Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6935 del 22/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/03/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 22/03/2010), n.6935

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO

BUONUSCITA POSTE ITALIANE SPA, in persona del Procuratore speciale e

Commissario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15,

presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che lo rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.S.;

– intimato –

F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato GALLEANO SERGIO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO

BUONUSCITA POSTE ITALIANE SPA, (d’ora in poi per brevita’ “IPOST”),

in persona del Procuratore speciale e Commissario, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso lo studio dell’avvocato

BUZZELLI DARIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 551/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

7/05/08, depositata il 22/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2010 dal Presidente e Relatore Dott. BATTIMIELLO Bruno;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 551/2008 depositata il 22.5.2008, accogliendo la domanda subordinata, ha condannato l’IPOST – Gestione Commissariale- al ricalcolo dell’indennita’ di buonuscita erogata a F.S., da computarsi alla data del 28.2.1998 in base al trattamento retributivo in godimento alla (successiva) data di cessazione del rapporto di lavoro (30.11.2001) e quindi al pagamento delle conseguenti differenze, determinate in Euro 11.368,98, oltre rivalutazione e interessi dalla data di cessazione del rapporto al saldo e le spese del doppio grado.

La Corte ha ritenuto di condividere, perche’ conforme al tenore letterale delle disposizioni legislative in materia e rispondente a criteri di equita’, il principio secondo cui l’indennita’ di buonuscita del dipendente postale va liquidata sulla base del trattamento economico finale percepito dal lavoratore all’atto del pensionamento.

Avverso questa decisione l’IPOST – Gestione Commissariale Fondo Buonuscita Poste Italiane s.p.a. ricorre per Cassazione con due motivi.

L’intimato resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con un motivo. A questo l’IPOST ha resistito con controricorso.

A seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte per la decisione dei ricorsi in Camera di consiglio. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente la Corte riunisce i ricorsi, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Con il primo motivo del ricorso principale l’IPOST sostiene che il testo delle norme di legge applicabili in materia (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6 e D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3) impone di ritenere che la buonuscita del dipendente postale, da calcolarsi alla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in societa’ per azioni ((OMISSIS)), deve avere come base di computo il trattamento retributivo in godimento a tale data e non quello finale percepito al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Ha quindi formulato il coerente quesito di diritto nei seguenti termini: “dica la Corte se l’indennita’ di buonuscita spettante ai dipendenti postali cessati dal servizio successivamente alla data di trasformazione dell’Ente Poste in Poste Italiane s.p.a. ((OMISSIS)) deve essere calcolata, ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, e del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3, inserendo nella base di calcolo di cui al D.P.R. n. 1032 del 1973, artt. 3 e 38 l’ultimo stipendio goduto dal lavoratore alla predetta data di trasformazione, senza prendere in considerazione eventuali miglioramenti o incrementi stipendiali successivi a tale data.”.

Il motivo e’ manifestamente fondato alla stregua della recente sentenza di questa Corte n. 28281/2008 nella quale, sulla scorta anche dei principi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 366/2006, il cui contenuto e’ stato confermato dalla successiva ordinanza n. 444/2007, e’ stato esaminato ogni aspetto della questione, pervenendosi alla conclusione che la data alla quale occorre fare riferimento per il calcolo della buonuscita e’ quella del (OMISSIS), momento a partire dal quale il dipendente postale matura non piu’ detta indennita’ ma il tfr. In particolare, e’ stato ritenuto del tutto improponibile il confronto con la normativa che ha disciplinato il passaggio dei dipendenti del disciolto ONMI agli enti locali, trattandosi di situazioni non comparabili. Infatti, mentre a questi ultimi va liquidato un complessivo trattamento di fine servizio di carattere previdenziale, in relazione all’intera durata dell’unico rapporto e in base all’ultima retribuzione percepita presso l’ente di destinazione, con applicazione dei distinti elementi di calcolo previsti, riguardo ai due periodi di lavoro presso l’ONMI e presso gli enti locali, dai rispettivi ordinamenti, per i quali rileva sempre l’ultima retribuzione (Cass., sez. un., n. 11647/1993 e n. 8682/1995), ai dipendenti postali spetta il tfr, avente natura retribuiva, di cui l’importo della buonuscita costituisce soltanto una componente. L’irrilevanza degli incrementi retributivi successivi al (OMISSIS) deriva anche dal fatto che da tale data non sono piu’ dovuti contributi dal datore di lavoro (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, cit.), mentre quelli a carico dei lavoratori, dovuti fino al 31.12.2002 (L. n. 388 del 2000, art. 68, comma 4), non sono piu’ correlati all’ammontare della indennita’ (Corte Cost. n. 259/2002).

Per quanto riguarda la perdita del potere di acquisto, la Corte costituzionale ha rilevato, a chiusura della sentenza n. 366, che la violazione dell’art. 36 Cost. non deriva automaticamente dalla mancata previsione di un meccanismo di adeguamento di una componente del trattamento retributivo complessivo, quando la svalutazione monetaria non abbia raggiunto livelli inconsueti, come negli anni successivi alla trasformazione dell’Ente Poste in s.p.a..

Ad analoghe conclusioni e’ pervenuta la sentenza di questa Corte n. 17987/2009. Il secondo motivo, con il quale l’Istituto lamenta la condanna al pagamento di rivalutazione monetaria ed interessi, che assume pronunciata in violazione del termine dilatorio di cui al D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 3 convertito in L. 28 maggio 1997, n. 140, e’ assorbito.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione della L. n. 449 del 1997, art. 53, il lavoratore lamenta il rigetto, da parte della Corte territoriale, della sua domanda principale e sostiene che ai sensi del comma 6 della norma appena citata l’importo della buonuscita maturata alla data del (OMISSIS) viene trasferito da IPOST a Poste Italiane s.p.a. per essere rivalutato di anno in anno ai sensi dell’art. 2120 c.c. fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Il motivo e’ manifestamente infondato, giacche’ la buonuscita e’ corrisposta da IPOST e diviene esigibile solo al momento del collocamento a riposo. E’ anche da escludere un’applicazione analogica della disposizione della L. n. 297 del 1982, art. 1, ad una norma – l’art. 53, comma 6, citato – che non presenta lacune di alcun genere. Ma, a ben vedere, sono la citata sentenza costituzionale n. 366 del 2006 e la conforme ordinanza n. 444 del 2007, la quale ultima riguarda proprio l’art. 2120 c.c., come modificato dalla L. n. 297 del 1982, ad escludere che possa farsi applicazione d’uno del meccanismo di rivalutazione prospettato nell’odierno ricorso incidentale, in quanto la Corte costituzionale ha giudicato la suddetta norma, di cui non ha ipotizzato interpretazioni alternative, non in contrasto con i parametri costituzionali degli artt. 3, 36 e 38, sebbene non preveda alcuna forma di indicizzazione o di adeguamento monetario nel tempo della indennita’ in questione, calcolata alla data del (OMISSIS) in base alla retribuzione in atto a quel momento.

In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo, mentre il ricorso incidentale va rigettato. La sentenza impugnata va quindi cassata; e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito con il rigetto della domanda.

L’onere delle spese dei giudizi di merito e di cassazione segue la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda.

Condanna F.S. al pagamento delle spese dei giudizi di merito e di cassazione, liquidate, per il primo, in complessivi Euro 753,00, di cui Euro 258,00 per diritti e Euro 485,00 per onorario, per il secondo in complessivi Euro 938,00 di cui Euro 258,00 per diritti e Euro 670,00 per onorario, e per il giudizio di legittimita’ in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 605,00 per onorario;

oltre a spese generali, IVA e CPA per ciascuno dei tre giudizi.

Cosi’ deciso in Roma, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2010

 

 

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