Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6909 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 25/03/2011), n.6909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12778/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

GEN.CO s.r.l.;

– intimata –

e sul ricorso n. 12779/06 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

GEN.CO s.r.L;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 19/03/05, depositata il 24 febbraio 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20

dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, il quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono due ricorsi identici, basati su un unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata la illegittimità dell’avviso di accertamento con cui era stato rettificato, ai fini dell’IRPEG e dell’ILOR per l’anno 1996, il reddito d’impresa della GEN.CO s.r.L, esercente l’esecuzione di appalti per conto terzi.

In particolare, il giudice di merito, premesso che l’avviso di accertamento si fonda sull’unico presupposto secondo cui il costo del personale, in base agli studi di settore, ha una incidenza di circa il 25 per cento sull’ammontare dei ricavi, anzichè del 43 per cento dichiarato dalla contribuente, ha ritenuto che la rettifica fosse illegittima in quanto basata sul solo utilizzo di coefficienti di ricarico, del tutto privi di una effettiva e concreta certezza.

La società contribuente non si è costituita.

2. All’esito dell’adunanza in camera di consiglio del 22 novembre 2007, per la quale i ricorsi erano stati originariamente fissati, le cause sono state rinviate alla pubblica udienza.

3. Con ordinanza pronunciata nella odierna pubblica udienza, i ricorsi (di identico contenuto e notificati e depositati lo stesso giorno per evidente errata duplicazione) sono stati riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo formulato, i ricorrenti, denunciando violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, nonchè vizio di motivazione, deducono che l’Ufficio, pur di fronte ad una “contabilità formalmente ineccepibile”, ha applicato al costo del personale una percentuale di ricarico del 25 per cento, “considerato che nel settore economico di specie il costo del personale incide mediamente sulla composizione del costo totale ed indirettamente sui ricavi nella misura anzidetta”, ed ha fondato il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta, sia sugli studi di settore; con la conseguenza che spettava alla contribuente fornire la prova dei costi ritenuti abnormi e quindi in parte inesistenti.

2. Il motivo è infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in presenza di scritture contabili formalmente corrette, non è sufficiente, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza – posto che le medie di settore non costituiscono un “fatto noto”, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, risultando quindi inidonee, di per sè stesse, ad integrare gli estremi di una prova per presunzioni -, ma occorre, invece, che risulti qualche elemento ulteriore (tra cui anche l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore), incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti (tra le tante, Cass. nn. 26388 del 2005, 12032 del 2009, 20201 del 2010).

A fronte di tale consolidato principio, applicabile anche in caso di accertamento di minori costi rispetto a quelli dichiarati, il motivo consiste in una serie di considerazioni generiche in ordine alla asserita abnormità del costo dichiarato dalla contribuente (qualificazione che, peraltro, in violazione del principio di autosufficienza, i ricorrenti non dimostrano di aver dedotto in questi termini in sede di accertamento e in quella contenziosa), e, quindi, in definitiva, si risolve nella mera contestazione dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito di inidoneità dei coefficienti di ricarico a sostenere l’accertamento e di insussistenza di presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

3. In conclusione, i ricorsi vanno rigettati, senza che occorra provvedere sulle spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte della contribuente intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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