Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6896 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 11/03/2020), n.6896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 33453/18 proposto da:

-) A.H., elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio

dell’avvocato Guido Faggiani, difeso dall’avvocato Roberto Dalla

Bona in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano 1.10.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3.12.2019 dal Consigliere relatore Dott. ROSSETTI Marco.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

A.H., cittadino togolese, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis); a fondamento dell’istanza dedusse di essere fuggito dal suo Paese per il timore che lo zio, volendo impossessarsi dell’eredità a lui pervenuta, lo uccidesse;

la Commissione Territoriale rigettò l’istanza;

avverso tale provvedimento A.H. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 1.10.2018;

il Tribunale ritenne che:

(a) il diritto all’asilo non spettava, perchè il ricorrente era fuggito dal Paese per ragioni puramente familiari;

(b) il diritto alla protezione sussidiaria non spettava, poichè nella regione di provenienza del ricorrente non era in atto una violenza indiscriminata derivante da conflitti armati;

(c) non sussistevano nemmeno i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 5), perchè il ricorrente non aveva neppure allegato a quali rischi, ulteriori e diversi da quelli dedotti a fondamento della domanda di protezione sussidiaria, sarebbe stato esposto nel caso di rimpatrio;

tale decreto è stato impugnato per cassazione da A.H. con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria;

il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

è superfluo dare conto del contenuto dei motivi prospettati dal ricorrente, in quanto il ricorso è inammissibile per difetto di procura;

il ricorrente ha infatti allegato al ricorso una procura che:

-) è stata conferita su foglio separato dal ricorso, e non è autenticata da un pubblico ufficiale;

-) è priva del requisito della specialità, in quanto in essa si dichiara: “delego a rappresentarmi e difendermi nella presente procedura in ogni stato e grado” (e già ciò solleva seri dubbi sulla effettiva volontà del mandante) “l’avv. Roberto Dalla Bona (…), l’incarico riguarda specificamente la proposizione del ricorso per cassazione avverso”: a questo punto il testo si interrompe e segue una riga in bianco; il documento prosegue quindi col conferimento al difensore “di ogni facoltà ed in particolare quella di transigere e rinunciare ecc.”;

la procura alle liti è dunque priva di qualsiasi benchè minimo riferimento al provvedimento impugnato;

-) in ogni caso la procura è, per di più, priva della formale dichiarazione, da parte del difensore, che essa è stata rilasciata dopo la notifica del provvedimento impugnato, come richiesto dal D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 3 septies;

non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata;

il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta; incidenter tantum, rileva nondimeno questa Corte che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 11, il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato;

PQM

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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