Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6904 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 11/03/2020), n.6904

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34084/18 proposto da:

-) S.M., elettivamente domiciliato a Roma, presso la

cancelleria della Corte di cassazione, difeso dall’avv. Massimo

Gilardoni in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 4.10.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3.12.2019 dal Consigliere relatore Dott. Rossetti Marco.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. S.M., cittadino bengalese, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

a fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il (OMISSIS) perchè estromesso con violenza dalla sua proprietà, ed essersi di conseguenza venuto a trovare in una condizione di indigenza tale da non consentirgli una vita dignitosa;

la Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento S.M. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Milano ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, che lo rigettò con decreto 4.10.2018;

il tribunale ritenne innanzitutto che il richiedente asilo non fosse attendibile, perchè il suo racconto era generico, poco circostanziato e implausibile; che di conseguenza non poteva ritenersi dimostrata la sussistenza di una persecuzione in danno dell’odierno ricorrente; che sul piano della situazione sociale e politica del paese di provenienza dell’odierno ricorrente “nulla ha dedotto il difensore in relazione alla vicenda personale del suo Tito”; che in ogni caso il (OMISSIS) non esiste una violenza indiscriminata derivante da conflitto armato; che non ricorrevano nel caso di specie alcuna situazione di vulnerabilità tale da giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, essendo il ricorrente una persona adulta ed abile al lavoro; il suddetto decreto è Stato impugnato per cassazione da S.M. con un unico articolato motivo, distinto in più censure;

il ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

nella prima parte della illustrazione dei motivi posti a fondamento del ricorso per cassazione (pagine 5-7) il ricorrente chiede a questa corte di sollevare la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 47 del 2017, art. 6, comma 1; sostiene che tale norma, non consentendo l’appello avverso le decisioni del tribunale in materia di protezione internazionale che violerebbe gli artt. 3,24 e 111 Cost., in quanto manifestamente irragionevole, e comunque perchè introduce un modello processuale in cui da un lato “la formazione della prova è demandata nella maggior parte dei casi alla visione di una video legis”; e dall’altro però non è consentito altro rimedio avverso la decisione di unico grado che il ricorso per cassazione; tale modello, secondo il ricorrente, violerebbe il diritto di difesa e “i principi fondamentali previsti all’art. 3 e all’art. 10 Cost.;

la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente, a prescindere da qualsiasi delibazione della sua fondatezza, è inammissibile per difetto di rilevanza;

se, infatti, nella presente sede di legittimità fosse sollevata una questione di legittimità costituzionale, ed essa fosse accolta, questa Corte non potrebbe che dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione, perchè il decreto impugnato in questa sede diverrebbe appellabile; è dunque evidente che la questione prospettata dal ricorrente priva di rilevanza, ed anzi non è nemmeno sottesa non giuridico interesse ex art. 100 c.p.c. a sollevarla;

in ogni caso la questione sarebbe anche manifestamente infondata, dal momento non esiste alcun diritto costituzionalmente garantito ad un doppio grado di giurisdizione piena sul merito (ex multis, Corte Cost., 28-10-2014, n. 243; Corte Cost., 30-07-1997, n. 288; Corte Cost., 0310-1990, n. 433);

con una seconda censura il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008 “con riferimento al mancato riconoscimento dell’autonoma rilevanza giuridica, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, la condizione di estrema povertà dello straniero nel paese di origine;

nella illustrazione del motivo si sostiene che, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, occorre attribuire rilevanza – il che il tribunale non avrebbe fatto – alla povertà e alla instabilità politica del paese d’origine; nonchè all’integrazione sociale raggiunto in Italia dal richiedente; nel caso di specie, sostiene il ricorrente, in violazione di tali principi il tribunale ha trascurato di esaminare e dare rilievo “all’incolmabile sproporzione tra la condizione di provenienza è quella conseguita nel paese ospitante”;

il motivo è inammissibile;

in punto di fatto, il tribunale ha accertato che il richiedente asilo non ha raggiunto alcuna apprezzabile integrazione nel nostro paese, sicchè le contrarie deduzioni svolte la ricorrente sono inammissibili perchè contrappongono la propria valutazione a quella compiuta dal giudice di merito;

in punto di diritto, questa Corte, infatti, ha già ripetutamente affermato che il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura residuale ed atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale. Se così non fosse, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, misura “personalizzata” e concreta, finirebbe per essere accordato non già sulla base delle specificità del caso concreto, ma sulla base delle condizioni generali del Paese d’origine del richiedente, in termini del tutto generali ed astratti, ed in violazione della ratio e della lettera della legge (Sez. 1 -, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01, che il ricorrente mostra di conoscere ed invoca, ma della cui motivazione non tiene conto nella sua integralità);

ne consegue che la povertà del Paese da cui provenga chi richieda un permesso di soggiorno per motivi umanitari non legittima, di per sè e da sola, il rilascio del suddetto permesso (ex multis, Sez. 1, Ordinanza n. 21280 del 9.8.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 17287 del 27.6.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 17282 del 27.6.2019; Sez. 1 -, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01);

non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata;

il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17);

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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