Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6943 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 02/03/2022), n.6943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. SARRACINO Antonella Filomena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28296-2016 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA N. 8 DI RAGUSA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIOVANNI AURISPA N. 10, presso ANDREA CORVO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GUGLIELMO RUSTICO;

– ricorrente –

contro

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO

QUIRINO VISCONTI n. 20, presso lo studio dell’avvocato MARIO

ANTONINI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO ANDRONICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 680/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/06/2016 R.G.N. 637/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

18/01/2022 dal Consigliere Dott. TRICOMI IRENE.

 

Fatto

RITENUTO

1. La Corte di Appello di Catania, per quanto ancora rileva, confermava la sentenza del Tribunale di Ragusa che aveva accertato la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati tra M.C. ed il Consorzio di Bonifica n. 8 di Ragusa (di seguito: Consorzio), e aveva dichiarato che tra le parti si era instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminata dal 24 ottobre 2001 (data del primo contratto a termine stipulato dalle parti), condannando il Consorzio a riammettere il M. in servizio alle condizioni e con le mansioni di cui al predetto contratto ed altresì al risarcimento del danno in favore del lavoratore nella misura di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

2. Nel merito, e per quanto ancora in discussione, la Corte territoriale riteneva che, qualificati gli enti consortili di bonifica siciliani enti pubblici economici, ad essi dovesse applicarsi, quanto alla stipula dei contratti a termine, la disciplina di diritto comune prevista, ratione temporis, dalla L. n. 230 del 1962 e dal D.Lgs. n. 368 del 2001.

Sottoposto ad esame il contratto a termine stipulato da M. in data 24 ottobre 2001, sotto la vigenza del D.Lgs. n. 368 del 2001, rilevava che in esso veniva fatto genericamente riferimento allo svolgimento di opere di manutenzione ordinaria oggetto della normale attività del Consorzio, sicché il termine apposto era illegittimo.

La Corte territoriale, inoltre, evidenziava che le leggi regionali non avevano imposto alcun obbligo di assumere personale a tempo determinato o di prorogare i contratti in corso.

Quanto alla richiesta di conversione, ad essa non ostava – secondo i giudici di appello – il principio per cui le assunzioni del personale a tempo indeterminato vanno precedute da un pubblico concorso o da una prova pubblica selettiva, nel range temporale segnato dalla vigenza della L.R. Sicilia n. 18 del 1999 e fino all’entrata in vigore della L.R. Sicilia n. 15 del 2004, perché in quell’arco temporale la normativa regionale, come ricostruita dalle Sez. Unite di questa Corte nella sentenza n. 4685/2015, non prevedeva affatto l’obbligo del concorso in relazione agli enti pubblici economici dipendenti o vigilati dalla regione e dagli enti locali.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, articolato in quattro motivi il Consorzio, che ha depositato memoria.

4. Ha resistito con controricorso M.C..

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotto il vizio di violazione di legge (D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11) e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (artt. 2 e 121 del CCNL ratione temporis applicabile). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Si censura l’affermazione della illegittimità dell’apposizione del termine per la mancanza di specificazione della causale.

La Corte d’Appello aveva individuato erroneamente la disciplina applicabile.

Il primo rapporto a termine seppure sorto nel 2002 doveva rientrare nella disciplina transitoria del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11. Ciò, in quanto trovava applicazione il CCNL per i dipendenti dei Consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario – efficace dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2003, durata che si evinceva dal medesimo CCNL, art. 54, che consentiva di assumere a termine operai avventizi; così anche il contratto collettivo del 6 marzo.

L’omesso esame riguardava l’attività svolta dal lavoratore come operaio avventizio addetto a lavori stagionali e dunque che rientrava tra i lavoratori che potevano essere assunti a termine. Era pacifico tra le parti che il lavoratore fosse stato assunto come operaio avventizio ed avesse svolto le mansioni tipiche di detti operai.

2. Dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 2 del provvedimento) emerge che fin dal ricorso introduttivo i lavoratori avevano allegato di essere stati assunti per eseguire opere di manutenzione rispondenti a stabili esigenze dell’ente, anziché ad esigenze temporanee.

Tale essendo la prospettazione dell’atto introduttivo di lite, non vi era alcuna necessità che l’attore contestasse l’opposto assunto del Consorzio: ciò perché la contestazione da parte del convenuto dei fatti già affermati o già negati nell’atto introduttivo del giudizio non ribalta sull’attore l’onere di contestare l’altrui contestazione, dal momento che egli ha già esposto la propria posizione a riguardo (Cass. n. 6183/18).

Ciò importa l’infondatezza dell’assunto del Consorzio secondo cui costituirebbe circostanza incontestata tra le parti la stipula dei contratti a termine per esigenze temporanee.

Ne’ in sede di legittimità si può sollecitare, attraverso il vizio di omesso esame, una rivisitazione del materiale probatorio.

L’illegittimità del termine per mancanza di prova della sua ragione giustificativa esclude che possa applicarsi il D.Lgs. n. 368 del 2011, art. 11.

Il dato normativo prevede testualmente:

“1. Dalla data di entrata in vigore del presente D.Lgs., sono abrogate la L. 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, la L. 25 marzo 1983, n. 79, art. 8-bis, la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nonché tutte le disposizioni di legge che sono comunque incompatibili e non sono espressamente richiamate nel presente D.Lgs..

2. In relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle disposizioni di cui al comma 1, le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi della citata L. n. 56 del 1987, art. 23, e vigenti alla data di entrata in vigore del presente D.Lgs., manterranno, in via transitoria e salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

3. I contratti individuali definiti in attuazione della normativa previgente, continuano a dispiegare i loro effetti fino alla scadenza”.

E’ evidente, quindi, che il citato comma 2, nel prevedere l’ultrattività, fino alla scadenza dei c.c.n.l., delle clausole della contrattazione collettiva in vigore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, si riferisce alle clausole che consentono l’utilizzo della contrattazione a termine, mentre nel caso di specie la stipula del contratto è avvenuta al di fuori di dette ipotesi o, comunque, senza che della loro ricorrenza sia stata fornita prova.

In breve, possono essere oggetto di proroga i contratti cui risulti legittimamente apposto un termine, non quelli con termine illegittimo.

A tanto va aggiunto che la lettera e la ratio del citato comma 2 rendono evidente che il disposto normativo si riferisce alle clausole già in essere alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, avendo il legislatore inteso disciplinare la fase transitoria rispetto alle disposizioni contrattuali previgenti.

E’, quindi, infondata la deduzione del Consorzio secondo cui l’art. 11 cit. si riferirebbe anche ai contratti collettivi stipulati dopo l’entrata in vigore della norma quando l’efficacia degli stessi copra anche in periodo anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, com’e’ nel caso di specie in cui il contratto, pur stipulato in data 17.4.2002, era inteso a spiegare i suoi effetti nell’arco temporale dal 1.1.2000 al 31.12.2004 (secondo la previsione del medesimo c.c.n.l., art. 154, comma 3).

Ne consegue che la previsione del comma 2 del citato D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, non può riferirsi anche a dette ipotesi: diversamente, si lascerebbe alle parti sociali la libertà di prevedere nuove ipotesi di ampliamento dell’utilizzo della contrattazione a termine, in deroga al nuovo assetto normativo delineato dal D.Lgs. n. 368 del 2001, laddove, per converso, la disposizione ha piuttosto lo scopo (proprio perché transitoria) di preservare le sole clausole della contrattazione collettiva già vigenti alla data dell’entrata in vigore della novella e le eventuali e peculiari deroghe – in ampliamento nell’utilizzo della contrattazione a termine.

3. Con il secondo mezzo viene dedotta altresì la violazione della L.R. Sicilia n. 4 del 2003. In sintesi, il Consorzio lamenta la violazione della legislazione regionale siciliana relativa alle garanzie occupazionali, ritenendo che essa imponga la proroga dei contratti a termine dei dipendenti dei Consorzi di bonifica, senza che sia rimesso all’ente alcuna valutazione.

4. La censura non coglie nel segno.

Al riguardo, deve in primo luogo rilevarsi che la norma – L.R. Sicilia n. 4 del 2003, art. 106, comma 1, lungi dall’imporre un obbligo di proroga, l’ha consentita rispetto ai contratti di cui alla L.R. Sicilia n. 76 del 1995, art. 3, fino al 1 dicembre del 2008 (termine successivamente prorogato).

Alla luce del percorso argomentativo di Cass. 274/2019 (cfr. infra), infatti, la normativa richiamata va interpretata nel senso che le assunzioni a tempo determinato e le proroghe successive sono sempre subordinate al rispetto dei presupposti e della durata dei contratti a termine, nel caso di specie quelli di cui al D.Lgs. n. 230 del 1962. Non sussiste, quindi, alcun obbligo di proroga, né è possibile predeterminarlo per legge, perché la valutazione dei presupposti fattuali per la proroga (le esigenze temporanee), deve essere effettuata, di volta in volta e caso per caso, nel rispetto della normativa vigente al tempo.

A tanto si aggiunga che la proroga non può che concernere un contratto a termine che sia stato legittimamente stipulato, mentre nel caso di specie il contratto è viziato ab origine dalla nullità del termine.

5. Con il terzo motivo ci si duole della violazione della L.R. Sicilia n. 49 del 1981, art. 3, della L.R. Sicilia n. 14 del 1958, artt. 6, 7 e 9 e della L.R. Sicilia n. 12 del 1991, art. 3, oltre che dell’art. 97 Cost..

Viene nella sostanza lamentata la violazione delle norme innanzi indicate dalle quali si desumerebbe l’obbligo, per i consorzi di bonifica siciliani, di assumere i propri dipendenti solamente previo espletamento di un concorso o di una prova pubblica selettiva, con conseguente impossibilità di trasformare i rapporti a termine in rapporti a tempo indeterminato.

6. Si deve qui richiamare integralmente, anche ai sensi dell’art. 118 c.p.c., quanto affermato in Cass. n. 274/2019 in cui si opera una completa ed esaustiva ricostruzione di tutta la normativa di settore, anche alla luce della legislazione regionale (si vedano i punti da 54 a seguire della pronunzia).

Per quanto qui di più stretto interesse, nella citata sentenza si afferma che “la L.R. n. 76 del 1995, laddove ha autorizzato i consorzi di bonifica a ricorrere alle assunzioni a tempo determinato, da svolgersi ai sensi della L. n. 230 del 1962 (…) non si pone affatto in contrasto con il divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32, non introduce alcuna norma derogatoria a tale divieto, né abroga l’art. 32″ (…). La L. n. 76 del 1995 e le disposizioni di legge regionale intervenute successivamente si sono, infatti, limitate a prorogare nel tempo l’utilizzo di siffatta tipologia di assunzioni e, al contempo, le misure di garanzia occupazionale-assistenziale. (…). Risulta, dunque, chiara la volontà del legislatore di consentire nel sistema delle assunzioni dei Consorzi di bonifica solo circoscritte ipotesi di assunzione a tempo determinato, rinviando per le modalità di assunzione alla L. n. 230 del 1962. (…) La circostanza che i rapporti a termine dedotti in giudizio siano stati stipulati al di fuori delle ipotesi previste dalla L. n. 230 del 1962, richiamata nella L.R. n. 76 del 1995, artt. 3 e 4, non ne consente la trasformazione o conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non essendo possibile sanare, per tal via, rapporti di lavoro invalidi sin dalla loro origine, in quanto tale effetto è precluso dal richiamato divieto di assunzione a tempo indeterminato” (si vedano specificamente i punti 69, 70, 73 e 76 della sentenza).

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, il motivo in esame, pur erroneo nella normativa di riferimento, è fondato nella parte in cui deduce l’impossibilità giuridica di far luogo alla conversione dei rapporti con termine illegittimo in rapporti a tempo indeterminato.

In una parola, il divieto di conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato si coniuga quanto a dette ipotesi – al divieto imposto ai Consorzi di Bonifica dalla legislazione regionale innanzi richiamata di procedere a nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato (si vedano sul punto i precedenti in senso conforme, fra le altre, Cass. n. 22981/2020; Cass. n. 38657/2021).

Ne consegue l’accoglimento del terzo motivo nei sensi di cui sopra.

7. Con il quarto mezzo si chiede che vada cassata quale mero effetto della ritenuta legittimità del termine la statuizione relativa al risarcimento del danno disposto in favore del lavoratore ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32.

8. Il motivo è infondato, atteso che la legittimità del termine è stata – come sopra esposto – esclusa.

9. La cassazione della statuizione relativa alla domanda di conversione del rapporto implica la pronuncia nel merito sulla stessa ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Tale domanda va rigettata per le ragioni già esposte nei paragrafi che precedono.

10. Consigliano la compensazione delle spese di lite dell’intero processo l’accoglimento solo parziale della domanda originaria, nonché il consolidarsi, in epoca successiva all’introduzione del giudizio, della giurisprudenza di legittimità in ordine ad altre questioni qui esaminate (fra cui quella relativa all’interpretazione della L.R. Sicilia n. 4 del 2003, art. 106, comma 1).

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso. Rigetta tutti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di conversione del rapporto. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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