Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6912 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2022, (ud. 02/02/2022, dep. 02/03/2022), n.6912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 22398 del ruolo generale dell’anno

2020, proposto da:

I.T.A. – Industrie Turistiche Alberghiere S.r.l.. (P.I.: (OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore, P.S.,

rappresentato e difeso dall’avvocato Cristina Nicastro, (C.F.: NCS

CST 65L41 A124C);

– ricorrente –

nei confronti di:

SICILEAS S.p.A., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, L.S., rappresentato e difeso

dall’avvocato Mario Milone, (C.F.: MLN MRA 57E117 DOO9C);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Palermo n.

221/2020, pubblicata in data 10 febbraio 2020;

udita la relazione sulla causa svolta nella Camera di consiglio in

data 2 febbraio 2022 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Sicileas S.p.A. ha ottenuto decreto ingiuntivo per l’importo di Euro 271.251,57, oltre accessori, nei confronti di I.T.A. S.r.l..

L’opposizione della società ingiunta è stata rigettata dal Tribunale di Palermo.

La Corte di Appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre I.T.A. S.r.l, sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso Sicileas S.p.A..

E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Risulta pregiudiziale ed assorbente la verifica dell’ammissibilità del ricorso.

1.1 La sentenza impugnata, pubblicata in data 10 febbraio 2020, è stata notificata dalla società vittoriosa nel merito Sicileas S.p.A., a mezzo P.E.C., alla società ricorrente I.T.A. S.r.l. (presso il suo procuratore costituito), in data 13 febbraio 2020, come emerge dalla relativa ricevuta di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica, prodotta in atti.

Il termine cd. breve per proporre il ricorso per cassazione, di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, ai sensi dell’art. 325 c.p.c., comma 2, e art. 326 c.p.c., è rimasto sospeso tra il 9 marzo el’11 maggio 2020 in virtù del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, (convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27), e del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, art. 36, (convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40), per un totale di 64 giorni: esso è dunque definitivamente scaduto in data 16 giugno 2020.

La notifica del ricorso (datato 13 agosto 2020) risulta effettuata a mezzo P.E.C. solo in data 13 agosto 2020.

Il ricorso stesso è dunque tardivo e, come tale, inammissibile.

1.2 La società ricorrente chiede di essere rimessa in termini ai fini della presente impugnazione, sostenendo di non avere avuto conoscenza della notificazione della sentenza impugnata a causa di un malfunzionamento del proprio servizio di posta elettronica certificata.

Essa non ha però, in realtà, adeguatamente provato né che il dedotto malfunzionamento le abbia effettivamente impedito di avere conoscenza della notificazione in questione, né che detto malfunzionamento non le fosse imputabile.

Si premette in proposito che, secondo il costante indirizzo di questa Corte (che il ricorso non offre elementi per rimeditare) “in caso di notificazione della sentenza a mezzo PEC, la copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità, è idonea a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, salva la prova contraria, di cui è onerata la parte che solleva la relativa eccezione, dell’esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato” (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 20039 del 24/09/2020, Rv. 658823 – 01; nel medesimo senso cfr. altresì: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25819 del 31/10/2017, Rv. 646844 – 01; Sez. L, Sentenza n. 21560 del 21/08/2019, Rv. 654818 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 4624 del 21/02/2020, Rv. 656932 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 15001 del 28/05/2021, Rv. 661294 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17968 del 23/06/2021, Rv. 661836 – 01).

In altri termini, una volta che il sistema abbia generato la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella di posta elettronica del destinatario, la notificazione deve ritenersi regolarmente perfezionata (in quanto tale ricevuta è idonea a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, salva la prova contraria).

Di conseguenza, l’eventuale mancata conoscenza dell’atto notificato da parte del destinatario della notificazione – e, in particolare, del difensore della parte, in caso di notificazione della sentenza ai fini del decorso del termine per l’impugnazione – dovuta ad eventuali malfunzionamenti del sistema, va di regola imputata a mancanza di diligenza del difensore stesso, il quale, nell’adempimento del proprio mandato, è tenuto a dotarsi dei necessari strumenti informatici e a controllarne l’adeguatezza tecnica e l’efficienza (cfr. Cass. pen. Sez. IV, Sent., 18/01/2017, n. 2431), salvo che non sia rigorosamente dimostrato che il malfunzionamento sia stato in realtà causato da un evento esterno imprevedibile o inevitabile con l’ordinaria diligenza, di modo che esso possa effettivamente dirsi non imputabile.

Ciò va certamente escluso, nella specie, in quanto la società ricorrente ha prodotto, a sostegno della pretesa non imputabilità della sua mancata conoscenza della notificazione, solo una dichiarazione scritta del soggetto che (a suo dire) gestirebbe la sua casella di P.E.C., dalla quale è possibile in realtà evincere esclusivamente che, in epoca successiva di alcuni mesi alla notificazione in contestazione, la tipologia di tale casella P.E.C. è stata trasformata da “standard” in “pro” ed è stata dotata di archivio di sicurezza, dopo che vi sarebbero stati “malfunzionamenti” della casella stessa nei mesi di febbraio e maggio 2020 e che, però, in mancanza di archivio di sicurezza, non è possibile “risalire ad eventuali trasmissioni pec andate così perdute”.

Anche a ritenere attendibile siffatta dichiarazione, dalla stessa, stante la sua estrema genericità (in relazione alle cause, al tipo ed agli effetti dei pregressi malfunzionamenti), non solo non è possibile evincere con certezza che il difensore dalla società ricorrente non abbia potuto avere conoscenza della specifica notificazione avente ad oggetto la sentenza impugnata, ma (e se pure così fosse) neanche è possibile ritenere dimostrato che tale impossibilità sia stata conseguenza di un evento non imputabile al difensore stesso e non sia stata invece causata dalla inadeguatezza o dall’inefficienza del sistema informatico di cui egli si era dotato.

Di conseguenza, va esclusa la possibilità della rimessione in termini invocata dalla società ricorrente, in relazione alla notificazione del ricorso.

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 8.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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