Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6907 del 17/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/03/2017, (ud. 17/10/2016, dep.17/03/2017),  n. 6907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21407-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA in persona dei Curatori, elettivamente

domiciliato in ROMA PIAZZA VESCOVIO 21, presso lo studio

dell’avvocato TOMMASO MANFEROCE, che lo rappresenta e difende giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 81/2013 della COMM.TRIB.REG. della Lombardia,

depositata il 17/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/10/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate ha notificato alla s.r.l. (OMISSIS), poi sottoposta a fallimento, venditrice e distributrice di produzioni editoriali, atti di contestazione con cui ha irrogato sanzioni pari a Euro 1.263.000 nonchè recuperato interessi, avendo la società presentato istanze di rimborsi accelerati infrannuali di credito i.v.a. in ordine a trimestri degli anni 2005, 2006 e 2007, invocando il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, comma 2, che consente il rimborso stesso quando si verifichi una delle condizioni di cui all’art. 30, comma 3, avendo in particolare dichiarato di versare nella situazione di cui alla lett. a) di tal ultima disposizione, in quanto la differenza tra l’aliquota media sugli acquisti e sulle importazioni avrebbe superato quella mediamente applicata sulle operazioni attive, con una maggiorazione del 10% (D.L. n. 250 del 1995, art. 3, comma 6, convertito dalla L. n. 349 del 1995); in sede di controllo, al contrario, l’ufficio ha appurato l’assenza del presupposto, avendo la società erroneamente determinato l’aliquota media includendovi le operazioni di cui al D.P.R. n. 622 del 1972, artt. 8, 9 e 74 non soggette a i.v.a. o non imponibili in virtù delle semplificazioni del regime di tale imposta nel settore della distribuzione dei prodotti editoriali.

La commissione tributaria provinciale di Milano ha accolto, previa riunione, i tre ricorsi della contribuente.

La sentenza, appellata dall’ufficio, sarebbe stata confermata – giusta quanto riferito in ricorso – dalla commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano con sentenza 81/27/13 depositata dalla commissione tributaria regionale di Milano in data 17 giugno 2013.

Avverso questa decisione l’agenzia propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, rispetto al quale la curatela deposita controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente si dà atto che è stata autorizzata la redazione della sentenza in forma semplificata ai sensi del decreto del primo presidente del 14 settembre 2016.

2. – E’ in atti la sentenza n. 81/27/13 depositata dalla commissione tributaria regionale di Milano in data 17 giugno 2013, cui fa riferimento il ricorso per cassazione. Essa, come deduce la controricorrente, pur vedendo quali parti le medesime del presente procedimento, concerne fattispecie processuale del tutto diversa rispetto a quella cui si riferisce il ricorso, che – come sempre indica la curatela – “riprende integralmente… altra impugnazione… avverso la diversa decisione resa “inter partes”… n. 85/27/13”.

3. – Va dichiarata l’improcedibilità del ricorso. Invero, nel caso di specie nessuna conseguenza, di per sè, discende pur sussistente – tra gli estremi della sentenza impugnata e quella di effettivo riferimento, potendo essere conseguenza di un mero errore materiale, senza comportare incertezza nell’oggetto del giudizio, qualora la corrispondenza tra la sentenza depositata e quella nei cui confronti è rivolta l’impugnazione sia confermata da una verifica della congruenza tra contenuto della sentenza in atti e motivi (cfr., per il giudizio di appello, sez. L n. 20828 del 2014 e sez. 5 n. 16921 del 2007), atteso che non costituisce requisito di validità dell’atto di impugnazione l’indicazione della sentenza impugnata nei suoi estremi numerici e di data (surrogabili da specificazioni relative al contenuto della sentenza, in collegamento con i motivi di gravame). Ai fini dell’individuazione dell’oggetto del gravame riveste, infatti, un ruolo determinante la produzione del documento che incorpora le statuizioni contestate, tanto che il mancato deposito dello stesso, ex art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 2, è dichiarato a pena di improcedibilità, essendo funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale. La previsione a carico della parte dell’onere di depositata copia autentica della sentenza impugnata, sanzionata dall’improcedibilità, esclude secondo la giurisprudenza (sez. 5, n. 14207 del 2015) – che al mancato deposito possa supplirsi con la conoscenza che della stessa sentenza si attinga “aliunde”.

4. – Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

La corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.700.00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 17 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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