi di produzione superiori a quanto stabilito dalla L. n. 392 del 1978, art. 22, comma 1, la loro dimostrazione possa provenire solo da documentazione di tipo pubblicistico, che non è stata prodotta dall’odierna ricorrente.

4. Il quarto motivo è infine infondato.

La regolamentazione delle spese di lite rientra, infatti, anch’essa nel potere discrezionale del giudice di merito, cui è, quindi, rimessa anche la facoltà, incensurabile in cassazione, di condannare alla totalità delle spese la parte anche solo parzialmente soccombente.

5. Il ricorso va, dunque, rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore delle parti costituite delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore di ciascuna delle parti costituite in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2010

 

 

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