Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6939 del 17/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/03/2017, (ud. 27/02/2017, dep.17/03/2017),  n. 6939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16385/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

LA COLLINA Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Nicola LA ROCCA e

dall’Avv. Maria Luisa CARNAZZA, con domicilio eletto presso

quest’ultima, in Roma, Viale Etiopia, n. 83, giusta procura speciale

a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana – sez. staccata di Livorno n. 48/23/11, depositata il 19

maggio 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 febbraio 2017

dal Cons. Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

udito l’Avv. Gianna Galluzzo che si riporta al ricorso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La CTR della Toscana, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della CTP di Livorno, ritenendo l’accertamento nei confronti della società La Collina Srl, esercente attività edificatoria, illegittimo per aver determinato il valore degli immobili ceduti in base ad accertamento qualificato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, in assenza dei presupposti di legge e di presunzioni gravi precise e concordanti.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi, cui resiste la contribuente con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il collegio delibera l’utilizzazione di motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54, comma 2, per aver la CTR erroneamente ritenuto che l’Ufficio abbia effettuato l’accertamento ai sensi del secondo comma della norma invece che sul comma 1, lett. d) cit., derivandone l’illegittimità della procedura svolta.

4. Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per aver la CTR escluso apoditticamente ed illogicamente la natura antieconomica del comportamento della società, avente utili di bilancio irrisori, per aver negato ogni rilevanza indiziaria alla stima UTE per l’omessa indicazione nominativa delle agenzie immobiliari e delle riviste specializzate di riferimento, nonchè per aver omesso di valutare in termini unitari gli elementi indiziari posti a fondamento dell’accertamento.

5. Le censure, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondate.

Del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), recita: “Per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica:… d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonchè dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art. 32. L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”.

Orbene, nella vicenda in esame l’accertamento posto in essere è un accertamento analitico-induttivo che si fonda sull’ultima parte della norma, basato su presunzioni, anche semplici purchè gravi, precise e concordanti, e non un accertamento ai sensi del secondo comma della disposizione.

Ciò risulta chiaramente sia dall’avviso di accertamento – riprodotto in osservanza del principio di autosufficienza – che esplicitamente prevede “Per tutto quanto sopra, l’Ufficio procede ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 e art. 40”, sia alla stregua degli “elementi presuntivi di occultamento dei ricavi” considerati per fondare l’accertamento, ossia:

“contratti di mutuo fondiario stipulati dalla società;

annuncio di intermediazione immobiliare su sito internet; bassissima redditività della società”.

Il comportamento antieconomico del contribuente, del resto, legittima l’Amministrazione finanziaria a procedere ad accertamento induttivo poichè la contabilità, pur formalmente regolare, deve ritenersi, in ragione di tale condotta, intrinsecamente inattendibile (v. Cass. n. 20036 del 2015, Cass. n. 21536 del 2007).

La valutazione ad opera della CTR degli elementi indiziari si palesa, in secondo luogo, non adeguata e atomistica, avendo considerato le singole circostanze in termini parcellizzati e non nel loro quadro d’insieme.

Giova precisare, invero, che anche con riferimento ai singoli elementi la valutazione della CTR si presenta insufficiente.

L’esistenza di utili estremamente ridotti, addirittura irrisori nell’anno d’imposta in contestazione (e poco importa se siano nella misura dello 0,22% o dello 0,56%), costituisce, innanzitutto, elemento in sè obbiettivamente significativo, ma la cui incidenza è stata del tutto genericamente considerata dalla CTR.

Quanto alla valutazione di stima dell’UTE, si tratta, invece, di elemento che di per sè non è sicuramente sufficiente a supportare l’atto impositivo; ma ciò non ne comporta l’irrilevanza probatoria, dovendo il giudice verificare, esplicitando le ragioni del proprio convincimento, la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato, sicchè è legittimamente motivata in base ad essa la rettifica dei ricavi dichiarati spettando al contribuente contrapporre altre stime (v. da ultimo Cass. n. 23485 del 2016). Analoghe considerazioni per l’esistenza di un mutuo fondiario per un milione di euro, superiore all’importo dei ricavi dichiarati, e con un ipoteca del doppio del valore, che costituisce ulteriore indice sul valore del complesso immobiliare, ma che è stato ritenuto irrilevante perchè ritenuto ancorato a sole valutazioni di interesse dell’istituto di credito.

Lo stesso riferimento ai valori OMI, esclusa ogni valenza probatoria legale, conserva il carattere delle presunzioni semplici, ancorchè, ai fini della valutazione della congruità del prezzo, debba essere sorretto da altre circostanze.

Non vanno infine trascurate le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società (che ha indicato nel pvc il prezzo di Euro “1800 al mq quale prezzo di acquisto medio”), che, pur non avendo sicuramente valore confessorio, costituiscono anche un utile ulteriore parametro quanto alla conoscenza delle condizioni del mercato da parte del contribuente e che appaiono rilevare, in ispecie, al fine di valutare se la gestione, per come dichiarata, presentasse caratteri di antieconomicità per aver venduto gli immobili a prezzi notevolmente inferiori (“1.300,00 – 1.400,00 al mq”) a quelli praticati nella zona per quel tipo di immobili.

La decisione, peraltro, al di là dell’apprezzamento sui singoli elementi, non ha, in realtà operato alcuna valutazione unitaria degli stessi per verificare, ai fini della ricostruzione del valore venale del bene, se fossero idonei a fornire un quadro di presunzioni dal carattere grave, preciso e concordante, sì da determinare, in conseguenza, lo spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.

Nè, in evidenza, ha rilievo la norma interpretativa introdotta con il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, che comunque non incide sulla valutazione presuntiva che si fondi su una pluralità di circostanze, limitandosi ad affermare che “l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro”.

6. Per le ragioni esposte, in accoglimento del ricorso e previa cassazione della sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata alla commissione tributaria regionale competente, in diversa composizione, che rinnoverà il giudizio uniformandosi ai principi sopra esposti.

Il giudice di rinvio provvederà anche alla regolazione tra le parti delle spese di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata; rinvia a diversa sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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