Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6920 del 17/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/03/2017, (ud. 17/01/2017, dep.17/03/2017),  n. 6920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 24905/13 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Carlo

Mirabello n. 25, presso lo Studio dell’Avv. Maria Francesca De

Pasqua, rappresentato e difeso dall’Avv. Angela Aliani, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 63/10/13 della Commissione Tributaria

Regionale della Puglia, depositata il 15 marzo 2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17

gennaio 2017 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. Angela Liliana Lagreca, per delega dell’Avv. Angela

Aliani, per il ricorrente;

udito l’Avv. dello Stato Gianna Galluzzo, per la controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 63/10/13 depositata il 15 marzo 2013 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate e – in riforma della decisione n. 162/04/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Bari – respingeva il ricorso promosso da C.M. contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) IVA 2005 con il quale venivano recuperati a tassazione Euro 72.000,00.

La CTR respingeva dapprima l’eccezione di inammissibilità dell’appello formulata dal contribuente per difetto del requisito della specificità dei motivi – requisito come noto richiesto dal D.Lgs. 21 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1 – statuendo che “ancorchè non enunciati numericamente i motivi d’appello, dalla lettura dell’atto risultavano chiaramente delineate le censure proposte”. Nel merito la CTR giudicava infondato il ricorso del contribuente perchè riteneva oggettivamente inesistente l’operazione di acquisto del trattore vendutogli dalla moglie, la quale l’aveva in precedenza acquistato sottoscrivendo cambiali dalla Società che aveva erogato al marito un finanziamento e che a sua volta l’aveva acquistato da altra società alla quale il contribuente l’aveva inizialmente venduta. La CTR riteneva inesistente l’operazione di sale & sale back perchè il finanziamento erogato era stato assolutamente superiore al valore del trattore, perchè quest’ultimo era in realtà sempre stato nella disponibilità del contribuente siccome dimostrato dal fatto che lo stesso era stato venduto a una società “cartiera” che l’aveva in modo fittizio venduto alla società che aveva erogato il prestito e che poi era ritornato alla moglie che aveva provveduto a rimborsare il mutuo “firmando” cambiali. Secondo la CTR si era quindi “in presenza di una vera e propria operazione di finanziamento dissimulata da una compravendita dello stesso bene” e con la quale il contribuente “si era costituito un credito IVA con conseguente danno all’erario”.

Il contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a otto motivi, a cui l’ufficio resisteva con controricorso.

Il contribuente depositata memoria in cui veniva tra l’altro evidenziato che il ricorso promosso dalla moglie del contribuente per identico fatto era stato accolto con sentenza in giudicato.

Diritto

1. Il giudicato favorevole è qui irrilevante perchè intervenuto tra parti diverse.

2. Con il primo articolato motivo di ricorso – rubricato “Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, e art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – Inammissibilità dell’atto d’appello per mancanza dei motivi specifici. Mancato rilievo del giudicato interno formato sulla pronuncia di primo grado – Decisione ultrapetita” – il contribuente deduceva che la CTR aveva errato a ritenere esistente il requisito della specificità dei motivi e questo anche perchè con l’atto d’appello l’ufficio si era limitato a riproporre la “tesi sostenuta nell’avviso di accertamento” ecc. e che inoltre dalla inammissibilità dell’atto d’appello sarebbe conseguito il passaggio in giudicato della prima decisione e comunque l’impossibilità di pronunciare senza violare l’art. 112 c.p.c. ecc..

Il motivo è infondato giacchè come noto la consolidata giurisprudenza della corte è nel senso che la specificità richiesta dal D.Lgs. n. 546 cit., art. 53, comma 1, è raggiunta quando con i motivi viene esattamente individuato il tema della decisione, come nella concreta fattispecie è avvenuto avendo l’agenzia criticato la CTP per non aver accertato l’inesistenza dell’operazione di vendita del trattore nonostante la documentazione in atti e le considerazioni in fatto e in diritto sottoposte (Cass. sez. trib. n. 3064 del 2012; Cass. sez. trib. n. 4784 del 2011).

2. Con l’ottavo motivo di ricorso da esaminarsi con precedenza logico giuridica rispetto agli altri – e rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento all’eccezione di nullità degli avvisi di accertamento per vizio di motivazione degli atti accertativi” – il contribuente lamentava che la CTR non avesse accolto l’eccezione di nullità dell’impugnato avviso per difetto di sua motivazione, in particolare denunciata sotto il profilo della mancata allegazione del PVC fonte d’innesco dell’accertamento.

Il motivo è inammissibile perchè – non avendo la CTR pronunciato sullo specifico punto – l’esatta censura che il contribuente avrebbe dovuto proporre era quella di violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. sez. lav. n. 22759 del 2014; Cass. sez. 3^ n. 1196 del 2007).

3. Con il secondo articolato motivo di ricorso – duplicemente rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, artt. 1414, 1470, 1322 e 1376 c.c., per aver illegittimamente limitato il diritto di detrazione per le fatture emesse per operazioni realmente effettuate, per aver erroneamente ritenuto le stesse fittizie e/o simulate, per aver ritenuto necessario, al fine di produrre l’effetto traslativo, la consegna dei beni, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, e “Omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla pretesa interposizione fittizia della Generaltractor S.r.l. – mancata valutazione della sentenza dei contratti prodotti” – il contribuente deduceva in breve sintesi che la CTR aveva errato a giudicare inesistente l’operazione ad es. perchè “mancava la consegna materiale dei beni” e mentre invece “proprio gli elementi che la CTR aveva utilizzato a sostegno della fittizietà delle operazioni deponevano a favore del contrario” e che la CTR nemmeno aveva esaminato “i documenti offerti”.

3.1. Con il terzo motivo di ricorso il contribuente censurava la CTR come da rubrica – per “Omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per mancata valutazione dei dati probatori offerti dal ricorrente e mancata valutazione di prove documentali fornite dal ricorrente in merito alla questione decisiva e controversa dell’inesistenza oggettiva delle operazioni”.

3.2. I motivi – che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione – sono inammissibili.

E questo perchè – in primo luogo – con la denunciata violazione di legge viene in realtà censurato l’accertamento del fatto della inesistenza dell’operazione (Cass. sez. lav. n. 7394 del 2010; Cass. sez. 1^ n. 4178 del 2007). E poi perchè – in secondo luogo – l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ora non consente più di censurare l’accertamento di un fatto, come è quello della inesistenza dell’operazione, sotto il profilo dell’omesso esame dei mezzi di prova e tanto meno sotto il profilo della valutazione dei medesimi (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014; Cass. sez. lav. n. 21439 del 2015; Cass. sez. lav. n. 14324 del 2015).

4. Con il quarto motivo di ricorso il contribuente censurava la CTR come da rubrica – per “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere limitato il diritto di detrazione dell’IVA regolarmente versata dal cedente e, quindi, in assenza di danno per le casse erariali, avendolo erroneamente individuato; violazione dei principi comunitari espressi dalla Corte di giust. EU nella causa 342/87 sentenza Genius Holding del 13 dicembre 1989 per aver limitato il diritto di detrazione IVA in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

4.1. Con il quinto articolato motivo di ricorso il contribuente censurava la CTR – come da rubrica – per “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver riscontrato la prova anche indiziaria che avrebbe dovuto fornire l’A.F. che fonda l’accertamento su un processo verbale di constatazione della G.d.F., non prodotto e per aver ritenuto indetraibile l’IVA in assenza di qualsivoglia prova circa il vantaggio fiscale ottenuto dal ricorrente: violazione dell’art. 132 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Omessa motivazione in ordine alla presunta prova fornita dall’ufficio”.

4.2. I motivi – che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione – sono il quarto infondato e il quinto inammissibile.

In effetti il quarto motivo è infondato perchè non c’è stata alcuna violazione di legge in quanto nella concreta fattispecie trattasi – secondo quanto accertato dalla CTR – di operazioni oggettivamente inesistenti che quindi non permettono la detrazione d’imposta. Difatti il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 1, consente la detrazione IVA soltanto per le operazioni che siano vere e reali (Cass. sez. 6^ n. 12111 del 2015; Cass. sez. trib. n. 24426 del 2013). Il quinto motivo è invece inammissibile perchè in realtà con la prima parte dello stesso non viene censurata una violazione di legge – e bensì l’accertamento in fatto compiuto dalla CTR circa la oggettiva inesistenza dell’operazione – un accertamento che quindi poteva censurarsi soltanto ai sensi e nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Disposizione quest’ultima che però come veduto – non comprende più il vizio motivazionale derivato dall’omesso esame di prove.

5. Con il sesto motivo di ricorso il contribuente censurava la CTR – come da rubrica – per “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 9, 14, 62, 63 e 167, art. 168, lett. a), art. 178, lett. a), punto 1 e art. 226, della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 19, art. 1189 c.c., nonchè dei principi indicati nella sentenza della Corte di giust. EU del 12.1.2006 (in cause c. 354/03, 355/03, e 484/03), 6.7.2006 (in cause c-439/04 e 440/04), 21.06.11 (cause g-80/11 e c-142/11), 6.09.2012 (causa c-285/11), dell’art. 2697 c.c., sotto il profilo della prova della buona fede in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè in assenza di danno per l’erario, neanche ipotizzabile, non può ritenersi che il ricorrente fosse in mala fede”.

5.1. Con il settimo motivo di ricorso il contribuente censurava la CTR come da rubrica – per “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per la mancata valutazione delle prove circa la buona fede del ricorrente”.

I motivi – che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione – sono il sesto infondato e il settimo assorbito.

Invero nella concreta fattispecie poichè secondo quanto accertato dalla CTR trattasi di operazioni oggettivamente inesistenti – cioè di mere espressioni cartolari che mai consentono la detrazione prevista dal D.P.R. n. 633 cit., art. 19, comma 1, – la rilevanza della buona fede deve essere esclusa (Cass. sez. 6^-T n. 18118 del 2016; Cass. sez. trib. n. 16437 del 2015). E con ciò è all’evidenza assorbita ogni questione circa l’accertamento in fatto della ridetta buona fede.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 2.500,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; dandosi atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del contribuente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del ridetto D.P.R. n. 155 cit., art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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