Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6940 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 11/03/2020), n.6940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 35615/2018 r.g. proposto da:

B.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Antonio

Barone, presso il cui studio elettivamente domicilia in Avellino,

alla via Tranquillino Benigni n. 10.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Ministro pro tempore.

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI depositata il

20/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. B.M., nativo del Pakistan, ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi, contro la sentenza della Corte di appello di Napoli del 20 novembre 2018, reiettiva del gravame dal medesimo proposto contro l’ordinanza del 29 ottobre 2017, resa dal tribunale di quella stessa città, che gli aveva riconosciuto la protezione cd. umanitaria, disattendendo, invece, le sue richieste riguardanti il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14. Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

1.1. In particolare, la corte partenopea: i) ha osservato che, avverso l’affermata inattendibilità del racconto del richiedente protezione, come sancita dal giudice di prime cure, nessuna specifica censura era stata mossa, in evidente violazione dell’art. 342 c.p.c.; ii) ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), in ragione della suddetta inattendibilità; iii) ha escluso la sussistenza dell’ipotesi di cui alla lett. c) del predetto art. 14 del citato D.Lgs., indicando le fonti del proprio convincimento.

2. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5 – del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 27, comma 1-bis, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, per non avere la corte di merito adeguatamente attivato il potere istruttorio officioso necessario per una conoscenza adeguata della situazione socio-politico-economica e delle disposizioni legislative e regolamentari del Paese di provenienza del richiedente protezione;

1) “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 7, 8 e 11 – D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, Art. 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, quanto al mancato riconoscimento dello status di rifugiato;

III) “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, con riguardo al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria;

IV) “Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, quanto all’asserito mancato riconoscimento della protezione cd. umanitaria.

3. I primi due motivi sono esaminabili congiuntamente perchè entrambi caratterizzati dalla medesima ragione di inammissibilità, non confrontandosi con la ratio della pronuncia impugnata che è costituita dalla non credibilità dei fatti allegati dal richiedente, già affermata dal tribunale di prime cure, ed avverso la quale la corte distrettuale ha espressamente chiarito non essere stata articolata, innanzi ad essa, alcuna specifica censura, in evidente violazione dell’art. 342 c.p.c..

3.1. E’ noto, poi, che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, qui nemmeno prospettato), il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione. Il vizio di violazione di legge consiste, invece, nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, e, come tale, è inammissibile in subiecta materia (cfr. Cass. n. 27072 del 2019; Cass. 3340/2019).

3.1.1. Ove, peraltro, le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua dei criteri di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 nemmeno occorre procedere ad approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine – con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), – salvo che (ipotesi qui neppure allegata) la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. Cass. n. 27072 del 2019; Cass. n. 16925 del 2018).

3.2. I motivi si traducono, dunque, sostanzialmente, nella esposizione astratta dei principi giuridici in materia ed in una richiesta di rivisitazione del merito, inammissibile in questa sede (cfr. Cass. n. 27072 del 2019; Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 19547 del 2017; Cass. n. 16056 del 2016).

4. Parimenti inammissibile è il terzo motivo che si risolve, in realtà, in una contestazione, affatto generica, circa l’attendibilità delle fonti utilizzate dalla corte partenopea per escludere la sussistenza, in Pakistan, di una situazione di violenza indiscriminata e/o di conflitto armato.

4.1. E’ qui sufficiente rimarcare, esclusivamente che: i) per quanto concerne la protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (cfr. Cass. n. 27072 del 2019; Cass. n. 28990 del 2018; Cass. n. 17075 del 2018); al fine di ritenere adempiuto tale onere, inoltre, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (cfr. Cass. n. 11312 del 2019); iii) nel caso di specie, la corte distrettuale ha accertato, mediante il ricorso a fonti internazionali attendibili ed aggiornate, citate in motivazione (Rapporto Amnesty International 2017/2918) come richiesto dal recente indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. n. 11312 del 2019), che la zona di provenienza dell’immigrato è immune da situazioni di violenza indiscriminata, risultando sussistente solo una situazione di instabilità compatibile con la protezione umanitaria; iv) a fronte di tale accertamento, il motivo si traduce, da un lato, nella esposizione astratta dei principi giuridici in materia, e, dall’altro, in una richiesta di rivisitazione della valutazione di merito, inammissibile in questa sede.

5. Il quarto motivo, infine, è palesemente inammissibile per evidente carenza di interesse, posto che al B. è stata riconosciuta dal tribunale di prime cure la protezione predetta, nè, in parte qua, la sentenza oggi impugnata contiene modifiche.

6. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, il comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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