Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6937 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 25/03/2011), n.6937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26040/2006 proposto da:

SOCIETA’ COOPERATIVA PRODUTTORI LATTE BUFALINO A.R.L. IN LIQUIDAZIONE

in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo

studio dell’avvocato PETRONE GIOVANNI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSSI Lucio Modesto Maria, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

sul ricorso 26452/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ COOPERATIVA PRODUTTORI LATTE BUFALINO A.R.L. IN LIQUIDAZIONE

in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo

studio dell’avvocato PETRONE GIOVANNI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSSI LUCIO MODESTO MARIA, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 22/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/02/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

uditi per i nn. r.g. 26040/06 e 26452/06 ricorrenti gli Avvocati

ROSSI e D’ASCIA, che hanno chiesto l’accoglimento;

udito per il n. r.g. 26452/06 resistente l’Avvocato ROSSI, che ha

chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il n. r.g. 26040/06 il

rigetto del ricorso e per il n. r.g. 26452/06 l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l’Agenzia delle Entrate di Caserta notificava alla Cooperativa Produttori Latte Bufalino atto di accertamento con il quale si recuperavano a tassazione redditi ai fini IRPEG ed ILOR per l’anno 1998, a fronte di ricavi non contabilizzati ed operazioni inesistenti.

Impugnava l’atto la Cooperativa innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta sostenendone la illegittimità e la infondatezza. La Commissione accoglieva il ricorso.

Appellava l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 115 in data 16-3-1995 accoglieva il gravame limitatamente alla mancata contabilizzazione di ricavi.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Cooperativa nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze e della Agenzia delle Entrate, con un motivo.

Il ricorso è rubricato al n. 26040/06 RG. In questo gli enti intimati non svolgono attività difensiva.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con un motivo. Il procedimento è rubricato al n. 26452/06 RG. La cooperativa resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, i ricorsi contro la stessa sentenza devono essere riuniti ex art 335 c.p.c..

Nel procedimento n. 26040 RG, va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e della Finanze: nel caso di specie al giudizio innanzi la Commissione Regionale ha partecipato l’ufficio periferico di Caserta della Agenzia delle Entrate successore a titolo particolare del Ministero, ed il contraddittorio è stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del Ministero, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte, (ex plurimis v. Cass. n. 3557/2005) estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione passiva relativa al ricorso per cassazione sussisteva unicamente in capo alla Agenzia.

Nulla per le spese, stante la mancata costituzione dell’ente intimato.

Con l’unico, articolato motivo, la contribuente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 15, 39 e 42, nonchè insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Espone che il giudice di appello aveva ritenuto ammissibile l’accertamento induttivo sulla base di una irregolare tenuta della contabilità derivante dalla mancata scritturazione del libro degli inventari, rilievo non emergente dall’atto di accertamento, rilevato dalla Agenzia solo in atto di appello e quindi tardivamente, ed insussistente in quanto tale mancata scritturazione era stata rilevata per gli anni precedenti, ma, essendo l’ispezione della G.diF. limitata al 10-3-1998, non poteva essere contestata per l’anno 1998, in quanto il termine per la redazione dell’inventario per detto anno non era ancora scaduto, venendo così a mancare il presupposto di fatto considerato in sentenza. Sostiene inoltre che il coefficiente di ricarico sostenuto dall’Ufficio ed approvato dal Giudice di appello era completamente astratto ed immotivato.

Il mezzo è carente di autosufficienza sotto il profilo della asserita tardività del rilievo posto alla base dell’accertamento, non congruamente documentata in ricorso tramite la citazione testuale e la produzione dell’atto di accertamento.

Lo stesso non è non è fondato neppure sotto il profilo del difetto di motivazione.

Il giudice di appello, infatti, dopo avere correttamente affermato la “indipendenza di ogni esercizio economico rispetto ad altri” e rilevato che la ispezione copriva un arco di tempo dal 1-1-1996 al 10- 3-1998, ha osservato che il libro degli inventari non era stato compilato per l’intero periodo, ed ha ritenuto che tale irregolarità contabile giustificasse anche per il 1998 il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’Ufficio.

L’assunto della contribuente non è corretto, in quanto il giudice di appello non ha fondato il proprio convincimento sulla mancata tenuta del registro per il 1998, ma su tale fatto riferito all’intero periodo precedente e ciò sul corretto rilievo che la mancanza di tali dati fondamentali per le annate precedenti ridondavano sulla annata in contestazione, rendendo impossibile verificare la correttezza dei dati contabili rilevati dal 1 gennaio al 10 marzo di tale anno.

Quanto alla percentuale di ricarico del 75%. La Commissione ritiene accettabile in mancanza di valida alternativa il ricorso a dati tratti da studi di settore. L’assunto è condivisibile, in quanto la rettifica non si fonda sugli studi di settore, ma su irregolarità contabili, ed il ricorso a metodi presuntivi è ammesso in sede di rideterminazione del reddito conseguente ad accertamento induttivo, spettando al contribuente la prova della inidoneità in concreto degli stessi a detto fine.

Nel procedimento iscritto al n. 26452/06 RG la Agenzia, con il primo motivo, deduce assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia, violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, artt. 115 e 116 c.p.c., e dell’art. 654 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Espone che la rettifica della imposizione fiscale era fondata sull’assunto che alcune fatture contabilizzate dalla Cooperativa, emessa dalla Azienda Zootecnica Bufalina di Gargiulo Bruno, erano ad avviso dell’Ufficio soggettivamente inesistenti.

La Commissione aveva ritenuto insussistente tale presupposto fattuale annullando sul punto l’avviso sulla base della semplice constatazione che era intervenuto un giudicato penale di assoluzione per lo stesso fatto nei confronti del G., senza alcuna ulteriore motivazione, in violazione del principio di autonomia e non interferenza tra il procedimento penale e quello tributario, dovendosi invece ritenere che il giudicato penale non esplica rilievo nel processo tributario.

Assume inoltre che il registro cronologico di carico e scarico degli animali, (non intestato al G., su cui si fondava l’accertamento per ritenere insistenti le fattura da lui emesse aveva una valenza nel processo tributario autonoma da quella considerata nel procedimento penale e recepita dalla Commissione.

Il motivo è fondato sotto entrambi i profili. In effetti il giudice di appello si è limitato a recepire pedissequamente l’esito del procedimento penale, attribuendogli in sostanza valore di giudicato.

Tale modo di procedere è illegittimo, in quanto è ius receptum che l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, in quanto nel secondo vigono principi diversi in materia di prova. Per cui l’esistenza di una sentenza penale di assoluzione relativa ai medesimi fatti valutati nel processo tributario può essere considerata come elemento utile al convincimento del giudice, nell’ambito tuttavia di una autonoma valutazione a cui è questi è tenuto, non potendo limitarsi a recepire passivamente l’esito del procedimento penale.

Risulta anche fondato il secondo rilievo, sulla base del medesimo principio di autonomia dei giudizi sopra affermato.

Il ricorso della contribuente deve essere rigettato e quello della Agenzia accolto. La sentenza deve quindi essere cassata in relazione a detto ricorso e, non essendo necessarie ulteriori indagini di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con reiezione su tale punto del ricorso introduttivo della contribuente. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero e rigetta il ricorso nei confronti della Agenzia nel procedimento n. 26040 RG; accoglie il ricorso della Agenzia nel procedimento n. 26452 RG; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna la contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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