Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6895 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 11/03/2020), n.6895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25944/2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in Jesi, corso Matteotti

n. 21, presso lo studio dell’avv. Iacopo Casini Ropa, che lo

rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 146/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 31/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 da DOLMETTA ALDO ANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- A.F., di origine bengalese, ha proposto appello avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Salerno, decidendo sul ricorso al provvedimento emesso dalla Commissione territoriale, di diniego della protezione internazionale e della protezione umanitaria, ha confermato il rigetto della domanda del richiedente.

La Corte di Appello di Salerno, così adita, con sentenza del 31 gennaio 2018 ha rigettato l’impugnazione.

2. – Ribadendo quanto rilevato dal giudice del primo grado, la Corte territoriale ha rilevato che la motivazione – essenzialmente economica – addotta dal richiedente a motivo del suo espatrio non integra nessuna delle ragioni che, per diritto vigente, fondano il diritto di rifugio. Ha poi osservato, con riguardo alla protezione sussidiaria, che il ricorrente non aveva specificato la zona specifica di provenienza (nell’ambito del (OMISSIS)), nè consentito, col suo racconto, di “coordinare la situazione di estrema indigenza” con il “danno grave” di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Con riguardo alla protezione umanitaria, la Corte campana ha rilevato che l'”incardinazione del soggetto nel tessuto economico del paese di accoglienza” (nella specie, “definitiva assunzione” del richiedente da parte di una società cooperativa) “non si pone come condizione necessaria della concessione di protezione”: la “nuova posizione lavorativa lo legittimerebbe, piuttosto, al permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.

3.- Avverso questo provvedimento A.F. ha presentato ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.

In data 19 gennaio 2019, l’Avvocatura dello Stato ha depositato un atto, in cui dichiara che, “non essendosi costituita nei termini di legge mediante controricorso, si costituisce… al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. – I due motivi di ricorso riguardano entrambi la materia della protezione umanitaria e si manifestano suscettibili di esame unitario. Il primo motivo assume la violazione delle norme del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè omesso esame di fatto decisivo. Il secondo motivo assume, a sua volta, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, nonchè omesso esame di fatto decisivo.

Con questi motivi, il ricorrente – dopo avere esposto una serie di considerazioni sulla precarietà e instabilità economica e anche sociopolitica del Paese di provenienza, come pure riflesse sulla persona del richiedente – ha rilevato come l’esame della Corte di Appello sia stato meramente astratto, senza tenere in considerazione gli “elementi legati alla vicenda personale del richiedente”.

Ha anche aggiunto che, secondo l’insegnamento di questa Corte (Cass., 23 febbraio 2018, n. 4455), “il riconoscimento della protezione umanitaria al cittadino straniero che abbia realizzato un grado di integrazione sociale nel nostro paese deve comportare l’esame specifico ed attuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente”. Cosa per nulla posta in essere – così si assume dalla Corte campana.

5. – Il ricorso è fondato e va quindi accolto.

Nei fatti, la Corte territoriale ha limitato l’orizzonte del proprio esame alla sola considerazione che la attuale “situazione lavorativa” (come risulta seguente a un'”assunzione definitiva”) del richiedente lo potrebbe legittimare all'(eventuale) ottenimento di un permesso per motivi di lavoro, rivelandosi tuttavia estranea al tema della protezione umanitaria.

Così facendo, peraltro, la sentenza impugnata ha trascurato di tenere conto del fatto che la tutela costituita dal rilascio di permessi di soggiorno sostenuti da ragioni umanitarie non risulta – in ragione del suo carattere basico – esclusa, ovvero preclusa, dal solo fatto di un’eventuale possibilità di ricorrere ad altre forme di protezione.

Così come non ha tenuto conto della circostanza che, secondo l’approccio seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini della rilevazione della sussistenza dei presupposti di riconoscimento della protezione umanitaria dev’essere assegnato “rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine” (cfr., di recente, la pronuncia a Sezioni Unite di Cass., 13 novembre 2019, n. 29460).

6. – La sentenza va quindi cassata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Salerno che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Salerno che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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