Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6910 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 25/03/2011), n.6910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

UNITA’ LOCALE SOCIO-SANITARIA N. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, via della Consulta n. 50, presso l’avv. Antonio

Mancini, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Beria, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 20/14/05, depositata l’11 aprile 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20

dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione, basato su tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato riconosciuto il diritto della Unità locale socio-sanitaria n. (OMISSIS) al rimborso della maggiore IRPEG versata, per gli anni 1999 e 2000, in ordine al reddito fondiario relativo agli immobili destinati all’esercizio dell’attività sanitaria.

Il giudice di merito ha, in particolare, ritenuto che la disposizione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88, comma 2, in virtù della quale l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale, contempla un’agevolazione di tipo soggettivo, per cui l’attività è svolta nell’esercizio dell’impresa e il risultato di questa attività fa parte della categoria del reddito d’impresa, con conseguente applicabilità del citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 40, secondo il quale non si considerano produttivi di reddito fondiario gli immobili relativi ad imprese.

2. La Unità locale socio-sanitaria n. (OMISSIS) resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, i ricorrenti, denunciando la violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 2909 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 57, censurano la sentenza impugnata perchè il giudice a quo avrebbe preso in considerazione, ai fini della decisione, circostanze di fatto – quali lo svolgimento da parte della contribuente di attività commerciali minori oltre a quella istituzionale di cura – non dedotte nel ricorso introduttivo.

Con il secondo motivo, è denunciata, in subordine, la violazione dei principi sull’onere della prova, in quanto la ULSS non avrebbe dimostrato l’esistenza delle suddette attività commerciali accessorie e degli immobili ad esse adibiti.

Infine, con il terzo ed ultimo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 40, 88 e 108, nonchè vizio di motivazione, viene censurata la ratio decidendi della sentenza impugnata, sopra riportata, sostenendo la tesi secondo cui la previsione del citato D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 2, lett. b), non configura una esenzione di tipo soggettivo, ma si limita a chiarire che le prestazioni sanitarie rese dalle ULSS non costituiscono oggettivamente attività commerciali, con conseguente applicazione dell’art. 108, che prevede, per gli enti non commerciali, che il reddito complessivo è costituito dal coacervo delle diverse categorie di redditi (fondiari, di capitale, di impresa e diversi), e dell’art. 40, il quale, per i soli immobili relativi ad imprese commerciali – esclusi quindi quelli adibiti all’attività sanitaria de qua -, prevede che essi “non si considerano produttivi di reddito fondiario”.

2. Ritiene il Collegio di esaminare con priorità il terzo motivo, attinente al merito della controversia.

Lo stesso si rivela fondato, alla luce dell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha già avuto più volte occasione di affrontare la questione predetta, pervenendo a conclusioni dalle quali il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi.

Si è, infatti, ritenuto che, in tema di Irpeg, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 2, lett. b), dispone che l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale; pertanto, il reddito fondiario degli immobili strumentali utilizzati in relazione a tali attività non subisce la “trasformazione” in reddito d’impresa citato D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 40, comma 1, con la conseguenza che il reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone il successivo art. 108. In definitiva, nella specie manca il presupposto per l’applicazione dell’art. 40, proprio perchè l’attività svolta dalla ULSS non costituisce esercizio di attività commerciale. Si è anche escluso che la detta disciplina si presti a dubbi di legittimità costituzionale (riproposti in questa sede dalla controricorrente) in riferimento agli artt. 3, 32 e 53 Cost. (Cass. nn. 28176 del 2008;

17089, 26298 e 28023 del 2009; 19138 del 2010).

3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto per le anzidette ragioni (restando così assorbita ogni altra censura), la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

4. Mentre sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è formata la giurisprudenza sopra citata, per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito, la controricorrente va condannata alle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la controricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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