Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6928 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 25/03/2011), n.6928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21496/2006 proposto da:

TUSCIANO COSTR SRL, in persona dell’Amministratore Unico pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE TIZIANO 80 presso lo studio

dell’avvocato RICCIARDI PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato

RICCIARDI EDILBERTO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, MINISTERO

ECONOMIA FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

e contro

AGENZIA ENTRATE-UFFICIO EBOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 298/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 26/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA CONCETTA SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato RICCIARDI EDILBERTO, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

del principio di autosufficienza, nel merito il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di perizia di valutazione, eseguita dall’UTE di Salerno, l’Ufficio del registro di Eboli rettificava il valore del compendio immobiliare acquistato dalla S.r.l. Tusciano Costruzioni, nella consistenza descritta in seno all’atto pubblico del 27.9.1997.

L’impugnazione della Società, avverso l’avviso di accertamento dell’imposta di registro e sanzioni, veniva parzialmente accolta dalla CTP di Salerno, che riduceva il valore del suolo e confermava, nel resto, l’accertamento.

La decisione, appellata dalla Società, veniva confermata, con sentenza depositata il 26.5.2005, dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, secondo la quale il rogito del 1997 non era meramente ricognitivo di un pregresso trasferimento, ma costituiva il titolo dell’acquisto dei diritti reali in testa alla contribuente, e la motivazione dell’avviso di accertamento, legittimamente svolta con riferimento alla relazione di stima dell’UTE, era tale da consentirle un adeguato esercizio del diritto di difesa.

Avverso tale sentenza, la S.r.l. Tusciano Costruzioni ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate.

Gli intimati resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va, preliminarmente, rilevata l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è stato parte del pregresso grado di giudizio. A seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate, avvenuta con D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 e divenuta operativa dal 1 gennaio 2001 (D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1), si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione “ad causam” e “ad processum” nei procedimenti introdotti anteriormente al 1 gennaio 2001 spetta all’Agenzia, e la proposizione dell’appello da parte, o, come nella specie, nei confronti della sola Agenzia, senza esplicita menzione dell’ufficio periferico che era parte originaria, si traduce nell’estromissione di quest’ultimo (cfr. S.U. n. 3116 e n. 3118 del 2006, n. 22641 del 2007).

Col primo motivo, la Società contribuente, deducendo la violazione del D.P.R. n. 634 del 1972, artt. 48 e 49; D.P.R. n. 643 del 1972, art. 19; D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 e difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, afferma di aver eccepito, in via preliminare, col gravame alla CTR, l’assoluta carenza di motivazione dell’atto di accertamento, che si limitava a rinviare alla relazione di stima sommaria dell’UTE di Salerno, in violazione del principio secondo cui l’atto impositivo deve indicare il criterio astratto in base al quale viene determinato il maggior valore e le indicazioni che si rendono necessari per delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nella fase contenziosa e consentire l’esercizio del diritto di difesa. Ignorando tali rilievi, prosegue la ricorrente, la CTR aveva, a sua volta, violato il predetto principio.

Il motivo è infondato.

Dall’esame dello stesso ricorso viene chiarito che la valutazione effettuata dall’Ufficio si è basata su una relazione di stima sommaria dell’UTE, che conteneva una descrizione dello stato dei luoghi e dava conto dell’esistenza di fabbricati realizzati da tempo e non completati, e che nel corso del primo grado di giudizio, è stata disposta una CTU, per la determinazione del valore del complesso immobiliare, che è stata recepita con la sentenza di primo grado. Ne consegue che la censura non è pertinente al “decisum”, laddove non tiene conto che il valore venale del suolo risulta esser stato assunto, anche sulla base di criteri diversi da quelli utilizzati dall’Ufficio (nel caso di elementi desumibili da CTU), ed è, comunque, infondata, dato che, in tema di imposta di registro, l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum” ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, ed, a tal fine, deve ritenersi adeguato il rinvio ai dati contenuti nella stima eseguita dall’UTE (Cass. n. 21515/2005).

La ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudice tributario nel rigetto dell’appello dimostra l’insussistenza del dedotto vizio motivazionale, che, tra l’altro, confonde, nella sua prospettazione, la motivazione della sentenza con la motivazione dell’atto di accertamento.

Col secondo motivo, la Società deduce la violazione delle norme di cui agli artt. 1351, 1362, 1363, 1364, 1366, 1371, 1372 e 1470 c.c., dell’art. 20 del D.P.R. n. 131 del 1986, nonchè vizio di motivazione, affermando di aver eccepito, in via gradata in appello, che il valore finale dei beni, determinato con l’accertamento, era errato per eccesso, in quanto, con l’atto pubblico in Notar Barela del 27.9.1997, oggetto della rettifica, era solo stata formalizzata la vendita della proprietà dei beni, già ceduti per scrittura privata del 27.6.1981, che aveva dato luogo ad un giudizio coi venditori, regolarmente trascritto, e, poi, transatto col rogito del 1997, di natura meramente ricognitiva dell’avvenuto pregresso trasferimento. Su tale eccezione, i giudici d’appello si erano limitati ad asserire, apoditticamente, la natura traslativa reale dell’atto pubblico, senza tener conto nè del contenuto concreto delle pattuizioni, nè del principio, sancito dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, in forza del quale l’imposta si applica secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, a prescindere dal “nomen iuris” del contratto.

Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 934, 936 c.c. e D.P.R. n. 131 del 1984, art. 24 e vizio di motivazione, affermando che la CTR aveva omesso di valutare e motivare sul fatto, decisivo, che le fabbriche era state da lei realizzate dopo il trasferimento del suolo, come provato dalla trascrizione, presso la Conservatoria dei RRII, in data 16.11.1987, delle domande proposte nei confronti dei venditori nel giudizio promosso innanzi al Tribunale di Salerno.

I motivi, che, per le evidenti connessioni (devono esser esaminati congiuntamente, vanno rigettati. La ricorrente, che pure riporta il “petitum” della citazione notificata ai venditori e brani dell’atto pubblico in Notar Barela del 27.9.1997, omette, però, di trascrivere il contenuto della scrittura privata del 27.6.1981, che, a suo dire, avrebbe trasferito la proprietà dei beni, così precludendo a questa Corte la verifica del rispetto dei canoni ermeneutici, che assume violati proprio in riferimento agli effetti da riconnettere a tale atto. Per converso, la valutazione degli atti trascritti milita in senso sfavorevole alla ricorrente, tenuto conto che, nel giudizio intrapreso per l’esecuzione di detta scrittura privata, la contribuente ha chiesto, ancorchè in via subordinata, il trasferimento del suolo con l’emissione di sentenza costitutiva ex art 2932 c.c., e che, in seno all’atto pubblico, i fabbricati risultano esser stati realizzati dalla Società Tusciano, sulla base di provvedimenti concessori emessi “con l’autorizzazione dei proprietari del suolo”.

L’assunto secondo cui gli edifici sarebbero stati costruiti dopo il trasferimento del suolo resta, in conseguenza, sconfessato, e, proprio in virtù dell’invocato principio dell’accessione, la proprietà dei fabbricati si è accresciuta ai proprietari del suolo (la giurisprudenza di cui Cass. n. 8397/1997, e successive conformi, invocata dalla ricorrente, non è pertinente, essendo relativa al diverso caso in cui il trasferimento del fabbricato costruito sul suolo appartiene ad un terzo o è stato ceduto, all’acquirente, ad opera di un terzo).

Con il quarto motivo, la Società deducendo la violazione del D.P.R. n. 634 del 1972, artt. 48 e 49, D.P.R. n. 643 del 1972, artt. 19 e 20, D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 e difetto di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, afferma che la sentenza impugnata ha taciuto sui rilievi critici da lei mossi alla CTU, disposta in prime cure e recepita nella sentenza di primo grado, ed, in particolare, sul fatto che la stima dei beni alla data del 31.12.1992, si era stata desunta da quella effettuata con riferimento alla data del 27.9.1997, devalutata, mediante utilizzo dei coefficienti ISTAT. Il motivo è inammissibile, per difetto di autosufficienza. Il tenore della censura, che riporta alcune frasi virgolettate, con varie interpolazioni, non consente, infatti, a questa Corte, che non può accedere agli atti di causa, di distinguere le critiche della ricorrente dalle considerazioni espresse nella CTU, in violazione del principio, più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17369/2004, n. 2601/2006, n. 4885/2006, n. 7078/2006, n. 13845/2007) secondo cui la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio (o alla sentenza che l’ha recepita) errori di valutazione ha l’onere, per consentire alla Corte di legittimità l’apprezzamento dell’incidenza causale del dedotto difetto di motivazione, di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamento ed alle conclusioni del consulente d’ufficio.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, nuovamente, la violazione del D.P.R. n. 634 del 1972, artt. 48 e 49, D.P.R. n. 643 del 1972, artt. 19 e 20, D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 nonchè degli artt. 1150 – 1152 c.c. e difetto di motivazione, per non aver i giudici di seconda istanza esaminato l’eccezione, da lei proposta col ricorso in appello, secondo cui, avendo sopportato i costi di realizzazione dei fabbricati, avrebbe avuto diritto, quale possessore di buona fede, all’indennità per l’aumento di valore conseguito alla cosa, per effetto dei miglioramenti ed a ritenerla, circostanza da cui derivava che il cespite oggetto del contratto doveva considerarsi gravato da un onere che doveva calcolarsi, in detrazione, dal valore di stima. Il motivo è manifestamente infondato: l’atto di rettifica impugnato è relativo al valore dei diritti reali acquistati dalla Società, sicchè la disciplina in materia di possesso non è richiamata a proposito, e, peraltro, il diritto di ritenzione, di cui all’art. 1152 c.c., si configura come un semplice mezzo di autotutela di determinati crediti, dalla cui esistenza non è scindibile (cfr. Cass n. 9267/2010), e non come un autonomo diritto di godimento del bene e tanto meno come un onere reale sullo stesso.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio di legittimità tra la ricorrente ed il Ministero, mentre, nei rapporti con l’Agenzia, le spese vanno regolate secondo il criterio della soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per competenze, oltre alle spese prenotate a debito.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le spese, rigetta il ricorso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore dell’Agenzia, liquidate in Euro 8.200,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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