Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6908 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 11/03/2020), n.6908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34762/18 proposto da:

-) S.M., elettivamente domiciliato Giulio Cesare n. 14,

presso lo studio dell’avvocato Alessia Ciprotti, difeso dall’avv.

Roberta Marchesetti in virtù di procura speciale apposta in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 29.10.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3.12.2019 dal Consigliere relatore Dott. ROSSETTI Marco.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

S.M., alias A.S., cittadino pakistano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4: (a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis); a fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il (OMISSIS) in quanto aveva preso in affitto dal capo del villaggio un terreno da coltivare; tuttavia a causa di un’alluvione non solo aveva perduto gli animali da lavoro, ma era anche rimasto ferito. In conseguenza, non potendo pagare l’affitto, se fosse rimasto in (OMISSIS) sarebbe stato costretto a lavorare come schiavo per il capovillaggio; la Commissione Territoriale rigettò l’istanza;

avverso tale provvedimento S.M. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Milano ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, che lo rigettò con decreto 29.10.2018;

il Tribunale ritenne che:

(a) il diritto all’asilo non spettava perchè i fatti narrati dal richiedente asilo non apparteneva alla persecuzione per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche;

(b) il diritto alla protezione sussidiaria non spettava, poichè nella regione di provenienza del ricorrente non era in atto una violenza indiscriminata derivante da conflitti armati;

(c) non sussistevano nemmeno i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 5), perchè il ricorrente aveva fondato tale richiesta sui medesimi fatti dedotti quali fondamento delle domande di protezione “maggiore”, ma non aveva dedotto alcuna circostanza di fatto idonea a ritenere che egli rientrasse in una delle categorie di persone “vulnerabili”;

il decreto è stato impugnato per cassazione da S.M. con ricorso fondato su tre motivi;

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

è superfluo dar conto del contenuto dei motivi di ricorso, in quanto questo è improcedibile ex art. 369 c.p.c.;

infatti la copia del decreto impugnato, allegata dal ricorrente per i fini di cui all’art. 369 c.p.c., reca in calce una attestazione di conformità all’originale datata “12.11.2018” e sottoscritta dall’avv. Gianluigi Montalto;

la procura speciale a ricorrere per cassazione è datata invece “7.11.2018” (è, dunque, anteriore all’autentica del decreto impugnato), ed è sottoscritta per autentica dall’avv. Roberta Marchesetti;

l’avvocato che ha attestato la conformità all’originale del decreto impugnato è dunque diverso da quello che ha proposto ricorso per cassazione, e ha compiuto l’attestazione quando la procura a ricorrere per cassazione era già stata rilasciata ad altro avvocato;

ricorrendo tale ipotesi, questa Corte ha già stabilito che “nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la S.C. (…) può essere redatta, della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10941 del 08/05/2018, Rv. 648805 – 01); per contro, una volta conferita la procura speciale a ricorrere per cassazione, il precedente difensore non può più ritenersi “munito di .G.N. procura”, e non può di conseguenza attestare la conformità all’originale del provvedimento impugnato;

non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata;

il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta; incidenter tantum, rileva nondimeno questa Corte che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 11, il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

(-) dichiara improcedibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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