Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6910 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. I, 11/03/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 11/03/2021), n.6910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8634/2016 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza

Adriana n. 15, presso lo studio dell’avvocato Romano Stefano, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Arena Npl One S.r.l. con socio unico, e per essa doBank S.p.a.

(denominazione assunta da Unicredit Credit Management Bank S.p.a.),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Lima n. 28, presso lo studio dell’avvocato

Nicolosi Marco, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al controricorso;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 1025/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 1025/2016, depositata in data 17/2/2016, – in controversia concernente opposizione tardiva promossa, ex art. 650 c.p.c., con citazione notificata il 12/10/2006, da S.S. avverso decreto ingiuntivo emesso, nel luglio 2001, dal Tribunale di Roma, in favore di UniCredit Credit Management Bank spa, con il quale si era ingiunto, alla prima, il pagamento dell’importo di L. 21.943.377, oltre interessi e spese, quale saldo passivo di un rapporto di conto corrente bancario, sul presupposto della nullità della notificazione dell’ingiunzione opposta, effettuata ad indirizzo diverso da quello di residenza anagrafica, con conseguente mancata tempestiva conoscenza dell’ingiunzione, avvenuta solo a seguito della successiva notificazione di atto di precetto, – ha riformato la decisione di primo grado, che aveva ritenuto ammissibile l’opposizione tardiva (attesa la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo, effettuata ex art. 149 c.p.c., perchè il plico postale era stato consegnato, in data 28/8/2001, presso indirizzo diverso dalla residenza anagrafica, a persona non identificata, dichiaratasi dipendente della destinataria, la quale aveva sottoscritto l’avviso di consegna con firma illeggibile) e revocato il decreto ingiuntivo, per mancata prova del credito azionato in sede monitoria.

In particolare, i giudici d’appello, accogliendo il gravame della banca, hanno sostenuto che: a) in materia di notificazione a mezzo del servizio postale, la sola illeggibilità della firma della persona cui l’agente ha consegnato l’atto, “qualora apposta nello spazio dell’avviso relativo alla firma del destinatario o di persona delegata”, non comporta la nullità della notifica; b) neppure la nullità della notifica poteva derivare dall’essere la stessa stata effettuata in luogo diverso da quello di residenza della destinataria, attesa la valenza meramente presuntiva delle risultanze anagrafiche (nella specie, effettuata comunque in luogo ove in passato la destinataria aveva avuto residenza ed ove era stata reperita “persona qualificatasi dipendente”, con attestazione dell’agente postale, valida fino a querela di falso); c) in ogni caso, ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione tardiva, ai sensi dell’art. 650 c.p.c., l’opponente doveva dare prova di non avere avuto tempestiva conoscenza a causa della nullità della notificazione del decreto ingiuntivo opposto e, nel caso concreto, le modalità di esecuzione della notificazione conducevano a ritenere che l’atto, ancorchè notificato in luogo diverso dalla residenza anagrafica, fosse comunque venuto a conoscenza della destinataria, “in considerazione del reperimento in loco di un suo dipendente che aveva accettato la consegna” (e l’opponente non aveva neppure dedotto di non avere avuto “alcun” dipendente “in loco”, mentre le prove testimoniali non erano state reiterate in appello).

Avverso la suddetta pronuncia, S.S. propone ricorso per cassazione, notificato il 6-11/4/2016, affidato a tre motivi, nei confronti di UniCredit Credit Management Bank spa e resiste con controricorso, Arena Npl One srl con socio unico, cessionaria del credito da U.C.M.B., e per essa, in qualità di mandataria, Do Bank spa. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 137 c.c. e ss., artt. 148,149 e 160 c.p.c., in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’opposizione tardiva, a fronte della validità della notificazione del decreto ingiuntivo, malgrado l’illeggibilità della firma apposta dalla persona del consegnatario; b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 160 e 650 c.p.c., in ordine alla ritenuta necessità che l’opponente dia prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo, a causa della nullità della sua notifica ad indirizzo diverso da quello di residenza, ai fini dell’opposizione tardiva; c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, degli artt. 160 e 650 c.p.c. e art. 44 c.c., in ordine alla ritenuta valenza meramente presuntiva delle risultanze anagrafiche, sempre riguardo alla validità o irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo.

2. La prima censura è infondata.

Lamenta la ricorrente che, mentre l’illeggibilità della firma sull’avviso di ricevimento di una notificazione a mezzo posta è irrilevante qualora la sottoscrizione della stessa sia stata effettuata direttamente dal destinatario dell’atto, al suo indirizzo, nella specie, la notificazione era stata effettuata non già presso la sua residenza anagrafica ma presso altro indirizzo (ove la destinataria aveva abitato ma da dove essa si era trasferita da oltre un anno) ed era stata ricevuta non dal destinatario dell’atto ma da altra persona, rimasta ignota, stante l’illeggibilità della firma, dichiaratasi dipendente della destinataria; in tal caso, la notificazione effettuata a persona diversa dal destinatario, ex art. 149 c.p.c., doveva ritenersi nulla, in assenza di elementi certi di identificazione del consegnatario, stante la sottoscrizione con firma illeggibile, non essendo sufficiente la mera indicazione, da parte dell’agente postale, dell’assunto rapporto con il destinatario.

Va precisato che, nella specie, si discute di una notificazione effettuata nel 2001, quindi anteriormente all’introduzione della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6 abrogato dalla L. n. 190 del 1914, art. 1, comma 97-bis, lett. f), come modificato alla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 461, a decorrere dal 1 gennaio 2018, e di nuovo modificato dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 813 a decorrere dal 31/12/2018, con modifica del comma 3 dell’art. 7, che prevede che, se il piego postale non viene consegnato personalmente al destinatario, l’agente postale dovesse dare comunicazione al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo lettera raccomandata.

Ora, la Corte d’appello, al fine di ritenere valida la notificazione del decreto ingiuntivo, pacificamente effettuata a mezzo del servizio postale, con consegna dell’atto – oltre che ad indirizzo diverso da quello di residenza anagrafica del destinatario – “a persona non identificata, dichiaratasi dipendente della destinataria, la quale aveva sottoscritto l’atto con firma illeggibile”, ha fatto anzitutto richiamo al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 9962/2010, secondo cui “nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, ove l’atto sia consegnato all’indirizzo del destinatario a persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla “firma del destinatario o di persona delegata”, e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso, a nulla rilevando che nell’avviso non sia stata sbarrata la relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario, non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 c.p.c.”.

Le Sezioni Unite si sono, tuttavia, pronunciate sulla questione relativa alla ritualità della notifica in un caso in cui questa sia fatta al destinatario, al suo indirizzo, a mezzo del servizio postale, e consegnata al ricevente che abbia sottoscritto per esteso, ancorchè con grafia illeggibile, nello spazio riservato alla “firma del destinatario o di persona delegata”, senza che tuttavia sia stata barrata la casella relativa al destinatario e che vi sia altra indicazione relativa alla coincidenza del ricevente con il destinatario, in sostanza, mancando qualsiasi attestazione dell’identità – pur solo dichiarata – del consegnatario. In motivazione, le Sezioni Unite hanno precisato che “l’agente postale, ai sensi della L. n. 890 del 1892, art. 7, comma 1, è tenuto a consegnare al destinatario la copia dell’atto da notificare e che, ove la copia non venga consegnata personalmente al destinatario, detto agente è tenuto, ai sensi del sopra trascritto art. 7, comma 4, a specificare nella relata la persona diversa nei cui confronti la notifica fu eseguita, l’eventuale grado di parentela esistente tra il destinatario e tale persona cui la copia dell’atto fu consegnata, l’eventuale indicazione della convivenza sia pure temporanea tra il destinatario e la persona cui la copia dell’atto fu consegnata”, cosicchè “è palese che la omessa indicazione da parte dell’agente postale del compimento delle formalità previste dal citato art. 7, comma 4, induce a ritenere, salvo querela di falso, che tale agente abbia consegnata la copia dell’atto da notificare personalmente al destinatario, e che questo ultimo ha sottoscritto l’avviso di ricevimento, a nulla rilevando che manchi nell’avviso di ricevimento stesso l’ulteriore specificazione “personalmente al destinatario””.

Nella fattispecie qui in esame, invece, la notificazione, peraltro effettuata ad indirizzo diverso da quello di residenza anagrafica (ma ove la destinataria aveva in passato abitato), si è perfezionata con la consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario, dichiaratasi all’agente postale “dipendente”, con sottoscrizione illeggibile.

Ciò malgrado, sia pure con correzione della motivazione della decisione impugnata, ex art. 384 c.p.c., la notificazione di un atto a mezzo del servizio postale non può ritenersi nulla per il solo fatto della mancata indicazione delle generalità del consegnatario, diverso dal destinatario, che abbia ricevuto l’atto, ove la sottoscrizione dal medesimo apposta risulti illeggibile, con conseguente correttezza del decisum.

Invero, questa Corte ha ribadito, con riguardo alla notifica a mezzo ufficiale giudiziario, ex art. 148 c.p.c., che “l’indicazione, nella relazione di notificazione, da parte dell’ufficiale giudiziario, delle generalità e delle qualità della persona cui la copia è consegnata, è richiesta dall’art. 148 c.p.c. quale elemento necessario per verificare la sussistenza di quel rapporto familiare o professionale tra destinatario dell’atto e consegnatario sul quale l’art. 139 c.p.c. pone l’affidamento che l’atto stesso sarà portato a conoscenza del primo” (Cass. 5178/1993; Cass.7809/2010) e che “la mancanza di tale indicazione, infatti, esclude il perfezionamento della notifica per l’incertezza assoluta su detta persona, con conseguente impossibilità di ipotizzare l’esistenza, tra destinatario e consegnatario, di una relazione idonea a far presumere che il secondo porti a conoscenza del primo l’atto ricevuto” (Cass. 22879/2006).

Tuttavia, con riguardo alla notifica a mezzo del servizio postale, si è invece precisato che “se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur tuttavia valido, poichè la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata” (Cass. 11798/2011; conf. Cass. 946/2020). In motivazione (Cass. 11789/2011), si è affermato che “le norme sul servizio postale prevedono che la raccomandata ordinaria si abbia a considerare come ricevuta, con ciò determinando il perfezionamento del procedimento notificatorio laddove la spedizione postale avvenga a fini di notifica, all’atto della consegna al domicilio del destinatario, senza che a tal fine sia prescritta nessuna particolare formalità da parte dell’Ufficiale postale se non quella di curare che, la persona che egli abbia individuato come legittimata a ricevere l’atto a norma dell’art. 39 citato, apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza nonchè sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente. Nessuna norma dispone in particolare che l’avviso di ricevimento debba contenere le generalità della persona alla quale l’atto sia stato consegnato, come viceversa sembrerebbe pretendere nel caso di specie il giudice di merito, e neanche la relazione esistente tra la predetta persona e il destinatario della raccomandata, che costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, eventualmente impugnabile nelle forme di legge”.

E, nella specie, ciò che rilevava, ai fini della validità della notificazione, era l’indicazione da parte dell’agente postale, nell’avviso di ricevimento, della qualità spesa dal consegnatario, in merito al suo rapporto con il destinatario dell’atto, accompagnata da sottoscrizione della ricevuta di ritiro, alla presenza dell’agente postale.

La notifica del decreto ingiuntivo non risultava pertanto nulla.

3. La seconda censura (attenendo ad ulteriore ratio autonoma della decisione impugnata) è, in ogni caso, infondata.

Con essa la ricorrente, a confutazione, appunto, della seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, lamenta che l’opposizione tardiva, nella specie, fosse ammissibile, in quanto la stessa nullità della notificazione del decreto ingiuntivo deponeva per una mancata conoscenza tempestiva del decreto ingiuntivo e che comunque detta prova, involgendo un fatto negativo, poteva essere data anche con presunzioni.

La Corte d’appello ha ritenuto che, ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione tardiva, l’opponente doveva dare la prova di non avere avuto tempestiva conoscenza dell’ingiunzione opposta, a causa della nullità-irregolarità della notifica dell’ingiunzione, e, nella specie, le stesse modalità di esecuzione della notificazione deponevano per un collegamento fattuale tra il luogo di notificazione ed il destinatario, stante la rinvenuta presenza di persona qualificatasi come dipendente.

Ora, questa Corte ha costantemente ribadito che “ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del decreto stesso, ma occorre altresì la prova – il cui onere grava sull’opponente – che proprio a cagione della nullità della notificazione l’ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del provvedimento; ai fini di tale prova, concernendo essa un fatto negativo, possono anche essere utilizzate presunzioni (art. 2729 c.c.), per cui per legittimare l’opposizione tardiva essa può ritenersi sussistere ogni qual volta, alla luce delle modalità di esecuzione della notificazione invalida, deve desumersi che l’atto non pervenne tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario” (Cass. 11313/1994; Cass. S.U. 9938/2005).

E, nella specie, la sola prova delle diverse risultanze anagrafiche, aventi mero valore presuntivo, non era sufficiente, ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione ex art. 650 c.p.c., anche laddove potesse ritenersi nulla o irregolare la notificazione del decreto ingiuntivo, in quanto l’opponente avrebbe dovuto dimostrare l’effettivo mutamento della residenza e la mancanza di collegamenti fattuali con il vecchio indirizzo e quindi, come ritenuto dalla Corte d’appello, l’assenza di “alcun dipendente” in detto luogo (a prescindere dalle esatte generalità della persona del consegnatario dell’atto notificato).

4. La terza censura è infondata.

Lamenta la ricorrente la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo effettuato in luogo diverso da quello della residenza anagrafica, ove la ricorrente si era trasferita oltre un anno e mezzo prima, con denunzia tempestiva del trasferimento di residenza ai sensi dell’art. 44 c.c. e art. 31 disp att.c.p.c..

Ora, l’opposizione a decreto ingiuntivo tardiva ex art. 650 c.p.c., dopo la scadenza del termine fissato dall’art. 644 c.p.c., può essere proposta se l’intimato provi di non averne avuto tempestiva conoscenza “per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”.

Questa Corte anche a Sezioni Unite (Cass. 14527/2007; conf. Cass. 10386/2012; Cass. 11550/2013; Cass. 27529/2017; Cass. 20850/2018) ha affermato che, ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (di cui all’art. 650 c.p.c.) non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione e che “tale prova deve considerarsi raggiunta ogni qualvolta, alla stregua delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato provvedimento, sia da ritenere che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario” ed “ove la parte opposta intenda contestare la tempestività dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c., in relazione alla irregolarità della notificazione così come ricostruita dall’opponente, sulla stessa ricade l’onere di provare il fatto relativo all’eventuale conoscenza anteriore del decreto da parte dell’ingiunto che sia in grado di rendere l’opposizione tardiva intempestiva e, quindi, inammissibile”.

Ora, sulla questione della nullità-irregolarità della notificazione, presupposto dell’opposizione tardiva nella specie invocato, la Corte d’appello ha applicato i principi di dritto, costantemente ribaditi da questo giudice di legittimità, secondo cui, ai fini della validità della notificazione, la residenza effettiva prevale sulla residenza anagrafica, la quale ha un valore probatorio meramente presuntivo, superabile mediante prova contraria desumibile da qualsiasi fonte di convincimento (Cass. 24422/2006; Cass. 11550/2013) e “al fine di dimostrare la nullità della notifica della citazione, in quanto eseguita in luogo diverso dalla residenza effettiva del destinatario, non costituisce prova idonea la produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza difforme rispetto al luogo in cui è stata effettuata la notifica” (Cass. 19132/2004; Cass. 15200/2005; Cass. – 10107/2014).

In sostanza, la Corte d’appello ha affermato che, indipendentemente dalla valenza delle circostanze richiamate a proposito del superamento della presunzione, l’eventuale nullità della notificazione non sarebbe bastata per l’ammissibilità dell’opposizione tardiva, dovendo ritenersi che l’interessata avesse avuto comunque conoscenza dell’atto.

Invero, nella specie, la valenza meramente presuntiva delle risultanze anagrafiche allegate dall’opponente è stata superata, avendo la Corte territoriale dato rilievo al fatto che era stato rinvenuto sul luogo di notifica dell’atto una persona qualificatasi all’agente postale come dipendente della destinataria e che aveva ritirato l’atto e dall’assenza di prove contrarie (ed in ordine alle richieste istruttorie, secondo la decisione impugnata non reiterate in appello, non vi è doglianza) tali da escludere il collegamento tra destinatario e luogo di esecuzione della notifica.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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