Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6892 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2022, (ud. 12/10/2021, dep. 02/03/2022), n.6892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17817-2016 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE (A.S.L.)2 LANCIANO – VASTO – CHIETI, in

persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SUSA 1, presso lo studio dell’avvocato IDA

DI DOMENICA, rappresentata e difesa dall’avvocato GERMANO BELLI;

– ricorrente –

contro

B.L., C.G., CO.DA., D.G.G.,

D.P.R., P.M., P.A.R., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE ORSINI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

D.F.M., R.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 29/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 14/01/2016 R.G.N. 547/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2021 dal Consigliere Dott. DE MARINIS NICOLA.

 

Fatto

RILEVATO

– che con sentenza del 14 gennaio 2016, la Corte d’Appello di L’Aquila, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Chieti, accoglieva la domanda proposta da B.L. e altri 8 nei confronti dell’Azienda Sanitaria locale ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti avente ad oggetto il riconoscimento del diritto degli istanti, tutti dipendenti della predetta Azienda sanitaria, con mansioni di infermieri, tecnici di laboratorio ed addetti ai servizi di pulizia a vedersi retribuire, in quanto rientrante nell’orario di lavoro, il tempo impiegato per indossare e dismettere la divisa loro fornita per lo svolgimento della prestazione, e condannava l’Azienda sanitaria al pagamento delle relative differenze retributive nei limiti della prescrizione quinquennale;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, alla stregua del compiuto accertamento in fatto, in base al quale la Corte stessa è pervenuta al convincimento del carattere eterodiretto e non meramente preparatorio dell’attività, in quanto disciplinata e controllata dal datore, di dover qualificare, in consonanza con l’orientamento espresso da questa Corte, il tempo relativo, identificato in venti minuti complessivi, come incluso nell’orario di lavoro e tale da fondare a carico dell’Azienda sanitaria datrice l’obbligo di retribuirlo nei limiti della prescrizione quinquennale;

– che per la cassazione della decisione ricorre l’Azienda sanitaria, con quattro motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti.

Diritto

CONSIDERATO

– che con il primo motivo, l’Azienda sanitaria ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., lamenta l’incongruità logica e giuridica dell’iter argomentativo della Corte territoriale che approda al convincimento del carattere eterodiretto dell’operazione di vestizione/svestizione senza dare rilievo alcuno al dato dell’assenza di precise disposizioni circa il momento in cui effettuare l’attività rispetto a quello della timbratura;

– che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 692 del 1923, artt. 3 e 6, R.D. n. 1955 del 1923, art. 10, D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 2, art. 2, n. 1, Direttiva 98/104/CE, D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1, comma 2, lett. a) e art. 18 CCNL per il comparto Sanità 1.9.1995, ripropone sotto il profilo della non conformità a diritto la censura concernente la mancata considerazione dell’assenza di puntuali disposizioni che impongano ai lavoratori determinate modalità nell’effettuazione delle operazioni di vestizione/svestizione;

– che con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 112, si imputa alla Corte territoriale l’omessa pronunzia in ordine all’eccepita configurabilità come straordinario del tempo necessario all’operazione computato come ulteriore rispetto all’orario di lavoro e del contrasto, per difetto della prevista autorizzazione, con la disciplina relativa;

– che la presente impugnazione – che, sebbene articolata su tre motivi, in quanto sostanzialmente volta a contestare alla Corte territoriale di non aver correttamente applicato il principio di diritto a riguardo fissato dalla giurisprudenza di questa Corte, stigmatizzando l’effetto dell’artificioso incremento dell’orario di lavoro in contrasto con le regole che disciplinano l’istituto del lavoro straordinario nel settore pubblico, ben può essere considerata unitariamente – deve ritenersi complessivamente infondata, atteso che l’apprezzamento in fatto operato dalla Corte territoriale in ordine al carattere eterodiretto delle operazioni di vestizione/svestizione dell’abbigliamento ospedaliero, risulta basato su un criterio coerente con il principio di diritto fatto proprio da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. n. 8622/2020) e correttamente inteso a valorizzare il profilo dell’obbligatorietà dell’operazione in vista dell’espletamento dell’attività lavorativa, che ne consente la riconducibilità all’ambito dell’esatto adempimento della prestazione che il soggetto datore può, anche in via implicita, pretendere; profilo che condivisibilmente la Corte territoriale ha valutato non smentito dall’eccepita assenza di specifiche disposizioni volte a regolare l’operazione rispetto al momento della timbratura, tenuto conto, anche, che quell’eccezione, rilevando nel senso di consentire la vestizione dopo la timbratura e la svestizione prima di quella, lungi dal determinare l’estraneità dell’operazione all’ambito del lavoro effettivo, ne ammette l’inclusione nel tempo di lavoro, di modo che la pronunzia resa dalla Corte territoriale si risolve nella sanzione formale di quella inclusione, con invarianza dell’orario normale, che tenendo conto di tale formalizzazione andrà semplicemente rimodulato, senza risultare di fatto incrementato, derivandone l’inconfigurabilità del tempo relativo come lavoro straordinario, con conseguente inconferenza del terzo motivo, da ritenersi di per sé inammissibile.

– che il ricorso va, pertanto, rigettato e le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

 

 

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