Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6922 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2022, (ud. 03/02/2022, dep. 02/03/2022), n.6922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16348-2020 proposto da:

LABORATORIO ANALISI CLINICHE DOTT. G.B. E DOTT.

GI.BA. s.s., in persona dei suoi soci amministratori

B.G. e BA.GI., anche in proprio, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PIEMONTE 32, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE SPADA, rappresentati e difesi dall’avvocato SEBASTIANO

SALLEMI;

– ricorrenti –

contro

BA.SA., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dagli

avvocati (OMISSIS) e GUGLIELMO BARONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2418/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 6/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 3/2/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Ba.Sa., a seguito del proprio recesso dalla società Laboratorio Analisi Cliniche del Dott. G.B. e del Dott. Gi.Ba. & c. s.s., conveniva in giudizio la medesima compagine nonché personalmente i soci G.B. e Gi.Ba. chiedendo la liquidazione della propria quota (pari al 32,50%).

2. Il Tribunale di Ragusa, valorizzata la quota del Ba.Sa. in complessivi Euro 366.157,29 e detratti gli acconti ricevuti, condannava i convenuti in solido al pagamento in suo favore di Euro 177.403,60 nonché a rimettere all’attore la sua quota parte dei compensi per prestazioni nei confronti dell’AUSL relative all’ultimo bimestre 1997, ancora in contenzioso, immediatamente dopo la riscossione.

3. La Corte d’appello di Catania, una volta rinnovata la consulenza tecnica d’ufficio, rideterminava la quota del Ba.Sa. in Euro 432.652, condannando la società Laboratorio Analisi Cliniche del Dott. G.B. e del Dott. Gi.Ba. & c. s.s., G.B. e Gi.Ba. al pagamento di tale somma, detratti gli acconti versati.

4. Questa Corte, con ordinanza n. 17495/2018, rilevava che “la Corte d’Appello, facendo proprie le valutazioni del C.t.u. nominato nel corso del secondo grado del giudizio, ha erroneamente ritenuto che i crediti di cui al capo B) fossero stati già riscossi, e li ha arbitrariamente ricompresi nella somma che doveva essere corrisposta al socio receduto”, constatava che “dalla lettura della decisione della Corte territoriale emerge che, effettivamente, nel proporre la sua impugnazione Ba.Sa. non aveva contestato l’emesso ordine di immediato, e non differito, pagamento dei crediti di cui al capo B), ed il vizio di ultrapetizione risulta, pertanto, effettivamente sussistere” e, in accoglimento del ricorso presentato da Laboratorio Analisi Cliniche del Dott. G.B. e del Dott. Gi.Ba. & c. s.s., G.B. e Gi.Ba., disponeva che la Corte territoriale procedesse “a calcolare nuovamente l’importo e la decorrenza delle somme che devono essere corrisposte a Ba.Sa.”.

5. La Corte d’appello di Catania in sede di rinvio, “effettuando il ricalcolo dell’importo, con esclusione delle somme di cui al capo B) della sentenza di primo grado (pari a Euro 30.482)”, determinava l’importo complessivamente dovuto al Ba.Sa. in Euro 402.170, detraeva gli acconti ricevuti, “pari a Euro 188.753,69”, e condannava di conseguenza gli appellati in solido al pagamento in favore di Ba.Sa. dell’importo di Euro 213.416,31.

Compensava, infine, nella misura di un terzo le spese del grado di appello, del giudizio di cassazione e di quello di rinvio e poneva i restanti due terzi a carico degli appellati in solido.

6. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 6 novembre 2019, hanno proposto ricorso Laboratorio Analisi Cliniche del Dott. G.B. e del Dott. Gi.Ba. & c. s.s., G.B. e Gi.Ba. prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso Ba.Sa..

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

7. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, artt. 383 e 394 c.p.c., perché la Corte distrettuale ha rideterminato il valore della quota sociale di spettanza di Ba.Sa. senza limitarsi a espungere gli importi di cui al capo B) della sentenza di primo grado (pari a Euro 30.482), ma detraendo pure gli acconti già corrisposti, che ha erroneamente quantificato nella somma di Euro 188.753,69.

8. Il motivo è inammissibile.

Il mezzo in esame lamenta, nella sostanza, che la Corte di merito si sia spinta a individuare l’importo degli acconti versati (determinandoli erroneamente in Euro 188.753,69 piuttosto che in Euro 229.008,53, somma versata – a dire dei ricorrenti – a seguito della pronuncia della sentenza di primo grado), quando era chiamata soltanto a espungere gli effetti del vizio di ultrapetizione rilevato in sede di legittimità.

Ora, la decisione impugnata registra (a pag. 2) che “il Tribunale di Ragusa, all’esito del giudizio, tenuto conto che il valore della quota era pari ad Euro 366.157,29, e detratti gli acconti ricevuti, condannava i convenuti in solido al pagamento, in favore di Ba.Sa., dell’importo di Euro 177.403,60”.

Se ne ricava, per differenza fra l’importo ritenuto dovuto e l’ammontare della statuizione di condanna, che l’entità degli acconti corrisposti era stata accertata come pari a Euro 188.753,69.

Gli odierni ricorrenti, pur assumendo di aver corrisposto una somma superiore all’importo degli acconti considerato dal Tribunale, hanno dato atto (a pag. 4 del ricorso) di non aver presentato appello incidentale su questo specifico punto.

L’acquiescenza determinata, ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2, da una simile portata dell’impugnazione comportava l’obbligo per la Corte distrettuale, nell’effettuare il ricalcolo dell’importo dovuto secondo lo schema già seguito nel precedente sviluppo del procedimento (in applicazione del quale occorreva determinare il valore della quota, detrarre gli acconti già versati e individuare l’entità della statuizione di condanna, a cui poi si sarebbero aggiunte le somme di cui al capo B della sentenza di primo grado), di detrarre gli acconti nella misura oramai definitivamente accertata.

La critica in esame risulta, quindi, inammissibile in questa sede, essendo volta a porre in contestazione una parte della sentenza di primo grado a cui gli odierni ricorrenti avevano prestato acquiescenza.

9. Il secondo motivo di ricorso assume la nullità della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione e la violazione dell’art. 112 c.p.c., poiché la Corte di merito ha rideterminato le spese relative al giudizio di appello, compensandole per un terzo e ponendo la residua parte a carico degli odierni ricorrenti, malgrado Ba.Sa. non avesse proposto alcun ricorso incidentale in sede di legittimità al fine di porre in contestazione la statuizione assunta a questo proposito dalla Corte d’appello; allo stesso modo il Ba.Sa., nell’ambito del giudizio di rinvio, non aveva avanzato alcuna richiesta in tal senso.

10. Il motivo non è fondato.

Il principio, fissato dall’art. 336 c.p.c., comma 1, secondo il quale la cassazione parziale ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti da quella cassata (cosiddetto effetto espansivo) comporta che la caducazione, in sede di legittimità, della pronuncia nel merito del giudice di appello, ancorché limitata ad un capo di essa, si estende alla statuizione relativa alle spese processuali, con necessità della rinnovazione della relativa statuizione all’esito della lite (Cass., Sez. U., n. 10615/2003, Cass. n. 10378/1995).

Nessun vizio di ultrapetizione può quindi essere predicato, dato che il giudice del rinvio, tenuto conto dell’effetto espansivo della cassazione parziale pronunziata da questa Corte, ha provveduto ad una nuova regolazione delle spese di lite, in applicazione del disposto degli artt. 91 e 92 c.p.c..

11. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., perché la Corte di merito ha compensato le spese del giudizio di cassazione e del giudizio di rinvio nella misura di un terzo, ponendo la residua parte a carico degli odierni ricorrenti, benché questi ultimi fossero risultati integralmente vincitori tanto nel giudizio di legittimità, quanto nel successivo giudizio di rinvio. La Corte d’appello avrebbe dovuto, invece, condannare il Ba. al pagamento integrale delle spese di lite o, ove avesse optato, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., per una compensazione parziale, porre la residua parte a carico dello stesso Ba..

12. Il motivo risulta in parte infondato, in parte inammissibile.

12.1 La Corte d’appello, nel provvedere alla regolazione delle spese di lite, doveva tenere conto non dell’esito delle singole fasi del procedimento, ma dell’esito complessivo della lite.

In vero, il giudice del rinvio, al quale la causa sia rimessa dalla Corte di cassazione anche perché decida sulle spese del giudizio di legittimità, è tenuto a provvedere sulle spese delle fasi di impugnazione, se rigetta l’appello, e su quelle dell’intero giudizio, se riforma la sentenza di primo grado, secondo il principio della soccombenza applicato all’esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi dello stesso ed al loro risultato (Cass. n. 15506/2018, Cass. n. 28698/2019, Cass. n. 7243/2006).

12.2 Il sindacato della Corte di cassazione in tema di spese processuali è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa.

E che nel caso di specie gli odierni ricorrenti non fossero totalmente vittoriosi ne dà conto il provvedimento impugnato, laddove, nel valutare l’esito complessivo della lite, fa riferimento all’accoglimento parziale della domanda in origine presentata dal Ba.Sa..

Non può poi essere censurata in questa sede né la pronuncia di parziale compensazione delle spese, né la determinazione delle quote in cui le spese processuali sono state ripartite.

Difatti, la valutazione dell’opportunità di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi ex art. 92 c.p.c., comma 2, (nel testo applicabile ratione temporis in relazione alla data di originaria instaurazione del giudizio), rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (cfr. Cass. n. 24502/2017, Cass. n. 8241/2017).

Allo stesso modo la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità (Cass. n. 2149/2014, Cass. n. 30952/2017, Cass. n. 14459/2021).

13. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.500, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

 

 

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