Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6927 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 11/03/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 11/03/2021), n.6927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1054/2020 proposto da:

M.S., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difeso dall’avvocato ANDREA MAESTRI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA SEZ.

FORLI’ – CESENA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato

e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui

Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 5470/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA,

depositato il 15/11/2019 R.G.N. 5800/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con decreto del 15.11.2019 n. 5470 il Tribunale di Bologna, rigettando il ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, proposto avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, ha respinto le istanze volte al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, avanzate in via gradata da M.S., cittadino del (OMISSIS).

2. Come si legge nel gravato decreto il richiedente aveva dichiarato di essere fuggito dal paese di origine il (OMISSIS) e di essere arrivato in Italia, passando per la Libia, il (OMISSIS); che era stato costretto a partire per le condizioni di estrema povertà in cui viveva con la sua famiglia perchè la sua casa era stata distrutta da una esondazione; che, a seguito di tale episodio, morto il padre, aveva deciso di lasciare il Paese di origine vendendo un terreno del nonno e contraendo un debito con un usuraio, che peraltro continuava ad esercitare forti pressioni sulla famiglia consistenti in minacce fisiche e verbali.

3. Il Tribunale, a fondamento della decisione, ha escluso il riconoscimento dello status di rifugiato non ravvisando nel racconto motivi di persecuzione; ha rilevato che non ricorrevano le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), (condanna a morte o esecuzione della pena di morte a seguito di provvedimento di condanna – tortura o altra forma di trattamento disumano) per la protezione sussidiaria nè quella di cui all’art. 14, lett. c), in considerazione della situazione non pericolosa ravvisata in Bangladesh sulla base delle fonti consultate; ribadita, poi, una valutazione di inattendibilità e di genericità del racconto, ha sottolineato l’assenza di presupposti per ottenere la protezione umanitaria non essendo sufficiente, ai fini di ritenere una possibile integrazione in Italia, la frequentazione di corsi o lo svolgimento di attività lavorativa, nè che era stata allegata una condizione di particolare vulnerabilità in caso di rimpatrio ne Paese di origine.

4. Avverso tale provvedimento M.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Cost., comma 3, artt. 13,29,32 Cost.; artt. 2, 3, 4 e 8 CEDU; art. 13 Dichiarazione Universale Diritti Umani, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, art. 5, commi 4 e 6, art. 19, comma 1 e 1.1; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere il Tribunale felsineo ossequiato, con specifico riferimento alla protezione umanitaria, al dovere di cooperazione istruttoria su di esso incombente D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8.

3. Con il secondo motivo si censura l’omesso esame, circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, costituito dalle seguenti circostanze: a) la condizione del richiedente all’ingresso in Italia e al momento di presentazione della domanda di protezione internazionale; b) la condizione di migrante climatico; c) il periodo trascorso in Libia dove il richiedente era stato sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.

4. I due motivi, che per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica, devono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione con specifico riferimento alla condizione di migrante climatico del richiedente.

5. Giova premettere che il giudizio di inattendibilità del Tribunale è da ritenere limitato solo ad alcuni passi della seconda audizione del richiedente, in particolare alla parte in cui ha fatto riferimento alle minacce ricevute dalla madre dall’usurario cui si era rivolto e di cui non aveva fatto cenno alla Commissione territoriale la quale aveva, invece, considerato plausibile il narrato; il suddetto giudizio di non credibilità non ha, invece, investito anche il fatto che il S. fosse un migrante climatico che aveva perso, a seguito di un’alluvione, la propria casa e per la qual ragione si era trovato in condizioni di estrema povertà.

6. Vertendosi, quindi, in una ipotesi in cui il richiedente era emigrato a seguito di eventi calamitosi verificatisi nel Paese di origine (il discorso economico, infatti, può dirsi che rilevi in maniera indiretta e mediata), occorre tener conto che del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 20 bis, introdotto dal D.L. n. 113 del 2018, conv. dalla L. n. 132 del 2018, ancorchè non applicabile “ratione temporis”, ha espressamente previsto un particolare permesso di soggiorno da concedere quando nel Paese di origine dello straniero vi sia una situazione di contingente ed eccezionale calamità, così tipizzando una condizione di vulnerabilità già tutelabile. Ne consegue che ai fini della valutazione della vulnerabilità del richiedente, deve ritenersi rilevante anche la sussistenza della menzionata situazione di calamità (cfr. Cass. n. 2563 del 2020).

7. Nella specie, il Tribunale non ha approfondito tale problematica e, in virtù dei poteri officiosi istruttori, avrebbe dovuto considerare, ai fini della valutazione di vulnerabilità del richiedente, la sussistenza della richiamata condizione di calamità e, quindi, accertare se la migrazione trovava il proprio fondamento in una scelta dettata da ragioni connesse alla sopravvivenza ovvero al godimento dei diritti fondamentali (Cass. n. 18817 del 2020).

8. Per l’obbligo del giudice di acquisire informazioni sulla reale ed attuale situazione del paese di origine (cd. cooperazione istruttoria) è sufficiente, infatti, che la narrazione del richiedente, come nel caso di specie, sia vera, reale e, quindi, credibile (Cass. n. 15794 del 2019; Cass. n. 14668 del 2020).

9. In conclusione, pertanto, il provvedimento impugnato deve essere cassato in relazione ad entrambi i motivi, per quanto di ragione, con rinvio al Tribunale di Bologna, in diversa composizione che, attenendosi ai principi sopra esposti, procederà all’ulteriore esame del merito della controversia, provvedendo, altresì, anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa il provvedimento in relazione alle censure accolte e rinvia al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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