Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6903 del 24/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 6903 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 17932-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
DE LORENZI ROSANNA;

– intimata avverso la sentenza n. 40/13/2011 della Commissione Tributaria
Regionale di BOLOGNA del 16.5.2011, depositata 11 23/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

Data pubblicazione: 24/03/2014

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Bologna ha accolto l’appello principale dell’Agenzia e quello incidentale
di De Lorenzi Rosanna -appelli proposti contro la sentenza n.37/13/2009 della CTP di
Bologna che aveva parzialmente accolto il ricorso della medesima De Lorenzi- ed
ha così annullato il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso per IRPEF (trattenuta
dall’INPS su pensione integrativa sull’intero anzicchè sull’85c/0 di quanto
corrisposto) relativa all’anno 2000, nel mentre ha confermato il silenzio rifiuto
concernente il rimborso dell’imposta relativa all’anno 2001.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che non vi fossero ragioni per
applicare alla specie di causa la disciplina dell’art.38 del DPR n.602/19 (anzicchè
l’art.37 dello stesso DPR come era stato richiesto dal contribuente, con conseguente
applicazione della prescrizione decennale) atteso che l’INPS aveva effettuato
direttamente le ritenute, “sì che l’errore è stato commesso dall’Amministrazione che
ha erogato al contribuente un importo netto inferiore al dovuto”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a un motivo.
La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione del combinato
disposto degli art.37 e 38 del DPR n.602/1973) la parte ricorrente si duole, in
sostanza, del fatto che il giudice di appello abbia ritenuto applicabile alla specie di
causa la disciplina prevista dal menzionato art.37 anzicchè quella fissata con l’art.38,

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letti gli atti depositati

per quanto quest’ultima norma preveda espressamente che di essa si fa applicazione
anche all’istanza di rimborso presentata “dal percipiente delle somme assoggettate a
ritenuta”.
Il motivo appare fondato e da accogliersi.
Trattandosi di ritenute alla fonte (cioè operate dal datore di lavoro in qualità di

applicarsi alla specie di causa la disciplina dettata dall’art.38 dianzi menzionato, così
come chiarito da copiosa giurisprudenza di codesta Suprema Corte (tra le molte, si
vedano Cass. n.9940/2000; Cass. n.12810/2002):” La richiesta di rimborso delle
ritenute di IRPEF effettuate, come sostituto d’imposta ex art. 23 del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, da datore di lavoro diverso da un’Amministrazione statale,
sulle somme a vario titolo corrisposte al dipendente trova la sua disciplina nell’art. 38
del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e va quindi presentata dal dipendente
percipiente nel termine in esso fissato rispetto alla data in cui la ritenuta è stata
operata. L’art. 37 del medesimo decreto, infatti, regola la diversa ipotesi della
“ritenuta diretta”, che si verifica per le sole Amministrazioni dello Stato, cui è
concesso di avvalersene nei confronti dei dipendenti, per attuare una compensazione
fra il credito dell’Amministrazione stessa e il credito del contribuente”.
Non avendo il giudicante fatto applicazione del predetto principio di diritto, non resta
che cassare la pronuncia qui impugnata limitatamente alla statuizione che riconosce il
diritto al rimborso per l’anno 2000, con la conseguenza che la Corte potrà anche
provvedere nel merito (non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti di fatto) e
rigettare il ricorso del contribuente avverso il silenzio rifiuto relativo al rimborso
della predetta annualità di imposta.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 15 settembre 2013

ritenuto inoltre:

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sostituto di imposta, sia esso privato o pubblico diverso dallo Stato), non può che

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

limitatamente a questo grado.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata limitatamente alla
statuizione che riconosce il diritto al rimborso per l’anno 2000 e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il silenzio-rifiuto concernente il
rimborso relativo alla predetta annualità. Condanna la parte contribuente a rifondere
le spese di lite di questo grado, liquidate in € 1.200,00 oltre spese prenotate a debito
e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2014

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza,

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