Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6889 del 17/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 17/03/2017, (ud. 13/09/2016, dep.17/03/2017),  n. 6889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13362-2012 proposto da:

LOGISTA ITALIA SPA in persona dell’Amm.re Delegato e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.

PAISIELLO 33, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PETRECCA, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSAMARIA NICASTRO

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AMMINISTRAZIONE AUTONOMA MONOPOLI DI STATO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 702/2011 della COMM.TRIB.REG. del Lazio,

depositata il 24/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/09/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PAULETTI per delega dell’Avvocato

NICASTRO che insiste nella rinuncia al ricorso, si rimette alla

Corte per le spese processuali;

udito per il controricorrente l’Avvocato COLLABOLLETTA che nulla

oppone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’estinzione per rinuncia del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nei confronti di Logista Italia s.p.a. venne emessa ingiunzione di pagamento per svincolo irregolare da regime sospensivo di tabacchi lavorati presso deposito fiscale, dovendosi considerare immissione in consumo lo svincolo anche irregolare. Il ricorso della contribuente venne disatteso dalla CTP. Anche l’appello fu rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio sulla base della seguente motivazione.

Infondata è l’eccezione di difetto di motivazione dell’ingiunzione perchè l’ingiunzione si inserisce in un procedimento che prende le mosse dal p.v.c. nel quale vengono esplicitati tutti i presupposti per l’applicazione dell’accisa alle partite in sospeso, sicchè l’ingiunzione ha l’esclusiva funzione di rendere liquido ed esigibile l’obbligazione già sorta ope legis, mentre il contribuente conosce dall’inizio le ragioni di fatto e di diritto poste a base della pretesa impositiva e l’atto non abbisogna di ulteriori specificazioni per integrare la motivazione. Quanto all’eccezione di violazione della tipicità degli atti impositivi, legittima è l’ingiunzione trattandosi di comunicazione di irregolarità con cui si liquida il tributo, per il quale si utilizza una normativa di carattere generale riguardante la riscossione di tutte le entrate dello Stato, allo stato esecutiva di diritto ai sensi del D.Lgs. n. 51 del 1999. Nel merito va premesso che il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 4 riproducendo il contenuto di previgenti disposizioni, prevede che “in caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono dell’imposta quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Salvo che per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a terzi o allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”. Furto e rapina non possono essere ricondotti alla forza maggiore perchè perdita coincide con dispersione, avendo il legislatore con la norma di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 693 del 1980, art. 22 ter convertito con L. n. 891 del 1980, stabilito che la parola “perdita” va intesa come “dispersione” e non “sottrazione”, e perchè la sottrazione non impedisce l’immissione nel consumo del prodotto sottratto.

Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso per il Ministero dell’Economia e delle Finanze l’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione a falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che l’atto impugnato non chiarisce le ragioni per le quali la contribuente non ha diritto all’abbuono, limitandosi a fare un mero elenco di località, date di eventi e date di verbali.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 1 e L. n. 212 del 2000, art. 7 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che l’atto impugnato è stato emesso in mancanza di una normativa di riferimento, in violazione del principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi, nè risulta chiarita la fonte normativa a fondamento del potere impositivo.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della D.L. n. 331 del 1993, art. 5 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che con riferimento alla disposizione citata il furto va considerato forza maggiore, pena il pregiudizio delle prerogative costituzionali del contribuente, che risponderebbe per fatti non a lui imputabili. Aggiunge che l’insorgere di una obbligazione tributaria a prescindere da qualsiasi accertamento della responsabilità del contribuente si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. e che la questione di legittimità costituzionale si porrebbe anche sotto il profilo della disparità di trattamento con i depositari degli altri prodotti soggetti ad accisa (oli minerali e alcolici) per i quali vale la disposizione secondo cui “i fatti imputabili a terzi o allo stesso soggetto passivo a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore”.

La parte ricorrente ha ritualmente rinunciato al ricorso. Segue l’estinzione del processo. La parte che ha dato causa al processo va condannata alle spese, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara l’estinzione del processo; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, che liquida in Euro 9.000,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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