Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6917 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 11/03/2020), n.6917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 5379/2019 proposto da:

J.S., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso

la cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e difeso

dall’avvocato Chiara Maria Bruna Latorre che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato per

legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei

Portoghesi, 12;

– intimato –

avverso la sentenza 1525/2018 della Corte di appello di Catanzaro

depositata il 31.07.2018.

udita la relazione della causa svolta dal Cons. SCALIA Laura nella

pubblica udienza del 08/01/2020;

udito il P.m., in persona del Sostituto Procuratore Generale della

Corte di Cassazione CARDINO Alberto, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

udito il difensore avvocato Monica Basta, in sostituzione, che si è

riportata al ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1525 del 2018, ha rigettato l’impugnazione proposta da J.S., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del locale Tribunale che aveva respinto l’opposizione promossa dal primo avverso il diniego frapposto dalla competente Commissione territoriale al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

J.S. ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza con unico articolato motivo.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico articolato motivo il ricorrente, cittadino del Gambia che nelle dichiarazioni rese alla competente Commissione territoriale aveva indicato le ragioni del suo allontanamento dal proprio Paese e del rischio corso nel farvi rientro:

a) nelle minacce di morte ricevute perchè sostenitore di idee antigovernative – per la proclamazione delle quali il padre era stato dapprima condotto in prigione e quindi ucciso;

b) nel timore di venire di nuovo ristretto nelle prigioni – in cui si trovava in esito all’uccisione del proprio fratellastro, nel corso di una lite scoppiata per motivi legati alla divisione dell’eredità paterna -dopo la fuga e di subire trattamenti violenti, propri delle consuetudine carcerarie del Gambia;

denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 e art. 8, lett. e), del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g) e art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

La Corte di merito avrebbe formulato un giudizio sulla scarsa credibilità del richiedente per le dichiarazioni rese dinanzi alla Corte territoriale senza attivare i doveri ufficiosi D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3, ed omettendo di esaminare la domanda di protezione in forza di informazioni precise ed aggiornate sul Paese di origine del richiedente; avrebbe altresì omesso di riconoscere il diritto alla protezione internazionale come rifugiato omettendo di valutarne esistenti i presupposti in ragione degli atti di persecuzione dedotti e dei correlati motivi; avrebbe altresì mancato di valutare i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria e la sussistenza dei fattori di vulnerabilità soggettiva da cui riconoscere la protezione umanitaria.

Il motivo di ricorso è infondato per tutti i dedotti profili.

La Corte territoriale ha articolato il proprio giudizio sulla non credibilità soggettiva del racconto richiamando dello stesso circostanze non secondarie e di dettaglio, segnatamente valorizzando la genericità delle dichiarazioni quanto alla pretesa fuga, in alcun modo circostanziata, attuata dopo la prigionia e la condanna ai lavori forzati per l’uccisione del fratellastro ed il carattere squisitamente privato-familiare della vicenda che lo aveva vista contrapposto al fratellastro per ragioni ereditarie. Trattandosi di apprezzamento di merito esso resta fermo e. non è sindacabile in cassazione non essendo neppure dedotti i profili dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, della mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel resto vero è che nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità il giudizio sulla non credibilità del racconto assorbe nel successivo rilievo il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria per le ipotesi sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) (Cass. 31/1/2019 n. 3016).

Quanto alla protezione sussidiaria per l’ipotesi di cd. rischio Paese D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), la corte di appello con motivazione congrua che non si espone a censura in questa sede ha valutato la condizione di instabilità in cui versa il Gambia anche all’esito dell’elezione del nuovo presidente A.B., succeduto a Y.J., e le limitate libertà civili di cui gode la popolazione non integrative dello stato di conflitto armato legittimante la protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. c), escluso che il forte controllo esercitato dalle forze governative diano ragione dell’esistenza sul territorio nazionale di fenomeni di terrorismo.

Per pacifica giurisprudenza di questa Corte di legittimità, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (ex multis: Cass. n. 18306 del 08/07/2019).

La valutazione in termini squisitamente familistico – privati della vicenda che aveva determinato la prigionia del richiedente è stata altresì debitamente vagliata dalla Corte di merito ed il ricorso manca sul punto di ammissibilità non facendosi per esso valere dal ricorrente di avere tempestivamente dedotto dinanzi ai giudici di merito l’esistenza di trattamenti disumani all’interno delle carceri dello Gambia.

In ogni caso il giudizio sulla non credibilità del racconto non vinto in esito alle deduzioni difensive svolte in ricorso, che con il nucleo fondamentale di quel giudizio non si confrontano, escludono in radice il rilievo dell’indicata evidenza.

Il profilo del motivo di ricorso relativo al mancato riconoscimento del permesso per motivi umanitari, ferma la sua concedibilità nel sistema (SU n. 29459 del 13/11/2019) per la predicata, in ricorso, natura residuale ed atipica del rimedio, che lascerebbe spazio per il suo riconoscimento ad un catalogo aperto di situazioni alla cui sussistenza concorrono de residuo quelle ragioni destinate a non integrare la protezione maggiore, è generico non confrontandosi con la situazione in concreto dedotta non valendo in tal senso la mera deduzione di una grave instabilità del paese di origine peraltro esclusa in siffatti termini dalla Corte di appello.

Il richiamo al grado di integrazione raggiunto in Italia per l’esistenza di un rapporto di lavoro non meglio precisato e della conoscenza della lingua italiana non assolve con puntualità e specificità l’allegazione che manca, così, anche, di dare conto della sua tempestività dinanzi ai giudici di merito, il tutto a dare sostegno a quell’onere orizzontale di bilanciamento cui è tenuto il giudice del merito (SU n. 29459 cit.).

2. Il ricorso è in via conclusiva infondato.

Nulla sulle spèse non avendo l’Amministrazione intimata articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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