Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6920 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 25/03/2011), n.6920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Giuseppe Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.R., L.P.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 46/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

FOGGIA, depositata l’11/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto registrato il 27.1.1987 L.P.G. riceveva in donazione da Raffaella Cantatore un terreno in Cerignola, il cui valore finale veniva dichiarato dalle parti in L. 60.000.000, e che, con successivo atto registrato in data 18.1.1988, veniva poi dalla donataria alienato a terzi per il corrispettivo dichiarato di L. 74.000.000.

Con riferimento a detti atti l’Ufficio del registro notificava ai contraenti due distinti avvisi di accertamento con i quali rettificava il valore del terreno in L.. 128.600.000, sul presupposto che “nel vigente P.R.G. l’intero fondo ricadesse in zona D3 industriale”. Sia la Cantatore che la L.P. impugnavano l’avviso di accertamento relativo alla donazione, ed analogo ricorso proponeva la sola L.P. avverso l’analogo atto notificatole relativamente alla successiva vendita, rilevando in entrambi i casi l’infondatezza della diversa valutazione sostenuta dall’Ufficio per l’inutilizzabilità dell’unico atto proposto in comparazione, in quanto relativo a terreno che, ricadendo in zona DI, non presentava le stesse caratteristiche di quello oggetto degli atti tassati, e per l’intervenuta decadenza del P.R.G. e la C.T.P. di Foggia, riuniti i giudizi, annullava entrambi gli accertamenti.

Avverso tale decisione proponeva gravame l’Ufficio, ma la C.T.R. della Puglia, con sentenza n. 46/25/05 depositata in data 11.4.2005 e non notificata, rigettava l’appello ribadendo la condivisione di entrambe le argomentazioni poste dalla contribuente a sostegno della sua impugnazione.

Per la cassazione della sentenza di secondo grado proponeva quindi ricorso, notificato il 28/4/2006 alle contribuenti, con l’articolazione di due motivi.

Nessuna difesa svolgevano nel presente giudizio le intimate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo ha dedotto l’Agenzia il vizio di violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, per aver il giudice di merito annullato gli accertamenti, legittimamente emessi in forza della citata disposizione in considerazione della destinazione edificatoria del terreno, avuto riguardo non già allo strumento urbanistico effettivamente vigente al momento degli atti tassati, bensì a quanto successivamente verificatosi per la mancata approvazione del piano particolareggiato e la conseguente adozione, nel 2004, di un nuovo P.R.G. che aveva inserito il terreno in questione nella zona “E” di natura agricola, e non più nella zona “D”.

Il motivo è infondato. La censura, infatti, così come concretamente articolata in ricorso, sembra attribuire al giudice di merito la convinzione della illegittimità degli atti impugnati per un vizio del procedimento, e più propriamente per la non rettificabilità dei valori dichiarati, in forza della citata disposizione normativa.

L’attenta lettura della sentenza impugnata consente invece di affermare che la C.T.R. della Puglia ha deciso la controversia, non già ritenendo la illegittimità degli atti impositivi in ragione della natura agricola, e non edificatoria, del terreno, e della conseguente non rettificabilità dei valori dichiarati (come sostenuto in ricorso dall’Agenzia), bensì entrando nel merito della valutazione sostenuta dall’Ufficio, con ciò evidentemente non rilevando alcun profilo di illegittimità nella procedura accertativa, ma ciò nonostante non condividendone, su) piano probatorio, le conclusioni per le ragioni ampiamente esposte a sostegno della decisione, e che legittimamente hanno riguardato, oltre che la non utilizzabilità dell’unico atto di comparazione offerto dall’Ufficio, la concreta vocazione edificatoria del terreno, riscontrabile anche alla stregua di quanto verificatosi nel lungo periodo di tempo già trascorso al momento della decisione.

A questo proposito non sarà superfluo evidenziare che quanto in sentenza scritto in ordine alla situazione edificatoria del terreno al momento della decisione, e con riferimento dunque al nuovo P.R.G. approvato nel 2004, risulta in realtà dedotto unicamente a conforto della convinzione già in precedenza espressa dal giudicante in ordine alla concreta vocazione del terreno, quale unico parametro rilevante per la stima del suo effettivo valore di mercato, e non certo per la diversa finalità adombrata in ricorso.

La controversia pone pertanto esclusivamente un problema di merito della valutazione proposta dall’Ufficio e va pertanto risolta avuto riguardo alla motivazione della sentenza, restando sicuramente escluso il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2 – Con il secondo motivo deduce la ricorrente il vizio di contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza, con esclusivo riferimento a quanto in essa si legge in ordine alla diversità di condizione dei terreni inseriti nelle zone DI e D2 del P.R.G. all’epoca dei fatti vigente nel Comune di Cerignola.

Anche questo motivo è infondato.

Il giudice di merito ha argomentato la contestata decisione evidenziando in via principale ed assorbente la non significatività dell’unico atto offerto in comparazione dall’Ufficio, in quanto relativo a terreno che non presentava caratteristiche similari a quello oggetto degli atti tassati, poichè ricadente in zona DI e non D2, espressamente rilevando in proposito che “dagli stessi certificati di destinazione urbanistica allegati sia all’atto di riferimento che alla donazione, si evince chiaramente come i terreni posti in zona “DI” sono suscettibili di ben diverso e maggiore sviluppo industriale rispetto a quelli posti in zona classificata “D2”.

Trattasi di valutazione di fatto, adeguatamente motivata e come tale non censurabile in sede di giudizio di legittimità (giurisprudenza consolidata; v. Cass. 30.3.2007, n. 7972; 16.1.2007, n. 828;

22.2.2006, n. 3881; 20.20.2005, n. 20322), tanto più che, nel caso di specie, su questo specifico aspetto il ricorso difetta di autosufficienza avendo la ricorrente riportato le caratteristiche edificatorie dei soli terreni inseriti nella zona DI del P.R.G. in questione, e non anche quelle dei terreni inseriti nella zona D2, impedendo con ciò a questa suprema Corte di verificare, sotto il profilo della razionalità, il convincimento espresso dal giudicante.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità nessuna difesa avendo svolto in esso le parti intimate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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