Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6943 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 25/03/2011), n.6943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26856/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

SELTON SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

BRENNERO 79, presso lo studio dell’avvocato LA ROCCA ASCENZIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI MATTEO Gianni, con procura

speciale notarile del Not. Dr. IANNACCONE MARIA NIVES in SEREGNO,

rep. n. 58248 dell’1/10/2006;

– resistente con procura speciale notarile –

avverso la sentenza n. 24/2005 della COMM. RIB. EG. di MILANO,

depositata il 04/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per il resistente l’Avvocato DI MATTEO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE

Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza pubblicata il 4.5.2006 la commissione tributaria regionale della Lombardia, in controversia insorta tra la Selton s.r.l. e l’agenzia delle entrate, avente a oggetto originar cinque avvisi di accertamento e rettifica per Iva, Irpeg e Ilor 1995 e 1996, definita in primo grado con sentenza 24.7.2001 della commissione tributaria provinciale di Milano, favorevole alla società, ha dichiarato inammissibile l’appello in ordine al capo della decisione sugli avvisi per Irpeg e Ilor 1995 e lo ha respinto in ordine a quello sugli avvisi concernenti l’esercizio 1996.

Ha motivato ritenendo che gli accertamenti erano derivati da indagini condotte, anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, nei confronti di altre società – la Rafer Metalli s.r.l. e la Metallurgica Paderno s.r.l. – a carico delle quali erano state rilevate irregolarità derivanti dal rapporto con alcune società a tipo “cartiere”, al fine di ottenere copertura appunto cartolare di acquisti. Nondimeno, fermo che a carico della Selton non era stata condotta alcuna ulteriore verifica contabile e/o finanziaria, le medesime indagini, culminate in un p.v.c., avevano concluso nel senso della esistenza, tra la Metallurgica Paderno e la Selton, anche di transazioni commerciali regolari, a supporto della conclusione che, dunque, la prima società, accanto all’attività illecita, ne avesse svolto altresì una legittima. Poichè nel p.v.c. relativo alla Selton nulla era stato riportato in ordine a eventuali verifiche condotte a tal proposito sulle due società, appariva infine difficile comprendere quali fossero stati i criteri posti a base dell’affermazione di fittizietà di alcune compravendite di materiali e non di altre, e soprattutto come si fosse pervenuti alla conclusione finale che la Metallurgica Paderno svolgesse, nei confronti di Selton, il ruolo di società filtro per i suoi acquisti in nero. Sicchè, in definitiva, secondo la commissione regionale, il coinvolgimento di Selton nel supposto piano criminoso era derivato da mere presunzioni a cascata, mal conciliabili col disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56.

Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, propone ricorso l’agenzia delle entrate, a mezzo di un motivo articolato in due censure.

L’intimata non ha svolto attività difensiva, ma ha depositato una procura speciale per la discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con unico articolato motivo di ricorso, l’agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 settembre 1972, n. 633, artt. 54 e 56, nonchè dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ. “e delle disposizioni in materia di prove”, nonchè vizio di “omessa o carente motivazione su punti decisivi della controversia”.

Sostiene essere la sentenza innanzi tutto carente nella motivazione, stante che a suo dire non contiene alcun concreto riferimento atto a consentire di cogliere i motivi diretti ad attribuire gli acquisti in nero alla Metallurgica Paderno, rispetto alla tesi che individuava, invece, nella Selton la posizione di autrice degli acquisti senza fattura, e di utilizzatrice, quindi, delle fatture ideologicamente false.

Assume doversi comunque rinvenire, nella sentenza, un errore di diritto quanto all’applicazione delle disposizioni relative all’onere della prova, incombendo sul contribuente, laddove sia controversa la legittima fruizione del diritto a detrarre costi riportati in fattura, l’onere di provare i fatti – id est, l’esistenza effettiva delle operazioni fatturate – da cui scaturisce il preteso diritto.

2. – Il motivo è, nel complesso, infondato.

L’incombenza dell’onere della prova delle detrazioni Iva sul contribuente, cui allude l’amministrazione, è il riflesso, in campo probatorio, dell’obbligo di sostanziale tenuta e conservazione dei documenti all’uopo rilevanti (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 39).

In tal senso la giurisprudenza evocata dalla ricorrente giustappunto evidenzia che, ove l’amministrazione contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, spetta a questi l’onere di provare la legittimità e la correttezza della detrazione mediante esibizione dei relativi documenti contabili (cfr. per tutte Cass. 2003/13605, concernente la fattispecie di asserita impossibilità dimostrativa derivante da un denunciato furto di documenti).

Ma devesi osservare che simile regola di giudizio non giova nel caso di specie, posto che qui la regiudicanda, per quel che emerge, attiene a un’ipotesi di fatture di acquisto che l’amministrazione ritenne relative a operazioni inesistenti all’esito di indagini sul soggetto fornitore.

In simile eventualità – secondo il più consapevole orientamento di questa Corte – grava previamente sull’amministrazione l’onere di fornire elementi di prova a sostegno dell’affermazione che le operazioni, oggetto delle esposte fatture, in realtà non sono state mai poste in essere. Solo ove l’amministrazione fornisca validi elementi per una tale affermazione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, passa sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (cfr. Cass. 2008/15395).

Tanto costituisce il riflesso della regola generale di ripartizione dell’onere della prova in relazione ai fatti costitutivi dell’accertamento, in forza della quale – sia in tema di imposte dirette (D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40) che in tema di Iva (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54) – l’inesistenza di passività dichiarate (nel primo caso) o le false indicazioni messe al fondo di detrazioni indebite (nel secondo) debbono essere complessivamente supportate dagli elementi presuntivi innanzi tutto forniti dall’amministrazione.

Solo in un secondo momento il giudice tributario, qualora possa ritenere tali elementi dotati di gravita, precisione e concordanza, è tenuto a dare ingresso alla valutazione della prova contraria di cui è onerato il contribuente ai sensi dell’art. 2727 c.c., e segg.

e art. 2697 c.c., comma 2 (cfr. ex multis Cass. 2010/9784; Cass. 2010/4306; Cass. 2008/15395).

3. – Nel caso di specie il giudice di merito ha ritenuto difettare giustappunto la condizione previa sopra riferita.

La sentenza sostiene essere stato accertato: (a) che tra la Metallurgica Paderno e la Selton avvennero “anche transazioni commerciali regolari” (id est, effettive); (b) che, ciò stante, nulla nel verbale di constatazione venne riportato in ordine a eventuali verifiche condotte a tal proposito sulle due società; (c) che le intercettazioni telefoniche, invocate a supporto dell’ipotesi accertativa, oltre che coprire un periodo dì tempo “ristretto” e un numero limitato di transazione, non contengono elementi probanti quanto a Selton. Da ciò la sentenza ha tratto la conclusione che l’accertamento nei confronti di Selton non è stato sorretto da presunzioni gravi, precise e concordanti, valide secondo il disposto degli anzidetti D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, giacchè non è dato comprendere in qual modo debba desumersi l’asserito ruolo svolto da Metallurgica Paderno di società filtro per acquisti in nero di Selton, il quadro indiziario essendo ben compatibile con l’alternativa ipotesi che la copertura documentale di acquisti presso le società “cartiere” fosse in verità strumentale a consentire il “nero” della stessa Metallurgica Paderno, e non della Selton. Codesta complessiva valutazione costituisce epilogo di un apprezzamento di fatto, insindacabile in cassazione in quanto congruamente motivato. La critica alla motivazione, svolta dall’amministrazione ricorrente, appare invero sorretta dalla mera contrapposizione di una diversa ipotesi ricostruttiva dell’inferenza finale, nell’asserita sua maggiore credibilità rispetto a quella prediletta dal giudice di merito.

Non può che conseguire il rigetto del motivo nel suo complesso.

Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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