Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6932 del 17/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/03/2017, (ud. 14/02/2017, dep.17/03/2017),  n. 6932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16019 del ruolo generale dell’anno 2012,

proposto da:

M.I.C., rappresentato e difeso, giusta procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv. Giuseppe Di Prima, col quale

elettivamente si domicilia in Roma, alla via Federico Cesi, n. 72,

presso lo studio dell’avv. Paolo De Angelis;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, sezione 30, depositata in data 29 aprile

2011, n. 65/30/11;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

14 febbraio 2017;

sentito per l’Agenzia l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità e,

in subordine, per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nei confronti del contribuente, esercente attività di commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli e di autotrasporto per conto terzi, in esito a riscontro d’irregolarità nella redazione dell’inventario e del bilancio l’Agenzia ha accertato maggiore materia imponibile, ai fini delle imposte dirette, dell’irap e dell’iva e ha disconosciuto costi ritenuti non adeguatamente documentati. M.I. ha impugnato il conseguente avviso senza successo in primo grado, laddove la Commissione tributaria regionale ne ha accolto parzialmente l’appello, limitatamente ai costi, che ha riconosciuto limitatamente al 35% del volume complessivo dei ricavi accertati. Quanto ai ricavi, invece, ha confermato la legittimità dell’accertamento, facendo leva sulla circostanza che il contribuente ha proceduto a pagamenti per il complessivo importo di Euro 563.022,62 in un periodo in cui il conto cassa si presentava in negativo. Contro questa sentenza il contribuente propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui l’Agenzia replica con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

2.- Il primo motivo di ricorso, col quale il contribuente si duole dell’insufficiente motivazione della sentenza in ordine al reale ammontare del saldo di cassa negativo, insufficiente a giustificare i ricavi accertati, è inammissibile, in quanto si traduce in una revisione del ragionamento decisorio. Ciò in quanto il giudice d’appello ha considerato la ricostruzione dell’ammontare dei saldi negativi proposta dal contribuente, ma l’ha ritenuta insufficiente “…a dimostrare il reddito…in quanto i ricavi accertati…fanno riferimento a movimenti bancari e pagamenti di gran lunga maggiori”. Difatti, ha segnalato la Commissione in narrativa, nel periodo in cui il saldo cassa era negativo, M. aveva proceduto a pagamenti per la somma di Euro 563.022,62. La spiegazione fornita dal giudice d’appello si presenta quindi logica e coerente, in quanto, a fronte del saldo negativo del conto cassa, che registra i movimenti del denaro contante e che quindi non può scendere sotto lo zero, è ragionevole ritenere che l’imprenditore abbia pagato con incassi non registrati (c.d. incassi in nero), che, a loro volta, presuppongono ricavi non dichiarati (su questa linea, vedi, fra varie, Cass. 31 maggio 2011, n. 11988).

3.- Parimenti inammissibile è il secondo motivo, col quale il contribuente lamenta la nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine alla contestazione del disconoscimento dei costi sostenuti. Ciò perchè il giudice d’appello ha esaminato il capo di domanda e vi ha dato risposta, riconoscendo una percentuale pari al 35% del volume dei maggiori ricavi accertati a titolo di costi.

4.- Le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte:

dichiara inammissibili entrambi i motivi di ricorso e condanna il contribuente a pagare le spese, che liquida in Euro 10260,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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