Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6915 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 11/03/2020), n.6915

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 607/2019 proposto da:

M.O., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Roberto Dalla Bona, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 830/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal cons. TRICOMI LAURA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO

ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.O., proveniente dal (OMISSIS), con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, impugnava il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale dinanzi il Tribunale di Catanzaro che gli riconosceva la protezione umanitaria.

La Corte territoriale, a seguito di impugnazione del Ministero, riformava la prima decisione e denegava tale forma di protezione, accertando che il richiedente in primo grado si era limitato ad indicare, quali ragioni della fuga dal suo Paese – motivazioni di tipo economico, non senza avere rimarcato che la pronuncia di primo grado per la parte con cui erano state respinte le domande di rifugio e di protezione sussidiaria non era stata impugnata, di talchè l’esame delle forme di protezione diverse dall’umanitaria era oramai preclusa.

Avverso detta sentenza il richiedente propone ricorso per cassazione con tre mezzi.

Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato nei seguenti tre motivi:

Primo motivo: Violazione dell’art. 111 Cost.; violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19; violazione dell’art. 115 c.p.c. e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

Il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto precluso l’esame delle domande di protezione per riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria per mancata impugnazione della pronuncia di rigetto di primo grado.

Secondo motivo: Violazione dell’art. 11l Cost. e dell’art. 6CEDU, oltre che dell’art. 101 c.p.c..

Terzo motivo: Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; violazione della Direttiva 2004/83/CE recepita con D.Lgs. n. 251 del 2007; violazione dell’art. 2 Cost.; violazione dell’art. 8 CEDU; violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

2. Il primo motivo è infondato.

Anche nel procedimento impugnatorio concernente le domande volte al riconoscimento della protezione internazionale vige il principio della domanda da proporsi con specifico motivo di appello e la pronuncia risulta immune da vizi.

Il secondo motivo, relativo alle informazioni da assumere mediante le COI, è inammissibile perchè formulato in maniera astratta senza alcun confronto con la statuizione impugnata.

Il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, è infondato. La Corte territoriale non si è soffermata sulla valutazione di credibilità o meno del racconto, atteso che il giudizio concerneva esclusivamente la protezione umanitaria, ma ha sottolinea che le ragioni dell’allontanamento dal Paese di origini erano da ascriversi esclusivamente a ragioni economiche, intese al reperimento di un’attività lavorativa ed una adeguata retribuzione e non integravano i presupposti della protezione richiesta, non essendo nemmeno state dedotte situazioni personali di vulnerabilità soggettiva del richiedente, situazioni socio/politiche o sanitarie o ambientali, ed ha accolto l’appello del Ministero.

La decisione risulta immune dai vizi denunciati ed è conforme al principio secondo il quale “non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “strema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico.” (Cass. n. 3681 del 07/02/2019).

3. In conclusione il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensive dell’intimato.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte deid.g ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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