Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6931 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 25/03/2011), n.6931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. FERRERA Ettore – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28761/2006 proposto da:

N.G., N.R., B.B.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA G. FERRARI 35, presso lo studio

dell’avvocato MARZI Massimo Filippo, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LA ROCCA NICOLA, giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA CENTRALE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 34/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LIVORNO, depositata il 28/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARZI MASSIMO FILIPPO, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 28.9.2005, la CTR della Toscana ha confermato la sentenza con la quale la CTP di Livorno aveva respinto il ricorso proposto B.B. e da G. e N.R. avverso l’avviso di liquidazione relativo alle imposte di successione, ipotecarie, catastale e relative sanzioni. Per quanto qui interessa, i giudici d’appello hanno ritenuto manifestamente infondata l’eccezione d’incostituzionalità della L. n. 342 del 2000, art. 69, comma 15, sollevata dai ricorrenti, e corretto il diniego dell’Ufficio alla domanda di definizione della lite fiscale della L. n. 289 del 2002, ex art. 16.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i contribuenti, sulla scorta di due motivi. L’Agenzia delle entrate non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, i ricorrenti deducono, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, che la CTR ha motivato in modo insufficiente in ordine all’eccezione d’incostituzionalità della L. n. 342 del 2000, art. 69, comma 15, da loro proposta con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., date le sostanziali differenze nel trattamento fiscale applicabile, a parità di condizioni circa entità del patrimonio e numero di chiamati, tra le successioni apertesi in epoca antecedente o successiva la data del 2.7.2000, e sostengono che la nuova disciplina, per essere conforme ai principi di uguaglianza e capacità contributiva, dovrebbe riguardare anche le successioni apertesi precedentemente, e non ancora definite.

Col secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che l’avviso di liquidazione dell’imposta e di irrogazione delle sanzioni costituiva manifestazione del potere impositivo dell’Ufficio, in quanto non preceduto da alcun atto d’accertamento, sicchè la relativa impugnazione costituiva una lite fiscale pendente, suscettibile di definizione mediante condono.

Il ricorso è inammissibile per la carenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in base al quale, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, è necessario che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (Cass. n. 15808/2008, 5660/2010).

Nella specie i ricorrenti non riferiscono in alcun modo, nè nella laconica esposizione in fatto, nè illustrando i motivi, quale sia la data di apertura della successione di che trattasi, il grado di parentela col “de cuius”, i cespiti assoggettati ad imposta, le date di presentazione delle due dichiarazioni all’Ufficio, quella di presentazione della domanda di definizione della lite fiscale pendente, col relativo contenuto, e l’atto di diniego, e le ragioni della sua impugnazione, infine la natura delle sanzioni irrogate, così non consentendo a questa Corte nè di valutare la rilevanza, nel caso di specie, della dedotta questione di legittimità costituzionale, con riferimento al lamentato diverso trattamento in relazione a disposizioni sopravvenute più favorevoli, e, neppure, la congruenza delle argomentazioni svolte in relazione ai temi dibattuti in giudizio.

Nulla per le spese, dato il mancato svolgimento di difese dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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