Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6928 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 02/03/2022), n.6928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15646-2020 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ACUTO 61/63,

presso lo studio dell’avvocato CARMELO MONACO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

APENNINE ENERGY s.p.a., in persona dell’amministratore delegato pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VENTI SETTEMBRE, 1,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO LECCESE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CARMELITA RIZZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1122/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/2/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 3/2/2022 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI

ALBERTO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’assemblea dei soci di Consul Service s.r.l. (ora Apennine Energy s.p.a.), con Delib. 15 febbraio 2007, rideterminava il compenso del membro del consiglio di amministrazione C.G. in Euro 19.300 per l’anno 2007, nominando nel contempo Luigi Cacchioni alla carica di presidente del consiglio di amministrazione.

L’assemblea, con successiva Delib. 23 maggio 2008, preso atto delle dimissioni di due membri del consiglio di amministrazione e della conseguente decadenza dell’organo amministrativo, provvedeva alla nomina di un nuovo consiglio di amministrazione.

2. Il Tribunale di Roma rigettava l’impugnazione di tali delibere presentata da C.G. in veste di amministratore.

In particolare, accertava, in via preliminare, la validità della Delib. 2008, in quanto, quand’anche si fosse convenuto sul fatto che Ca.Lu. non rivestisse più a quell’epoca la carica di presidente del consiglio di amministrazione in ragione delle dimissioni in precedenza rassegnate, si sarebbe comunque dovuto rilevare che questi aveva legittimamente presieduto l’assemblea, in mancanza del presidente del consiglio di amministrazione, quale persona designata dal consesso a dirigere la riunione.

Ne deduceva, stante la legittimità della delibera con cui il C. veniva revocato dall’incarico di amministratore, il difetto di legittimazione del C. a impugnare in tale veste la delibera del 2007.

3. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 13 febbraio 2020, respingeva l’impugnazione proposta da C.G..

Osservava, per quanto qui di interesse, che la delibera del 2007 (il cui contenuto non poteva essere ritenuto in contrasto con alcuna norma imperativa) non poteva essere impugnata dal C., che non era né socio né amministratore, essendo cessato da tale carica per effetto della successiva deliberazione.

Rilevava poi, rispetto alla delibera del 2008, che il socio unico Consul Oil & Gas ltd. aveva partecipato all’assemblea a mezzo di D.G., collegato in videoconferenza; il tema del difetto di legittimazione di quest’ultimo a rappresentare Consul Oil & Gas ltd. costituiva – a parere dei giudici distrettuali – una domanda nuova e inammissibile, ex art. 345 c.p.c., dato che la stessa risultava estranea al contenuto dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, e comunque infondata, essendo onere di parte appellante dimostrare che il D. non fosse il legale rappresentante della compagine che era unica socia di Apennine Energy s.p.a..

4. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso Gino C. prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso Apennine Energy s.p.a..

Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Il primo motivo di ricorso denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto la Corte di merito, a fronte di un’impugnazione che denunciava, in primis, la nullità della delibera del 2008 perché l’assemblea era stata presieduta da chi non rivestiva più la carica di presidente del consiglio di amministrazione, ha totalmente omesso di motivare al riguardo.

6. Il motivo è fondato.

La censura, volta a lamentare l’assenza di alcuna motivazione in ordine a uno dei motivi di appello proposti (e dunque da qualificare, più propriamente, come denuncia di un’omissione di pronuncia ex art. 112 c.p.c., piuttosto che di motivazione, dato che l’omesso esame prospettato concerne una domanda introdotta in giudizio attraverso i motivi di impugnazione; cfr. Cass. 1539/2018, Cass. 25761/2014), assume che la decisione impugnata abbia completamente tralasciato di affrontare la questione della legittimità della presidenza dell’assemblea tenutasi 23 maggio 2008 da parte di Luigi Ca..

Il motivo di impugnazione – come ricorda l’odierno ricorrente non solo rappresentando (a pag. 13) di aver eccepito la nullità della delibera in discorso in quanto presieduta da un soggetto che non era più presidente del consiglio di amministrazione, ma anche riportando (a pag. 10) il passaggio della decisione impugnata in cui (a pag. 8) si dà espresso conto che “l’appellante C. ripropone la censura relativa alla mancata legittimazione del sig. Ca. a presiedere l’assemblea, in quanto non legittimato dallo statuto, avendo rassegnato le dimissioni il 15 maggio 2008. Il Tribunale avrebbe errato in quanto l’autorizzazione del socio unico a presiedere l’assemblea conferita a un terzo doveva emergere dal verbale di assemblea” -, in effetti, è stato registrato come proposto dalla Corte di merito, la quale però, pur respingendo l’appello, non si è soffermata in alcun modo ad affrontare ex professo la questione.

Un simile vizio di omessa pronuncia determina la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 112 c.p.c..

7. Il secondo motivo deduce l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 2697 e 1362 c.c., in quanto il socio unico Consul Oil & Gas ltd. non poteva ritenersi rappresentato in assemblea da D.G., per mancanza di procura e perché il medesimo, quale membro del consiglio di amministrazione della compagine, non poteva esserne il procuratore.

La Corte di merito – in tesi di parte ricorrente – ha erroneamente ritenuto che la questione fosse nuova, dato che la stessa era stata posta “fin dal primo atto istruttorio”.

8. Il motivo è inammissibile.

La Corte distrettuale, nel rilevare la novità della domanda presentata dall’appellante in merito ai poteri di D.G. di rappresentare il socio unico Consul Oil & Gas ltd., ha sottolineato che “con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado” il C. aveva dedotto la nullità della delibera del 2008 soltanto perché era stata presieduta da soggetto non legittimato.

In questo modo i giudici distrettuali hanno inteso porre in evidenza come il thema decidendum fosse stato espressamente perimetrato all’interno dell’atto introduttivo del giudizio, dovendosi considerare inammissibile ogni domanda nuova presentata con l’atto di impugnazione ed estranea ai temi proposti in sede di avvio della lite.

A fronte di questo rilievo l’odierno ricorrente assume che nessuna violazione dell’art. 345 c.p.c. poteva essere ravvisata, dato che l’eccezione di mancata presenza di Consul Oil & Gas ltd. era stata posta fin dal primo atto istruttorio, come comprovato dall’ordine di esibizione disposto all’udienza del 28 marzo 2011 “in accoglimento della istanza di cui alla memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2 del C., nonché le deduzioni a verbale all’udienza del 31/10/2011”.

Simili argomenti sono, innanzitutto, del tutto generici, visto che non illustrano con la dovuta autosufficienza dove e come il tema era stato espressamente posto (in merito all’autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di riferimento a documenti o atti processuali, i quali non solo devono essere specificamente individuati anche quanto alla loro collocazione, ma altresì devono essere oggetto di integrale trascrizione quanto alle parti che sono oggetto di doglianza ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto si vedano Cass. 16900/2015, Cass. 4980/2014, Cass. 5478/2018, Cass. 14784/2015 e Cass. 8569/2013).

Gli assunti difensivi, peraltro e soprattutto, non affrontano il tema processuale posto dalla Corte di merito, secondo cui il thema decidendum è segnato dall’atto introduttivo del giudizio, e lo eludono attraverso riferimenti ad atti intervenuti quando, oramai, non era più possibile esercitare neppure il potere di emenda previsto dall’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1.

Ne discende, per altro verso, l’inammissibilità del profilo di doglianza in esame, posto che il ricorso per cassazione deve cogliere e contestare specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass. 19989/2017).

9. La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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