Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 694 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 694 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

,

SENTENZA

,

sul ricorso 24068-2008 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del
Ministro pro tempore, AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, in persona dell’Avvocato Generale pro tempore,
.
4

2013

rappresentate e difese dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui Uffici domiciliano ex lege in
ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrenti –

3437

contro

GINNI NUNZIA MARIA C.F. GNNNNZ52H16F631X;
..

– intimata –

Data pubblicazione: 15/01/2014

Nonché da:
GINNI

NUNZIA

MARIA

C.F.

GNNNNZ52H16F631X,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO
GRAMSCI 24, presso lo studio dell’avvocato MASINI
MARIA STEFANIA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato NESPOR STEFANO, giusta delega
in atti;
– con troricorrente e ricorrente incidentale contro

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimate –

avverso la sentenza n. 892/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 03/10/2007 R.G.N. 128/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato FEDELI FABRIZIO (AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto, assorbimento
dell’incidentale.

Svolgimento del processo
Il Tribunale di Milano accoglieva il ricorso di Nunzia Maria Ginni,
già dipendente delle Poste Italiane dal 18 ottobre 1984 con
inquadramento nella ex V qualifica funzionale, confluita nella cd.
area operativa dal 26 novembre 1994, comandata, a decorrere
dal 10 giugno 1996, presso l’Awocatura distrettuale dello Stato di
Milano ed ivi definitivamente trasferita a far data dal 2.10.01, con

dell’art. 53, comma 10 della legge n.449\1997 sulla mobilità
volontaria e dal d.p.c.m. del 2 ottobre 2001, dichiarando il diritto
della ricorrente all’inquadramento in posizione economica B3 dal
2 ottobre 2001, e condannando l’Avvocatura a corrisponderle le
relative differenze retributive.
Awerso tale sentenza proponevano appello la Presidenza del
Consiglio dei Ministri e l’Avvocatura dello Stato. Resisteva la
lavoratrice.
Con sentenza depositata il 3 ottobre 2007, la Corte d’appello di
Milano respingeva il gravame.
Per la cassazione propongono ricorso le Amministrazioni, affidato
a due motivi. Resiste la Ginni con controricorso, contenente
ricorso incidentale condizionato, affidato ad unico motivo.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e
falsa applicazione del d.p.c.m. 2.10.01 in rapporto agli arti. 4 e 5
della L. 20.3.1865 n. 2248; delle specifiche professionali B1, B2 e
63 del c.c.n.l. 16.2.99 del Comparto Ministeri (biennio 19982001); degli arti. 40-43 del c.c.n.l. 26.11.94 per il personale
dipendente dell’Ente Poste Italiane (triennio 1994-1997); dell’art.
3 L 22.12.81 n. 797 (ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Deducono che la Corte di merito aveva correttamente raffrontato
le mansioni della categoria appartenuta alla dipendente presso
l’ex Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni e quelle
della posizione economica attribuita dall’A4vocatura all’atto

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inquadramento nell’area B, posizione economica B2, in forza

dell’inquadramento, non potendo adottarsi come riferimento la
generica declaratoria dell’area operativa, introdotta dall’Ente
Poste col c.c.n.l. 26.11.94, in cui confluirono le ex categorie IV,
V e VI del vecchio ordinamento postale (di cui alla L. n. 797\81)
che andavano certamente recuperate al fine del raffronto.
Si dolgono tuttavia che i giudici di appello, disapplicando
l’inquadramento di cui al d.p.c.m. 2.10.01 (che equipara la ex V

economica B2 comparto Ministeri) e riconoscendo alla lavoratrice
la posizione economica B3, ritennero apoditticamente che non vi
era equivalenza tra le mansioni di cui alla ex V categoria
dell’amministrazione postale con la posizione economica B2
(comparto Ministeri) attribuita presso l’amministrazione ricevente,
laddove entrambe erano caratterizzate da un medio contenuto
concettuale, con limitata autonomia e discrezionalità e con la
possibilità di coordinamento di unità operative semplici.
Lamentano che le mansioni riconducibili alla posizione economica
B3 presentano invece un elevato contenuto concettuale,
implicano una notevole autonomia e responsabilità dei risultati e
possono comportare il coordinamento di unità operative di
normale complessità.
Formulano il prescritto quesito di diritto.
2.- Con secondo subordinato motivo, le Amministrazioni
denunciano la violazione del d.p.c.m. 2.10.01 in rapporto agli
artt. 4 e 5 della L. 20.3.1865 n. 2248; dell’art. 53, comma 10,
della L. n. 449\97; dell’art. 4, comma 11, della L. n. 223\91; degli
artt. 1337, 1362, comma 2, e 1375 cod.civ. (ex art. 360, comma
1, n.3 c.p.c.).
Lamentano che l’art. 53, comma 10, citato, statuisce che “al
personale dell’Ente Poste Italiane che, alla data di entrata in
vigore della presente legge, è in posizione di comando o fuori
ruolo presso le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma
2, del d.lgs. n. 29\93, si applicano le vpgenti disposizioni sulla
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qualifica funzionale dell’amministrazione postale alla posizione

mobilità volontaria o concordata”. Da ciò conseguiva che
l’inquadramento nei ruoli dell’Amministrazione di destinazione
non richiede il raffronto tra la posizione di lavoro occupata
nell’amministrazione postale e quella dell’amministrazione di
destinazione, bensì il raffronto tra l’ultima qualifica funzionale
posseduta presso l’Avvocatura dello Stato in posizione di distacco
e la corrispondente area e livello retributivo attribuito con

2.10.01. Il richiamo alle disposizioni sulla mobilità volontaria o
concordata concretava infatti, a loro avviso, un rinvio al comma
11 dell’art. 4 della L. n. 223\91, secondo cui “Gli accordi sindacali
stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo,
che prevedano il riassorbirnento totale o parziale dei lavoratori
ritenuti eccedenti, possono stabilire anche in deroga al secondo
comma dell’articolo 2103 del codice civile la loro assegnazione
a mansioni diverse da quelle svolte”, da cui conseguiva la
legittima possibilità di demansionamento, come più volte
affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3772\04; n.
11806\00).
Evidenziano che il caso in esame non riguarda la mobilità
obbligatoria (quale quella di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n.
487\93, cui si riferisce il d.m. 10.7.97), generalmente informata
al principio di salvaguardia delle posizioni economiche e
normative dei lavoratori interessati, ma la mobilità volontaria, con
cui si verifica un’adesione negoziale alle nuove condizioni di
lavoro ed inquadramento, non essendo così neppure necessario
un raffronto tra la posizione di lavoro occupata
nell’amministrazione postale e quella attribuita

presso

l’Amministrazione di destinazione, occorrendo piuttosto
procedere al raffronto tra la posizione rivestita dalla ricorrente in
fase di comando (o distacco) presso l’Avvocatura, già accettata
dalla lavoratrice per fatti concludenti (art. 1362, comma 2, c.c.) e

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l’immissione nei ruoli, giusta le previsioni di cui al d.p.c.nn.

non contestata secondo i principi di buona fede e correttezza
(artt. 1175 e 1375 c.c.), e quella successivamente attribuita.
Formulano il prescritto quesito di diritto.
3.- I motivi, che per la loro connessione possono essere
congiuntamente esaminati, sono infondati.
Le sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 503\11), considerato
che la L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, prevedendo

concordata tra pubbliche amministrazioni al personale dell’Ente
poste italiane (ente pubblico economico, in quanto tale
equiparato ai datori di lavoro privati) in posizione di comando o
fuori ruolo presso pubbliche amministrazioni, ha inteso
valorizzare ai fini in esame la precedente posizione di dipendenti
da una pubblica amministrazione dei lavoratori postali in
questione, configurando una sorta di transitoria ultrattività di tale
posizione (cfr. altresì Cass. S.U. n. 22800/2010); escludendo
inoltre che su tali profili possa operare autoritativamente la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella specie il d.p.c.m. 7
novembre 2000 – atto avente natura amministrativa, in quanto
proveniente da una autorità esterna al rapporto di lavoro – non
assolve alla funzione di determinare la concreta disciplina del
rapporto di lavoro, mancando un fondamento normativo
all’esercizio di un siffatto potere, ma solamente a quella di dare
attuazione alla mobilità (volontaria) tra pubbliche amministrazioni
come previsto dall’art. 4 L. n. 273\95 (che attribuì alla Presidenza
del C.M. il solo compito di operare il trasferimento); ha infine
ritenuto giuridicamente giustificata la verifica compiuta dal
giudice di merito sulla correttezza dell’inquadramento spettante
al lavoratore, sulla base dell’individuazione in concreto, nel
quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile
nell’amministrazione di destinazione, della qualifica
maggiormente corrispondente a quelle di inquadramento prima
del trasferimento.

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l’applicabilità delle disposizioni sulla mobilità volontaria o

Nella specie il giudice di merito, ha rilevato che le parti avevano
condotto il raffronto esclusivamente tra le rispettive declaratorie
della posizione di partenza e quella d’arrivo, senza considerare le
funzioni concretamente svolte dall’appellata nella nuova
assegnazione, trascurando in tal modo uno degli elementi per la
verifica del corretto inquadramento. Quanto alla deduzione delle
amministrazioni secondo cui dalla data del comando la lavoratrice

dell’ordinamento postale, bensì, prima in posizione di comando e
poi definitivamente, quelle dell’ordinamento statale
corrispondente al profilo di inquadramento, ha correttamente
evidenziato che non era stato, tra l’altro, neppure specificato in
alcun modo quali esse fossero.
La Corte di merito, in sostanza, operando il raffronto dei profili
professionali delle declaratorie generali di categoria
dell’Amministrazione Postale ed alla relativa definizione della V
qualifica funzionale (precedente all’introduzione del CCNL
dell’Ente Poste Italiane del 1994\97 che introdusse la
classificazione per aree) con quelle della posizione B3 del CCNL
del Comparto Ministeri 1998\2001 ha motivatamente ritenuto la
riconducibilità alla posizione B3 del comparto ministeri per il
triennio indicato delle funzioni previste dalla V qualifica, laddove
presuppongono l’elaborazione di dati e situazioni complesse
anche utilizzando strumentazioni informatiche, il rilascio di copie,
estratti, certificati e lo svolgimento di attività istruttoria sulla base
di procedure predefinite. Ed invero la quinta qualifica funzionale
prevede “attività amministrative, contabili e richiedenti qualificata
preparazione tecnico-professionale e conoscenza della tecnologia
del lavoro o perizia nell’ esecuzione, espletata con autonomia di
disimpegno nei limiti delle norme regolamentari. Possono
comportare responsabilità di guida e di controllo tecnico-pratico
di altri lavoratori a minor contenuto professionale…”.
Confrontando le suddette mansioni con quelle di cui alla

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non avrebbe svolto le mansioni corrispondenti al profilo

posizione B2, ha correttamente ritenuto che in quest’ultima non
si rinveniva qualsivoglia riferimento a conoscenze specialistiche, a
qualificata preparazione professionale, a conoscenze della
tecnologia del lavoro, né tanto meno, per la posizione B2, è
ipotizzata una responsabilità di guida e controllo di altro
personale, attagliandosi così più correttamente la posizione B3,
richiedente “capacità di coordinamento di unità operative con

dirette con gli utenti” e riferentesi a “lavoratori che nell’ambito
della specifica professionalità tecnica posseduta.. .elaborano dati e
situazioni complesse anche utilizzando strumentazioni
informatiche, rilasciando copie, estratti e certificati, esplicando
attività di segreteria in commissioni, attività istruttoria sulla base
di procedure predefinite”.
Trattasi di motivazione logica e congruamente argomentata, che
non trova nell’odierno ricorso adeguate censure, anche in ordine
alle effettive mansioni di fatto svolte dalla lavoratrice.
Né può condividersi il richiamo all’art.53, comma 10 della legge
n. 449\1997, che richiama le disposizioni in tema di mobilità
volontaria presupponenti l’appartenenza del dipendente alla
medesima qualifica per cui dovrebbe aversi riguardo all’ultima
qualifica funzionale posseduta presso l’Avvocatura in posizione di
comando che non era stata impugnata. Ed invero, come
esattamente notato dal giudice di appello, anche nell’ambito di
siffatte procedure non si può prescindere dal raffronto concreto,
di carattere sostanziale e non limitato ad una mera
corrispondenza formale tra le due qualifiche, tra la qualifica
rivestita nell’ente di provenienza e quella più consona che deve
essere attribuita nell’ente di destinazione.
Non può infine condividersi la tesi dell’amministrazione ricorrente,
secondo cui nella specie vi sarebbe stata un’accettazione
implicita, da parte della lavoratrice, della posizione da essa
riveAta in fase di comando presso l’Avvocatua. Ed invero, pur

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assunzione di responsabilità dei risultati e gestione delle relazioni

non potendosi prescindere dalla ontologica prowisorietà
dell’inquadramento ricevuto in fase di comando, a tal fine
sarebbe stato piuttosto necessaria la prova, gravante
sull’Amministrazione, di significative circostanze denotanti una
chiara e certa volontà della parte di accettare l’inquadramento
ricevuto (cfr., sia pure in diversa fattispecie, Cass. 14 gennaio
2013 n. 701; Cass. 5 settembre 2012 n. 14916; Cass. 15

4.-Risulta così assorbito il ricorso incidentale condizionato, con
cui la lavoratrice, denunciando la violazione dell’art. 4, comma 2,
L. n. 273\95, lamenta la mancata declaratoria di disapplicazione
del d.p.c.m. 2.10.01 nella parte in cui equipara la ex V qualifica
funzionale dell’Amministrazione postale, alla posizione economica
B2 del comparto Ministeri.
5.- Va pertanto rigettato il ricorso principale, e dichiarato
assorbito quello incidentale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara
assorbito quello incidentale. Condanna le ricorrenti principali al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che
liquida in E.100,00 per esborsi, E.3.000,00 per compensi, oltre
accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 novembre
2013

novembre 2010 n. 23057, etc.).

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