Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6911 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 6911 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2099
c.c., 414 c.p.c. e 2697 c.c. e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per non corretta allegazione e difetto di prova degli elementi
costitutivi della domanda dei lavoratori, in assenza di specifica indicazione e di
produzione del CCNL fonte degli istituti indiretti in cui non computate le voci, sostitutive
per pari importo complessivo dell’assegno ad personam, mensilmente corrisposte in busta
paga, nonché per la conferma della sentenza di primo grado di condanna al ricalcalo di
istituti contrattuali e al tempo stesso la sua limitazione ad una pronuncia dichiarativa
dell’an

debeatur,

per impossibilità di identificazione degli istituti contrattuali da

ricalcolare, senza consentire l’individuazione del procedimento logico-giuridico fondante
la decisione.
Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2099 c.c.,
414 c.p.c. e 1362 ss. c.c. e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per erronea interpretazione della lettera di assunzione tra le
parti, senza alcun obbligo in essa della datrice al computo dell’importo dell’assegno ad
personam negli istituti indiretti, per cui le medesime parti avevano invece espressamente
rinviato alla contrattazione collettiva e per l’assunto della corresponsione di un
trattamento economico deteriore ai lavoratori in base a C.t.u. qualificata come esplorativa
e inattendibile per la mancata individuazione dei singoli istituti retributivi e la mancata
deduzione e produzione delle norme contrattuali di loro disciplina.
Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2113 e 1362
ss. c.c. e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5

Data pubblicazione: 08/04/2016

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c.p.c., per erronea esclusione della volontà abdicativa dei lavoratori alle pretese
(tardivamente) avanzate, sulla base di plurimi e inequivoci elementi, non valorizzati dalla
Corte territoriale, deponenti per una totale carenza di contestazione pienamente
consapevole ed informata per quattro anni, nonché per insanabile contrasto della ritenuta

parcellizzata nel minor importo di una serie di istituti contrattuali indiretti in busta paga,
con la loro mancata individuazione e ritenuta impossibilità di determinazione delle
differenze retributive in favore dei lavoratori.
Con il quarto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per omessa pronuncia sull’insussistenza
dei presupposti per l’emissione dei decreti ingiuntivi oggetto delle opposizioni decise con
le sentenze del Tribunale di Livorno n. 101/09 e n. 102/09 (impugnate con ricorsi
rubricati R.G. 690/09 e R.G. 691109), per refationem alla sentenza dello stesso Tribunale
n. 222/07, priva, secondo la sentenza di conferma della stessa Corte territoriale n. 115
del 27 gennaio 2011 (impugnata davanti a questa Corte con ricorso rubricato R.G.
14155/2011) di ogni determinazione specificativa per una condanna alla riliquidazion
degli istituti contrattuali indiretti con l’inserimento delle voci “indennità di reperibilità”,
“flessibilità oraria turno” e “indennità pioggia à fori-aie’, sostitutive dell’assegno ad
personam e, in subordine, vizio di omessa o contraddittoria motivazione, in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., per ritenuta insufficienza, nella sentenza
richiamata, dei conteggi incorporati nel ricorso introduttivo, invece assunti a base del
rigetto delle opposizioni a decreto ingiuntivo nella sentenza qui impugnata.
I primi due motivi (violazione e falsa applicazione degli artt. 2099 c.c., 414 c.p.c. e 2697
c.c., per non corretta allegazione e difetto di prova degli elementi costitutivi della
domanda del lavoratore e contraddittoria motivazione primo; violazione e falsa
applicazione degli artt. 2099 c.c., 414 c.p.c. e 1362 ss. c.c. e contraddittoria motivazione,
per erronea interpretazione della lettera di assunzione tra le parti e per la ritenuta
corresponsione di un trattamento economico deteriore al lavoratore in base a C.t.u.
qualificata come esplorativa e inattendibile: secondo) possono essere congiuntamente
esaminati per la loro stretta connessione.
Essi sono fondati.
Con essi la ricorrente si duole, infatti, dell’affermazione della funzione delle tre indennità
sostitutive dell’assegno ad personam (“indennità di reperibilità”, “flessibilità oraria turno”
e “indennità pioggia à forfait”) quale base di calcolo degli istituti indiretti, in assenza dì

inconsapevolezza dei lavoratori, in riferimento alla progressiva gradualità, mensilmente

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allegazione su quali fossero tali istituti e su quale fosse la previsione inclusiva del CCNL
applicabile.
Ora, è nota l’inesistenza, in tema di retribuzione dovuta al prestatore di lavoro ai fini dei
cc.dd. istituti indiretti (mensilità aggiuntive, ferie, malattia e infortunio), di un principio
generale ed inderogabile di omnicomprensività, individuabile soltanto nella previsione di

15 gennaio 2013, n. 813; Cass. 6 aprile ,2012, n. 5591; Cass. 7 febbraio 2008, n. 2872;
Cass. 3 marzo 2004, n. 4341; Cass. 16 maggio 2003, n. 7707)
Ed è parimenti acquisito il principio per cui si ritiene l’infondatezza della domanda (con il
suo conseguente rigetto), qualora, in difetto di produzione in giudizio, dalla parte che ne
invochi l’applicazione, di Lin contratto collettivo post-corporativo, ne siano contestati dalla
controparte l’esistenza o il contenuto, per impossibilità di determinazione dell’an e del
quantum della pretesa fatta valere; non anche nell’Ipotesi in cui la controparte si sia
limitata a contestarne l’applicabilità, sussistendo, per il giudice il potere-dovere, ai sensi
dell’art. 421 c.p.c., di acquisizione d’ufficio, attraverso consulenza tecnica, del contratto
collettivo di cui l’attore, pur eventualmente non indicando gli estremi, abbia tuttavia
fornito idonei elementi di identificazione (Cass. 7 luglio 2008, n. 18584; Cass. 12 aprile
2000, n. 4714).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha disatteso i superiori principi in materia di
necessaria previsione, ai fini della determinazione della base di calcolo delle voci
retributive da includere nei cc.dd. istituti indiretti, di specifiche norme (oltre che di legge)
di contratto collettivo. In proposito, dopo avere affermato

respresso richiamo” del

contratto individuale di assunzione del lavoratore “al C.C.N.L. per le aziende del settore
imbarchi e sbarchi” sostituito “subito dopo l’instaurazione del rapporto inter partes” dal
“nuovo contratto unico dei porti … concretamente applicato dalla società»,

ha infatti

escluso “la mancata specifica indicazione delle norme contrattuali” in esso disciplinanti “i
vari istituti contrattuali”, cosi da non consentire “di andare al di là della pronuncia
dichiarativa del diritto al ricalcalo, di cui alla sentenza impugnata, presupponendo la
individuazione dei singoli istituti e la quantificazione delle relative differenze” (così a pg. 3
della sentenza impugnata).
La Corte fiorentina ha quindi individuato la causa petendi della domanda dei lavoratori
nei suddetti contratti individuali (integralmente trascritti a pgg. da 42 a 45 del ricorso),
ben sindacabili nella presente sede di legittimità, in quanto il secondo mezzo di doglianza
afferisce (non già al risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di
fatto riservati al giudice di merito, ma) alla verifica del rispetto dei canoni legali di

specifiche norme di legge o di contratto collettivo (Cass. 24 marzo 2015, n. 5918; Cass.

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ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta (Cass. 10 febbraio
2015, n. 2465), con esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante
specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti e
del modo e delle considerazioni con cui il giudice del merito si sia discostato dai canoni

contraddittorie (Cass. 15 aprile 2013, n. 9054).
Ma essi si limitano alla previsione, nel novero delle voci retributive, dell’assegno ad
personam con indicazione del relativo importo, senza nulla dire sul suo regime di

computabilità negli istituti retributivi indiretti: come è di norma, per la pertinenza di una
tale indicazione alla contrattazione collettiva di settore, in assenza nel caso di specie di
alcuna specifica allegazione al riguardo (come sopra illustrato).
Ed infine, la Corte territoriale ha pure argomentato il proprio assunto, già in violazione
delle norme di diritto denunciate per le ragioni dette, in modo né corretto né congruo,
con ragionamento logicamente viziato e contraddittorio (tale da non permettere la
comprensione della

ratto decidendi

a fondamento del

decisum

adottato, con la

conseguente sussistenza di Incertezze sull’effettiva volontà del giudice: Cass. 30 giugno
2015, n. 13318; Cass. s.u. 22 dicembre 2010, n. 25984), avendo, come occorre ribadire
anche sotto il profilo del vizio motivo, testualmente affermato:

“La mancata produzione

in primo grado del C.C.N.L. e la mancata specifica indicazione delle norme contrattuali
che disciplinano i vari istituti contrattuali – non bastando a tal fine i conteggi incorporati
nel ricorso – non consentono di andare al di là della pronuncia dichiarativa del diritto al
ricalcalo, di cui alla sentenza impugnata, presupponendo la individuazione dei singoli
istituti e la quantificazione delle relative differenze, quelle doverose indicazioni che,
invece, difettavano nell’atto introduttivo e che non possono essere affidate ad una c.t.u. quella inizialmente disposta dal Tribunale – che finirebbe con l’avere un carattere
indubbiamente esplorativo” (come si legge a pg. 3 della sentenza), così in realtà

disattendendo le domande dei lavoratori, non già di mero accertamento del diritto, ma di
condanna alla corresponsione “di differenze retributive derivanti dall’errato calcolo di
istituti contrattuali a partire dal gennaio 2001 al giugno 2005″ (come trascritte a pgg. 13,

14 del ricorso e a pgg. 6, 7 del controricorso).
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente l’accoglimento dei due motivi
congiuntamente scrutinati, con assorbimento del terzo, relativo a violazione e falsa
applicazione degli artt. 2113 e 1362 ss. c.c. e contraddittoria motivazione, per erronea
esclusione della volontà abdicativa dei lavoratori alle proprie pretese.

legali assunti come violati, pure applicati in base ad argomentazioni illogiche e

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Anche il quarto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per
omessa pronuncia sull’insussistenza dei presupposti per l’emissione dei decreti ingiuntivi
opposti e decisi con le sentenze del Tribunale di Livorno n. 101/09 e n. 102/09, per
relationem alla sentenza dello stesso Tribunale n. 222/07, priva, secondo la sentenza di

determinazione specificativa per una condanna alla riliquidazione degli istituti contrattuali
indiretti in oggetto e, in subordine, a vizio di omessa o contraddittoria motivazione, per
ritenuta insufficienza, nella sentenza richiamata, dei conteggi incorporati nel ricorso
introduttivo, invece assunti a base del rigetto delle opposizioni a decreto ingiuntivo, è
fondato.
Premessa la distinzione tra le denunce di violazione di omessa pronuncia e vizio di
motivazione, nel senso della completa omissione (con la prima) del provvedimento
indispensabile per la soluzione del caso concreto, che si traduce in una violazione dell’art.
112 c.p.c., da far valere esclusivamente a norma dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. e
non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale ed invece del
presupposto esame (con la seconda) della questione oggetto di doglianza da parte del
giudice di merito, seppure con soluzione censurata come giuridicamente non corretta
ovvero non adeguatamente giustificata, da denunciare ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 5 c.p.c., nei caso di specie i due diversi vizi sono esaminabili, in quanto
dedotti, ancorchè con unico motivo (Cass. 18 giugno 2014, n. 13866), in via di gradato
subordine.
Ebbene, il vizio di omessa pronuncia non sussiste, avendo la sentenza pronunciato sugli
appelli (anche relativi alle dette opposizioni a decreto ingiuntivo), sia pure implicitamente
(Cass. 28 marzo 2014, n. 7406; Cass. 24 giugno 2005, n. 13649) e con laconica
motivazione.
Sussiste invece il vizio di motivazione insufficiente e pure contraddittoria, per la presenza
di argomentazioni contrastanti (da una parte, la ritenuta sufficienza del conteggio
riproduttivo dei dati contenuti nelle buste paga di provenienza datoriale: ultimo
capoverso della parte motiva della sentenza impugnata; dall’altra, il difetto dei requisiti di
liquidità dei crediti azionati con i decreti ingiuntivi opposti, per la carenza di ogni
determinazione specificativa per una condanna alla riliquidazione degli istituti contrattuali
indiretti, ravvisata dalla sentenza della stessa Corte d’appello di Firenze n. 115 del 27
gennaio 2011, di conferma della sentenza del Tribunale di Livorno n. 222/07, a base dei
decreti ingiuntivi opposti) e tali da non permettere di comprendere la ratio decidenti,” a
fondamento del decisum adottato; non ricorrendo invece una motivazione contraddittoria

conferma della stessa Corte territoriale n. 115 del 27 gennaio 2011, di ogni

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allorchè, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze di sorta sulla volontà del
giudice (Cass. 30 giugno 2015, n. 13318; Cass. s.u. 22 dicembre 2010, n. 25984).
Ed infine, occorre pure tenere conto dell’inidoneità della sentenza originaria del Tribunale
di Livorno (confermata da quella della Corte d’appello di Firenze n. 115 del 27 gennaio

territoriale (pure statuente la carenza di ogni determinazione specificativa per una
condanna alla i’lliquidazione degli istituti contrattuali Indiretti), ad integrare la prova
scritta necessaria per l’emissione di un decreto ingiuntivo, possibile in presenza di una
sentenza di condanna generica, nel concorso con altri elementi documentali (non
risultanti nel caso di specie) aventi valore di specificazione della pretesa consacrata
genericamente in essa sentenza (Cass. 4 giugno 2003, n. 8915; Cass. I giugno 2005, n.
11677; Cass. 2 aprile 2009, n. 8067.
Il ricorso deve essere pertanto accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e
decisione nel merito, esclusa la necessità di ulteriori accertamenti in fatto a norma
dell’art. 384, secondo comma, ult. parte c.p.c., nel senso della reiezione delle domande
dei lavoratori (con la conseguente revoca dei decreti ingiuntivi opposti), con la
liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità secondo il regime di
soccombenza e la compensazione invece tra le parti di quelle dei due gradi di merito,
tenuto conto del loro andamento.

P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le
domande di Marco Trimboli e Luca Lorenzi nei confronti di L.T.M. s.r.l. e revoca i decreti
ingiuntivi opposti; condanna i predetti in solido, compensate le spese dei gradi di merito,
alla rifusione, in favore di L.T.M. s.r.I., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
€ 100,00 per esborsi e E 3.500,00 per compenso professionale, oltre rimborso per spese
generali in misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2016

Il consigli

st.

2011), di mero accertamento dell’an debeatur, secondo la qualificazione data dalla Corte

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