Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6910 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 11/03/2020), n.6910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35817/2018 proposto da:

K.A. Alias J.J.S., elettivamente

domiciliato in Roma Via Chisimaio, 29 presso lo studio dell’avvocato

Cardone Marilena che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

nonchè contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2182/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/12/2019 da SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

La Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame proposto da K.A.J. alias J. alias J.S., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito che nel 2013 fu rapita sua figlia dal capovillaggio ed egli sporse denuncia, ma venne picchiato e minacciato, motivo per il quale fu costretto a partire dal suo paese lasciando la sua famiglia per giungere in Italia dopo un anno e mezzo di permanenza in Libia.

A sostegno della decisione di rigetto, la Corte territoriale non ha ravvisato profili che potessero integrare atti di persecuzione perchè i motivi che avevano determinato la partenza dell’appellante erano di natura privatistica ed economica, visto che la figlia era stata restituita al ricorrente dal figlio del capovillaggio, mentre, lui aveva contratto un prestito per partire, e la famiglia era rimasta dal suocero, che però era povero e non poteva mantenerla. Dalla narrazione, la Corte distrettuale non riconosce neppure la protezione sussidiaria per l’assenza del rischio di un danno grave del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, (lett. a) e b)), mentre, dalla consultazione delle fonti internazionali più accreditate viene esclusa la sussistenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato (lett. c del medesimo art. 14 cit.). La Corte d’appello non ha neppure ravvisato la sussistenza di situazioni di vulnerabilità che potessero giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Contro la sentenza della medesima Corte d’appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (1) sotto un primo profilo, per violazione dell’ e dell’ del D.Lgs. n. 251 del 2007, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la Corte d’appello non aveva considerato che il ricorrente aveva dichiarato di aver perso tutto a causa di un’alluvione, che gli avevano rapito la figlia ed invece di ricevere aiuto per ritrovarla, è stato oggetto egli stesso di minacce; (2) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per mancata attivazione del dovere di approfondimento istruttorio, anche con riferimento all’attuale sistema giudiziario operativo in (OMISSIS), (3) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per mancato riconoscimento dei presupposti della protezione umanitaria.

Il primo motivo è inammissibile, perchè solleva censure di merito in termini di mero dissenso, all’accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale (di cui a p. 5).

Il secondo motivo è infondato, in quanto, la Corte d’appello risulta aver considerato le fonti internazionali più accreditate, dalle quali ha tratto motivo di escludere l’esistenza di un contesto di violenza generalizzata (ma solo pericoli nei confronti di cittadini stranieri).

Il terzo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Poichè il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non paga il doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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