Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6927 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 25/03/2011), n.6927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29993/2006 proposto da:

R.R.F., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARCHIO’ MARIO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA ENTRATE-UFFICIO MIRANDOLA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 91/2005 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 09/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza della Commissione tributaria regionale di Bologna depositata il 9 settembre 2005, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, è stata negata a R.R.F. la spettanza delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima casa.

In particolare, in relazione all’atto di compravendita registrato il 7 novembre 1997, il giudice a quo ha ritenuto che il termine di un anno dall’acquisto, all’epoca prescritto dalla legge per stabilire la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile, avendo natura decadenziale, scatta se il contribuente non abbia preso la residenza nella casa acquistata.

Aggiunge che solo dalla scadenza di tale termine inizia a decorrere il triennio concesso dalla legge all’amministrazione per esercitare la sua pretesa per maggiori imposte dovute; sicchè conclude la decisione affermando che l’avviso di liquidazione è stato tempestivamente notificato al contribuente inadempiente il 14 marzo 2001.

Ricorre per la cassazione di tale pronuncia il soccombente adducendo due motivi; l’amministrazione non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

A. Con il primo motivo, il ricorrente afferma: “L’appello proposto dall’agenzia delle entrate di Mirandola dinanzi alla CTR di Bologna risulta inammissibile in quanto notificato ad uno solo dei due difensori che disgiuntamente assistevano Righi Riva Federico. La costituzione di due procuratori necessitava la notifica dell’atto ad entrambi, a maggior ragione, se, come nel caso di specie, ambedue domiciliatati al medesimo indirizzo. A tale omissione consegue, dunque, la nullità della notifica con conseguente nullità del giudizio di secondo grado”. Il motivo è inammissibile.

B. Manca, finanche graficamente, qualsiasi riferimento alle norme processuali che sarebbero state violate dai giudici d’appello e se tale eventuale violazione sia censurata quale violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, ovvero quale ragione di nullità del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4.

C. Manca, inoltre, dinanzi alle argomentazioni dei giudici d’appello secondo cui è la parte sostanziale (il contribuente) la destinataria dell’atto d’appello anche se la notifica del gravame si perfeziona di norma per il tramite del difensore officiato nel grado precedente e il difensore presso cui ha avuto seguito la notifica dell’impugnazione è investito da ogni potere correlato al mandato difensivo rilasciatogli in prime cure, qualsivoglia argomentazione specificamente critica, risolvendosi il motivo in un generico dissenso palesato con una semplice contrapposizione antitetica.

D. Nè risultano in alcun modo esaminate, in ricorso l’interpretazione dell’art. 330 c.p.c., la giurisprudenza sull’irrilevanza del doppio difensore (es. Cass. nn. 22542 del 2007, 11008 del 2006, 5759 del 2004, 15624 del 2002, 2967 del 1986) e la conseguenza giuridica dell’avvenuta costituzione della parte in appello.

E. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della pronuncia di merito e assume che il termine decadenziale andava computato a partire dalla registrazione dell’atto. Il motivo è manifestamente inammissibile.

F. In esso manca, finanche graficamente, qualsiasi riferimento alle norme sostanziali che sarebbero state violate dai giudici d’appello e se tale eventuale violazione sia censurata quale violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, ovvero quale ragione di vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5.

G. Inoltre, dinanzi all’orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 1196 del 2000) richiamato a conforto della decisione di merito dai giudici d’appello (e successivamente ribadito da Sez. 5^ n. 12988 del 2003; cfr. anche n. 24926 del 2009), manca qualsivoglia argomentazione specificamente critica, risolvendosi il motivo in un generico dissenso palesato, ancora una volta, con una semplice contrapposizione antitetica.

H. Invero, nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 2707 del 2004 e 11501 del 2006).

I. Risulta, quindi, inammissibile, anche riguardo alle sentenze emesse prima della novella processuale del 2006, la deduzione di errori di diritto neppure individuati per mezzo della preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate e, inoltre, “…

non dimostrati per mezzo di una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata” (sent.

ult. cit.).

Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile; nulla va statuito sulle spese mancando attività difensiva della controparte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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