Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6942 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 02/03/2022), n.6942

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. SARRACINO Antonella Filomena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28286-2016 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA N. 8 DI RAGUSA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIOVANNI AURISPA N. 10, presso ANDREA CORVO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GUGLIELMO RUSTICO;

– ricorrente –

contro

L.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 634/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 31/05/2016 R.G.N. 315/2014+1;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

18/01/2022 dal Consigliere Dott. TRICOMI IRENE.

 

Fatto

RITENUTO

1. Il Tribunale di Ragusa adito da L.F. nei confronti del Consorzio di Bonifica n. 8 di Ragusa, aveva dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto stipulato dal lavoratore per la generica indicazione delle ragioni di apposizione del termine e per mancata prova del collegamento tra l’assunzione esigenze organizzative.

Rigettava la richiesta di conversione del rapporto di lavoro e condannava il Consorzio al pagamento di un’indennità pari a 14 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, a norma della L. n. 183 del 2010, art. 32.

2. Proponevano appello sia il Consorzio che il lavoratore.

3. La Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione del lavoratore e in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato tra le parti il 18 dicembre 2000 e ne disponeva la conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 18 dicembre 2000, con condanna del Consorzio alla riammissione in servizio e al pagamento di un’indennità nella misura, ridotta rispetto alla sentenza di appello, di 4 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, articolato in quattro motivi, il Consorzio, che ha depositato memoria.

5. Il lavoratore è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 434 c.p.c., per non aver il giudice del gravame accolto l’eccezione di inammissibilità dell’appello nonostante che esso avesse omesso di indicare le parti della sentenza di appello oggetto di impugnazione, le modifiche da apportare alla ricostruzione del fatto e il rapporto tra la violazione di legge ed il pregiudizio lamentato.

2. Il motivo è stato rinunziato nella memoria ex art. 380.1 bis c.p.c., sicché è superflua ogni ulteriore valutazione a riguardo.

E’ principio consolidato che la rinunzia ad uno o più motivi di ricorso è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio delle facoltà defensionali e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità dell’avvocato e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 c.p.c. (cfr. da ultimo Cass. n. 414/2021).

3. Con il secondo mezzo si deduce la violazione della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e del c.c.n.l., artt. 2 e 121, applicabile ratione temporis, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Sostiene il ricorrente la legittimità del termine ai sensi della L. n. 56 del 1968 e del c.c.n.l., artt. 2 e 121, applicabile ratione temporis, venendo in rilievo l’assunzione di un operaio avventizio e stagionale ed essendo provato documentalmente che il lavoratore aveva espletato tali mansioni, circostanze non contestate dal lavoratore e, quindi, da ritenersi pacifiche tra le parti.

4. Il secondo motivo di ricorso non è fondato.

Dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 1 del provvedimento) emerge che fin dal ricorso introduttivo il lavoratore aveva allegato di essere stato assunto per eseguire opere di manutenzione rispondenti a stabili esigenze dell’ente, anziché ad esigenze temporanee.

Tale essendo la prospettazione dell’atto introduttivo di lite, non vi era alcuna necessità che l’attore contestasse l’opposto assunto del Consorzio: ciò perché la contestazione da parte del convenuto dei fatti già affermati o già negati nell’atto introduttivo del giudizio non ribalta sull’attore l’onere di contestare l’altrui contestazione, dal momento che egli ha già esposto la propria posizione a riguardo (Cass. n. 6183/18).

Ciò importa l’infondatezza dell’assunto del Consorzio secondo cui costituirebbe circostanza incontestata e pacifica tra le parti la stipula dei contratti a termine per esigenze temporanee.

Ne’ per altra via si può sollecitare in sede di legittimità una rivisitazione del materiale probatorio.

5. Con il terzo motivo si denuncia la violazione della L.R. Sicilia n. 49 del 1981, art. 3, della L.R. Sicilia n. 14 del 1958, artt. 6, 7 e 9 e della L.R. Sicilia n. 12 del 1991, art. 3, oltre che dell’art. 97 Cost..

Viene nella sostanza lamentata la violazione delle norme innanzi indicate dalle quali si desumerebbe l’obbligo, per i consorzi di bonifica siciliani, di assumere i propri dipendenti solamente previo espletamento di un concorso o di una prova pubblica selettiva, con conseguente impossibilità di trasformare i rapporti a termine in rapporti a tempo indeterminato.

Si deve qui richiamare integralmente, anche ai sensi dell’art. 118 c.p.c., quanto affermato in Cass. n. 274/2019 in cui si opera una completa ed esaustiva ricostruzione di tutta la normativa di settore, anche alla luce della legislazione regionale (si vedano i punti da 54 a seguire della pronunzia).

Per quanto qui di più stretto interesse, nella citata sentenza si afferma che “la L.R. n. 76 del 1995, laddove ha autorizzato i consorzi di bonifica a ricorrere alle assunzioni a tempo determinato, da svolgersi ai sensi della L. n. 230 del 1962 (…) non si pone affatto in contrasto con il divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dalla L.R. n. 45 del 1995, art. 32, non introduce alcuna norma derogatoria a tale divieto, né abroga l’art. 32″. La L. n. 76 del 1995 e le disposizioni di legge regionale intervenute successivamente si sono, infatti, limitate a prorogare nel tempo l’utilizzo di siffatta tipologia di assunzioni e, al contempo, le misure di garanzia occupazionale-assistenziale. Risulta, dunque, chiara la volontà del legislatore di consentire nel sistema delle assunzioni dei Consorzi di bonifica solo circoscritte ipotesi di assunzione a tempo determinato, rinviando per le modalità di assunzione alla L. n. 230 del 1962. (…) La circostanza che i rapporti a termine dedotti in giudizio siano stati stipulati al di fuori delle ipotesi previste dalla L. n. 230 del 1962, richiamata nella L.R. n. 76 del 1995, artt. 3 e 4, non ne consente la trasformazione o conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non essendo possibile sanare, per tal via, rapporti di lavoro invalidi sin dalla loro origine, in quanto tale effetto è precluso dal richiamato divieto di assunzione a tempo indeterminato” (si vedano specificamente i punti 69, 70, 73 e 76 della sentenza).

Tale essendo il quadro normativo di riferimento, il motivo in esame, pur erroneo nella normativa di riferimento, è fondato nella parte in cui deduce l’impossibilità giuridica di far luogo alla conversione dei rapporti con termine illegittimo in rapporti a tempo indeterminato.

In una parola, il divieto di conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato si coniuga quanto a dette ipotesi – al divieto imposto ai Consorzi di Bonifica dalla legislazione regionale innanzi richiamata di procedere a nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato (si vedano sul punto i precedenti in senso conforme, fra le altre, Cass. n. 22981/2020; Cass. n. 38657/2021).

Ne consegue l’accoglimento del terzo motivo di ricorso nei sensi di cui sopra.

6. Con il quarto mezzo si chiede che vada cassata quale mero effetto della ritenuta legittimità del termine la statuizione relativa al risarcimento del danno disposto in favore del lavoratore ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32.

7. Il motivo è infondato, atteso che la legittimità del termine è stata – come sopra esposto – esclusa.

8. La cassazione della statuizione relativa alla domanda di conversione del rapporto implica la pronuncia nel merito sulla stessa ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Tale domanda va rigettata per le ragioni già esposte nei paragrafi che precedono.

9. Consigliano la compensazione delle spese di lite dell’intero processo l’accoglimento solo parziale della domanda originaria nonché il consolidarsi, in epoca successiva all’introduzione del giudizio, della giurisprudenza di legittimità in ordine ad altre questioni qui esaminate (fra cui quella relativa all’interpretazione della L.R. Sicilia n. 4 del 2003, art. 106, comma 1).

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso. Rigetta tutti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di conversione del rapporto. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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