Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6932 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 6932 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA
sul ricorso 6915-2011 proposto da:
PARRELLA VITTORIO PRRVTR42C11F839P, PARRELLA RITA
PRRRTI51A42E839,7, PARRELLA MARIAROSARIA, elettivamente
domiciliati in ROMA, P.ZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo
studio dell’avvocato MARCO ORLANDO, rappresentati e
difesi dall’avvocato NICOLA PIGNATIELLO;
– ricorrenti –

2016
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contro

FAMMIANO GIOVANNA C.F.FMNGNN42C54F839E, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PORTA PI CIANA 6, presso lo
studio dell’avvocato GUIDO PARLATO, che la rappresenta

Data pubblicazione: 08/04/2016

e difende;

controricorrente –

avverso la sentenza n. 3203/2010 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 01/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FALABELLA;
udito l’Avvocato Giorgio Parlato con delega depositata
in udienza dell’Avv. Parlato Guido difensore della
controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona

del

Sostituto Procuratore

Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine, il rigetto del
ricorso.

udienza del 19/01/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 9 aprile 1998 Fammiano
Giovanna conveniva in giudizio davanti al Tribunale di

proprietaria di un complesso immobiliare sito in
Pozzuoli, via Pisciarelli 102, costituito da due
palazzine, da ampie aree esterne e da una costruzione
di circa 80 mq. di forma trapezoidale, sita nella parte
più alta del lotto; che in prossimità del confine
superiore del lotto ed a monte dello stesso esisteva un
fosso naturale nel quale confluivano le acque non
assorbite dai terreni ivi presenti, che presentavano

una forte pendenza; che Parrella, proprietario del
fondo sito a monte, aveva realizzato nuove opere
modificando il declivio dei terreni ed aveva depositato
nel fosso naturale la terra scavata,

così elevandone il

livello; che egli aveva pure costruito nel fosso un
muro di tufo e,

all’interno del fondo, due manufatti a

pianta quadrata sui quali aveva poggiato delle griglie
metalliche; che le opere

in questione avevano

modificato il preesistente regime di smaltimento delle
acque naturali, con conseguenti dissesti in danno della
proprietà dell’attrice; che aveva proposto ricorso ex

art. 11U c.c. e che il Pretore, in accoglimento del
medesimo, aveva ordinato a Parrella di eseguire le
3

Napoli Parrella Federico deducendo: che era

opere indicate da 2 C.T.U. per ovviare al pericolo
imminente.
Si costituiva Federico Parrella, il quale si

dall’attrice erano stati causati da opere dalla stessa
realizzate.
Il Tribunale di Napoli, dopo che la causa,
interrotta per il

decesso

di Parrella, era stata

riassunta nei confronti di Vittorio, Margherita e Maria
Rosaria Parrella, pronunciava sentenza con cui
confermava l’ordinanza cautelare e condannava

convenuti ad eseguire le opere ivi indicate, nonché a
risarcire i danni, quantificati in E 11.839,10,

oltre

interessi legali dal gennaio 1996, avendo ridotto di

1/3 il pregiudizio risarcibile in ragione del rilevato
contributo dell’attrice nella causazione dello stesso.

Interponevano appello

Vittorio, Rita e Maria

Rosaria Parrella.
La Corte di appello di Napoli, nella resistenza di
Giovanna Fammiano, la quale spiegava appello
incidentale per ottenere l’integrale risarcimento del
danno subito, con sentenza depositata il 1 ottobre
2010, rigettava l’appello principale ed accoglieva
quello incidentale, condannando gli appellanti al
pagamento della somma di 17.758,66, oltre
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difendeva sostenendo che i dissesti lamentati

rivalutazione monetaria ed interessi.
A sostegno della decisione adottata la corte
distrettuale evidenziava che le due consulenze tecniche
giudizio confermavano il nesso

causale fra i danni lamentati e l’alterazione del
sistema di smaltimento delle acque ascrivibile
all’originario convenuto; rilevava, poi, che doveva
essere esclusa la riduzione di 1/3 del risarcimento
riconosciuto a Giovanna Fammiano.
Avverso la indicata sentenza della Corte di
appello di Napoli hanno proposto ricorso per cassazione
Vittorio, Rita e Maria Rosaria Parrella, articolandolo
su due motivi.
Giovanna Fammiano resiste con controricorso; ha
depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso Vittorio, Rita e
Maria Rosaria Parrella impugnano la sentenza per omessa
pronuncia su un punto decisivo della controversia, in
quanto la Corte di appello di Napoli non avrebbe
esaminato l’eccezione da loro formulata di “nullità
della domanda risacitoria per essere l’immobile di
proprietà della sig.ra Fammiano Giovanna, per cui è
causa, del tutto abusivo e dunque immeritevole di
tutela risarcitoria”.
5

esperite nel corso del

Il motivo è inammissibile.
Dalla lettura della sentenza gravata si rileva che
la corte distrettuale ha affrontato la questione

Fammiano, ritenendo la relativa doglianza inammissibile
perché proposta per la prima volta in comparsa
conclusionale. Infatti, in tema di processo di appello,
in ossequio al principio del

tantum devolutum quantum

appellatum di cui all’art. 342 c.p.c., il quale importa
non solo la delimitazione del campo del riesame della
sentenza impugnata ma anche l’identificazione,
attraverso il contenuto e la portata delle censure, dei
punti investiti dall’impugnazione e delle ragioni per
le quali si invoca la riforma delle decisioni, i motivi
debbono essere tutti specificati nell’atto di appello,
con cui si consuma il diritto di impugnazione)’ ; sicché
restano precluse nel corso dell’ulteriore attività
processuale sia la precisazione di censure esposte
nell’atto di appella in moda generico, che la
possibilità di ampliamenti successivi delle censure
originariamente dedotte (per tutte: Cass. 12 maggio
2008, n. 11673); non è quindi consentito che
l’esposizione delle argomentazioni volte a confutare le
ragioni poste dal primo giudice a fondamento della
propria decisione venga rinviata al momento in cui si
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dell’abusività del manufatto edilizio di Giovanna

deposita la comparsa conclusionale (Cass.

27

gennaio

2011, n. 1924). Ne segue l’inammissibilità del motivo,
incentrato sull’omessa pronuncia su di un punto

n.

16582).
Con il secondo motivo di ricorso è denunciata
violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 2043
e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c..
Secondo i ricorrenti la corte di merito aveva errato
poiché non aveva tenuto conto che i danni lamentati da
Giovanna Fammiano erano stati provocati esclusivamente
dal manufatto dalla stessa realizzato. La corte
territoriale, pertanto, avrebbe dovuto rigettare del
tutto la domanda di risarcimento di Giovanna Fammiano
o, quantomeno, ridurre di una percentuale maggiore
rispetto alla misura di 1/3 l’importo riconosciutole.
Inoltre, non vi era prova che le acque che avevano
danneggiato l’immobile di Giovanna Fammiano
provenissero proprio dal fondo dei ricorrenti e non da
altri immobili, considerato che lo stesso C.T.U. aveva
riconosciuto che “nella produzione del danno vi era
stato il contributo causale di opere e situazioni
imputabili a terzi estranei alla presente
controversia”.
La doglianza è infondata.
7

decisivo della controversia (Cass_ 5 agosto 2005,

•••

Mk•

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.

e •

La Corte di appello di Napoli ha chiarito che la
correlazione causale tra i danni risentiti dall’attrice
ed i lavori posti in essere dall’originario convenuto

avevano accertato il deflusso delle acque dal fondo
Parrella ed avevano pure escluso che la realizzazione
della costruzione a forma trapezoidale di Giovanna
Fammiano avesse provocato l’impedimento o
l’irregolarità del loro smaltimento.
Si legge nella sentenza impugnata che il secondo
consulente ha precisato che il sistema costruito da
Giovanna Fammiano aveva prodotto l’effetto di una vasca
di laminazione, vale a dire di una vasca artificiale in
grado di immagazzinare l’acqua senza effetto per la
costruzione, e che tale effetto si era persa proprio in
conseguenza degli interventi posti in essere dalla
controparte a cui, quindi, doveva essere addebitata
“l’alterazione del sistema di smaltimento delle acque e
la conseguente produzione dei danni alla struttura
edilizia attorea”.
Poiché é stata denunciata la violazione di legge
(il che implica che la Corte debba valutare se vi sia
stata erronea applicazione della disciplina normativa
invocata), è facile osservare che, una volta accertata,
attraverso le indagini peritali, la derivazione del
8

era confermata dalle due perizie agli atti, le quali

danno dalla modificazione

del

sistema di smaltimento

delle acque posto in atto dal comune dante causa degli
odierni ricorrenti, la corte di merito non poteva che

medesimo. Ogni altra questione si risolve in una
censura in fatto, come tale sottratta all’esame di
questa Corte.
D’altro canto, il giudice del gravame ha pure
rettamente escluso l’applicazione dell’art. 1227 c.c.,
osservando come qualora il deflusso delle acque non
avesse subito mutamenti per effetto degli interventi
realizzati dal convenuto, non si sarebbe prodotta
alcuna pressione idraulica sul manufatto attore°. Con
ciò la corte di merito ha negato l’esistenza di un
nesso causale tra la condotta posta in atto da Giovanna
Fammiano con la propria attività costruttiva e il danno
prodottosi. Affermare che la posizione in cui era stato
allocato il manufatto della controricorrente
costituisca, di contro, l’unica causa del dissesto
idrogeologico significa contestare l’accertamento
peritale, il cui contenuto, in sé considerato, si
sottrae al sindacato del giudice di legittimità.
In conclusione, il ricorso è respinto.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, liquidate in dispositivo.
9

farne discendere la responsabilità risarcitoria del

P.Q.M.

La Corte
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al

liquidate in C 3.200,00, di cui C 200,00 per esborsi.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio
della 2^ Sezione Civile, in data 19.1.2016.

Sentenza

redatta

con

la

collaborazione

dell’assistente di studio dott. Dario Cavaliari.

pagamento delle spese del giudizio di legittimità,

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