Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6922 del 17/03/2017
Cassazione civile, sez. trib., 17/03/2017, (ud. 17/01/2017, dep.17/03/2017), n. 6922
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3210/2013 R.G. proposto da:
FARCOPREF s.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giovanni
Bonora, Eros Palei ed Arnaldo Vergano, elettivamente domiciliata
presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla via delle Fornaci n.
44, per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei
Portoghesi n. 12 è domiciliata;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Friuli
Venezia Giulia n. 6/1/12 depositata il 16 gennaio 2012;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2017
dal Consigliere Enrico Carbone;
Udito l’Avv. Gianna Galluzzo per la controricorrente;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Federico Sorrentino, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Su ricorso della FARCOPREF s.r.l., esercente attività di fabbricazione di strutture metalliche, la Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone annullava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei confronti della società in applicazione degli studi di settore per recupero IRAP e IVA anno d’imposta 2004.
La Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate, confermando l’avviso di accertamento e ponendo sulla contribuente le spese del doppio grado.
FARCOPREF s.r.l. ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria.
L’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso.
Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 62-sexies (recte D.L. n. 331 del 1993, conv.) L. n. 427 del 1993, art. 49 (recte art. 39), D.P.R. n. 600 del 1973, comma 1, lett. d, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, per aver il giudice d’appello ritenuto applicabile lo studio di settore malgrado l’anormalità della situazione aziendale.
1.1. Il motivo è inammissibile.
L’accertamento tributario standardizzato mediante utilizzazione degli studi di settore è escluso per i contribuenti che non si trovino in un periodo di normale attività (L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4).
L’esclusione ha una ratio di tutela del contribuente (Cass. 3 aprile 2013, n. 8066, Rv. 626302), ove egli versi in situazioni anomale come la liquidazione societaria (Cass. 15 luglio 2015, n. 14762, Rv. 636121).
Nella specie, tuttavia, il giudice d’appello ha accertato in fatto la normalità dell’andamento aziendale sulla base delle allegazioni erariali, relative tra l’altro all’incremento dei ricavi anno su anno e all’effettuazione di un acquisto immobiliare nel periodo in accertamento: il motivo non attinge questo accertamento in fatto.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia insufficiente motivazione circa il fatto decisivo e controverso dell’anormalità della situazione aziendale.
2.1. Il motivo è inammissibile.
La sufficienza della motivazione emerge da quanto rilevato al p. 1.1; diretta in realtà a ottenere una revisione decisoria, la censura è inammissibile finanche nel più liberale regime – operante ratione temporis – anteriore alla L. n. 134 del 2012 (Cass. 28 marzo 2012, n. 5024, Rv. 622001; Cass. 7 gennaio 2014, n. 91, Rv. 629382).
3. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies conv. L. n. 427 del 1993, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, art. 2697 c.c., per non aver il giudice d’appello valutato la prova contraria alla presunzione di maggior reddito.
3.1. Il motivo è inammissibile.
La violazione dell’art. 2697 c.c. è configurabile per l’attribuzione dell’onere e non per la valutazione della prova (Cass. 5 settembre 2006, n. 19064, Rv. 592634; Cass. 17 giugno 2013, n. 15107, Rv. 626907).
Nella specie, la denuncia della violazione di legge è dichiaratamente indirizzata a conseguire una rivalutazione probatoria, ciò che esula dal perimetro istituzionale della giurisdizione di legittimità.
4. I motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili e le spese di questo giudizio vanno regolate per soccombenza.
PQM
Dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017