Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6917 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 6917 Anno 2016
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Ud.

Luciano Gilardenghi, elettivamente domiciliato in Roma,

via Merulana
Pierfrancesco

dall’avv.

67,

presso lo studio dell’avv.

Colasanti,

rappresentato e difeso

Camillo Scarselli, per procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di

Fallimento Brianza Montaggi 5.1. .1.;
Intimato avverso la sentenza n. 435/09 della Corte d’appello di
Milano emessa in data 27 gennaio 2009 e depositata il

1

19/01/16

Data pubblicazione: 08/04/2016

12 febbraio 2009, R.G. n. 1448/07;
sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto
procuratore generale dott. Luigi Salvato che

ha

concluso per il rigetto del ricorso;

Rilevato che:

in giudizio davanti al Tribunale di Milano Luciano
Gilardanghi esponendo i seguenti fatti. Con
sentenza n. 7336/03,

il Tribunale di Milano aveva

respinto l’azione sociale di responsabilità
proposta dalla curatela fallimentare nei confronti

di Luciano Gilardenghi e aveva condannato il
Fallimento al pagamento delle spese del giudizio
liquidate in 8.142,28 euro. Sulla base di tale
titolo Gilardenghi aveva notificato un atto di
precetto, per l’importo di 9.476,84 euro, oltre
IVA, e, stante il mancato pagamento, aveva
iniziato l’esecuzione con atto di pignoramento
presso terzi

sul conto corrente intestato

alla

procedura fallimentare presso Banca Intesa. Il
giudice dell’esecuzione aveva assegnato le somme
pignorate che erano state incassate dal
Gilardenghi per l’importo di euro 13.489,35.
2. Il Fallimento ha dedotto che l’esecuzione era
stata intrapresa in violazione dell’art. 51 L.F. e
ha

chiesto,

previa

declaratoria

di

inammissibilità, nullità o inefficacia della

2

1. Il Fallimento Brianza Montaggi s.r.l. ha convenuto

procedura esecutiva, la condanna del Gilardenghi
alla restituzione della somma incassata.
3. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 1919 del
2007 ha accolto la domanda rilevando che, anche se
creditore in prededuzione, il Gilardenghi non
poteva esercitare alcuna azione esecutiva

al disposto dell’art. 51 L.F. ma chiedere
l’ammissione al passivo e partecipare alla
ripartizione dell’attivo all’esito del
provvedimento del giudice delegato.
4. La Corte di appello di Milano, con sentenza n.
435/09, ha rilevato che il Fallimento, con l’atto
introduttivo del giudizio di primo grado, ha
esercitato una opposizione all’esecuzione ex art.
615 c.p.c. avendo contestato il diritto del
Gbilardenghi a procedere a esecuzione

forzata; la

curatela fallimentare ha infatti invocato l’art.
51 L.F., che nega la possibilità di esperire
azioni esecutive individuali nei confronti del
Fallimento e prevede quale unico strumento del
creditore per soddisfare i suoi crediti quello
dell’insinuazione al passivo, e ha richiesto che
venisse dichiarata l’inefficacia della procedura
esecutiva. La Corte di appello ha quindi rilevato
l’inammissihilità dell’appello ai sensi dell’art.
616 c.p.c. applicabile ratione temporis alla
controversia.
5. Ricorre per cessazione Luciano Gilardenghi

3

individuale nei confronti del fallimento in base

deducendo violazione e falsa applicazione
dell’art. 323 c.p.c. nonché dell’art. 615 c.p.c.
in relazione all’art.

360 nn. 3

e 5 c.p.c. Il

ricorrente censura la correttezza di tale
interpretazione della domanda proposta dalla
curatela fallimentare

rilevando che il Tribunale

come azione di ripetizione di indebito.
6. Non svolge difese il Fallimento.
Ritenuto che

7. La qualificazione della domanda operata dalla
Corte di appello

di Milano appare in linea con

quella recepita dal giudice di primo grado che ha
basato la propria decisione sul

rilievo della

fondatezza della contestazione mossa, ex

art. 51

della legge fallimentare, da parte della curatela
fallimentare, al diritto del Gilardenghi a
proporre azione esecutiva. Da tale accertamento è
derivato, come conseguenza dell’improponibilità
dell’esecuzione, l’accertamento dell’obbligo di
restituzione della somma percepita a seguito
dell’esecuzione stessa. Deve pertanto ritenersi
che la Corte di

appello si sia

correttamente

attenuta al principio per cui l’individuazione del
mezzo di impugnazione esperibile contro un
provvedimento giurisdizionale va effettuata in
base alla qualificazione giuridica del rapporto

controverso operata dal giudice a prescindere
dalla sua esattezza (Cass. civ.

4

sezione I n. 2948

in primo grado aveva invece qualificato la domanda

del 13 febbraio 2015, sezione III n. 15897 dell’il
luglio 2014, sezione lavoro n. 21520 del 22
ottobre 2015).
8. Corretta

appare

anche

la

pronuncia

di

inammissibilità dell’appello come conseguenza
dell’applicazione, alla sentenza n. 1919 del 2007

civ., nel testo vigente, tra il 1 marzo 2006, ex
art. 22

legge

24 febbraio 2006 n. 52, ed il 4

luglio 2009, ex art. 58 legge 18 giugno 2009 n.
69; testo che prevedeva l’inappellabilità della
sentenza

conclusiva

del

giudizio

di

opposizione all’esecuzione da ritenersi riferibile
sia ai giudizi di opposizione a precetto, sia ai
giudizi
iniziata

di opposizione a una

esecuzione già

(Casa. civ. sezione III n. 18161 del 23

ottobre 2012 e Cass. sezione lavoro n. 11539 del 4

giugno 2015).
9. Il ricorso per cessazione va quindi dichiarato
inammissibile senza alcuna statuizione

sulle

spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla
sulle spese del giudizio di cassazione
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio del
19 gennaio 2016.

del Tribunale di Milano, dell’art. 616 cod. proc.

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