Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6904 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. I, 11/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 11/03/2021), n.6904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n -2019 r.g. proposto da:

A.S., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato

Giorgio Mori, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in

Roma, Via di Grottarossa n. 50 A;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, depositata in

data 5.11.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha rigettato l’appello proposto da A.S., cittadino del (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 26.04.2016 dal Tribunale di Milano, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato in (OMISSIS) il (OMISSIS); ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese per ragioni economiche, avendo perduto peraltro la sua abitazione nell’inondazione del 2004 ed avendo il padre malato e privo di risorse economiche per le necessarie cure mediche.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, posto che non erano stati allegati dal ricorrente atti persecutori in danno di quest’ultimo, ma solo motivazioni di carattere economico come ragioni determinanti della decisione di emigrare; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva allegato una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. La sentenza, pubblicata il 5.11.2018, è stata impugnata da A.S. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7,2 e 3 in ordine allo status di rifugiato.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione al regime dell’onere della prova attenuato disposto in favore del richiedente protezione.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 in relazione alla richiesta di protezione umanitaria.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 Osserva subito la Corte come la dedotta circostanza del pericolo collegato alla violenza dei creditori è fatto nuovo non dedotto nei precedenti gradi di merito del giudizio, come emerge dalla lettura della sentenza impugnata e dallo stesso ricorso introduttivo, le cui doglianze non spiegano ove la censura qui in esame fosse stata dedotta nel giudizio di appello come motivo di gravame. A ciò va aggiunto che la doglianza da ultimo ricordata declinata in relazione al diniego del reclamato status di rifugiato – non coglie neanche la ratio decidendi del provvedimento impugnato che, sul punto qui in discussione, riposa sul rilievo della mancata allegazione da parte del richiedente della consumazione ai suoi danni di atti rientranti nel paradigma applicativo di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 non potendosi rintracciare, cioè, nella vicenda personale del richiedente atti di persecuzione in danno di quest’ultimo.

4.2 Anche il secondo motivo, articolato in relazione al diniego della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, è inammissibile perchè non censura la ratio decidendi del relativo provvedimento di negazione della relativa tutela. Ed invero, la corte di merito ha evidenziato che il ricorrente neanche aveva dedotto fatti sussumibile nell’ambito di applicazione delle norme da ultimo citate, mentre sulla richiesta di protezione di cui all’art. 14, lett. c., medesimo decreto sopra ricordato, la motivazione della sentenza della corte ambrosiana ha reso puntuale motivazione, con l’indicazione delle relative fonti informative in ordine all’assenza di un pericolo di danno collegato ad un conflitto armato generalizzato.

A fronte di tale chiara (e peraltro non censurata) motivazione, non è dato comprendere in cosa si sostanzi il denunciato vizio di violazione del dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, atteso che, anche a voler superare i pur assorbenti profili di inammissibilità sopra riferiti, la corte ha puntualmente indicato le sue fonti informative, acquisite officiosamente proprio in virtù dell’obbligo di cooperazione istruttoria di cui ora si denuncia la violazione.

4.3 D terzo motivo non sfugge anch’esso alla sanzione di inammissibilità, in quanto, anche in questo caso (come nei precedenti motivi), le doglianze sembrano non comprendere (e dunque non censurano) le rationes decidendi del diniego della richiesta tutela protettiva umanitaria, ragioni che si fondano sul rilievo della mancata allegazione di una condizione di vulnerabilità del richiedente e sulla mancata dimostrazione di una integrazione sociale di quest’ultimo nel paese di accoglienza.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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