Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6902 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 11/03/2020), n.6902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34032/18 proposto da:

-) S.M.M., elettivamente domiciliato in Roma, via degli

Appennini 60, presso lo studio dell’avvocato Luisa Di Zenzo, che lo

difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 7.11.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3.12.2019 dal Consigliere relatore Dott. Rossetti Marco.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

S.M.M., cittadino della Guinea, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis); a fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato la Guinea perchè aveva provocato involontariamente la morte di un uomo, e se fosse rimasto nel suo Paese sarebbe stato incarcerato “senza processo” e comunque esposto alla vendetta dei familiari;

la Commissione Territoriale rigettò l’istanza;

avverso tale provvedimento S.M.M. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Milano ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 che lo rigettò con Decreto 7 novembre 2018;

il Tribunale ritenne che:

(a) il ricorrente non era credibile, perchè aveva fornito una versione dei fatti contraddittoria e lacunosa;

(b) il diritto all’asilo non spettava, perchè il ricorrente non aveva lasciato il suo Paese per sfuggire alla tortura o ad una condanna a morte;

(c) il diritto alla protezione sussidiaria non spettava, poichè nella regione di provenienza del ricorrente non era in atto una violenza indiscriminata derivante da conflitti armati;

(d) non sussistevano nemmeno i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 5), perchè il ricorrente non aveva neppure allegato alcuna circostanza idonea a palesarne la vulnerabilità;

il decreto è stato impugnato per cassazione da S.M.M. con ricorso fondato su tre motivi;

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

col primo motivo il ricorrente formula due censure;

con una prima censura lamenta la nullità del procedimento per la sua mancata audizione; con la seconda censura lamenta l’esistenza di una “motivazione apparente” del decreto impugnato nella parte in cui l’ha ritenuto non credibile;

la prima censura è infondata;

il ricorrente mostra di confondere la fissazione dell’udienza, che è sempre necessaria quando non vi sia stata la videoregistrazione dell’interrogatorio reso dinanzi la commissione territoriale, con l’audizione della parte, la quale è invece rimessa ad una scelta discrezionale del giudice di merito, scelta la cui discrezionalità è coessenziale al funzionamento di qualsiasi processo civile, dal momento che costituirebbe un inutile appesantimento obbligare il giudice a interrogare la parte anche quando, ad esempio, debba decidersi soltanto sulla ammissibilità o tempestività del ricorso;

la decisione del Tribunale è dunque conforme a quanto ripetutamente stabilito da questa Corte, e cioè che “nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero” (Sez. 1 -, Sentenza n. 5973 del 28/02/2019, Rv. 652815 01; nello stesso senso, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2817 del 31/01/2019, Rv. 652463 – 01; Sez. 1 -, Sentenza n. 17717 del 05/07/2018, Rv. 649521 – 05; Sez. 1 -, Ordinanza n. 3029 del 31/01/2019, Rv. 652410 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3003 del 07/02/2018, Rv. 647297 – 01); la seconda censura è inammissibile;

il tribunale ha ritenuto che il racconto del richiedente asilo non fosse credibile, e lo stabilire se una persona sia attendibile od inattendibile è un apprezzamento di fatto, non una valutazione in diritto: ed in quanto tale sfugge al sindacato di questa Corte;

col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5 e 14;

sostiene che la valutazione di attendibilità del richiedente asilo non può essere compiuta dal giudice di merito quomodolibet, ma è una valutazione procedimento è iniziata, cioè da svolgersi secondo i criteri stabiliti dai suddetti D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5; dopo aver affermato ciò, l’illustrazione del motivo prosegue esponendo che il Tribunale ha omesso di “svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda”, e quindi che ha escluso la sussistenza del requisito del danno grave, di cui all’art. 14, lett. b), sulla base di una valutazione superficiale;

il motivo è in parte inammissibile, ed in parte infondato;

il Tribunale, infatti, non ha affatto omesso di prendere in esame i criteri di giudizio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5;

al contrario, con ampia motivazione, ha indicato per quali ragioni il richiedente asilo doveva ritenersi inattendibile;

giova ricordare, a tal riguardo, che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, non impone affatto al Giudicante – al contrario di quanto mostra di ritenere il ricorrente – l’obbligo di credere al richiedente asilo, quando questi abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la sua domanda e non abbia potuto fornire ulteriori prove senza colpa;

D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, impone al giudice soltanto l’obbligo, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, di compiere le valutazioni ivi elencate, ed in particolare di stabilire “se le dichiarazioni del richiedente (siano) coerenti e plausibili” (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. lett. (c));

da ciò discendono tre conseguenze:

-) la prima è che D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, non potrà mai dirsi violato sol perchè il giudice di merito abbia ritenuto inattendibile un racconto od inveritiero un fatto;

-) la seconda è che il giudizio sulla credibilità del richiedente asilo non è affatto a rime obbligate, e non sussiste alcun “diritto ad essere creduti” sol perchè si sia presentata una domanda di asilo il prima possibile o si sia fornito un racconto circostanziato (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20580 del 31/07/2019, Rv. 654946 – 01);

-) la terza è che D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. (c), lascia libero il giudice di merito di credere o non credere al richiedente asilo, secondo il suo prudente apprezzamento, che in quanto tale non è sindacabile in questa sede (Sez. 1, Ordinanza n. 21283 del 9.8.2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 21142 del 07/08/2019, Rv. 654674 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 21128 del 7.8.2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27503 del 30/10/2018, Rv. 651361 – 01);

col terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 25 del 2008, art. 32, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; sostiene l’erroneità del rigetto della domanda di protezione umanitaria; lamenta che il Tribunale avrebbe trascurato obbligo di cooperazione istruttoria, nè tenuto conto che in caso di rientro nel suo paese l’odierno ricorrente correrebbe il rischio di vedere sacrificati i suoi diritti fondamentali;

il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata;

la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari è stata infatti rigettata sul presupposto che il richiedente non avesse assolto l’onere di allegazione dei fatti costitutivi di essa, e tale ratio decidendi non viene impugnata; ciò rende superfluo stabilire se il Tribunale abbia o non abbia violato l’obbligo di cooperazione istruttoria, dal momento che a fronte di un deficit assertivo quell’obbligo non potè nemmeno sorgere;

non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata;

il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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