Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6888 del 22/03/2010

Cassazione civile sez. I, 22/03/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 22/03/2010), n.6888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.M.C. (c.f. (OMISSIS)), domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

04/10/2006; n. 861/06 R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

11/01/2010 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 2006, D.M.C. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrisponderle l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 28.06 – 4.10.2006, l’adita Corte di appello condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rimasta contumace, al pagamento in favore dell’istante della somma di Euro 4.666,48 a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, oltre al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 395,00, di cui Euro 25,00 per esborsi, 70,00 per diritti ed Euro 300,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, distratte in favore del difensore antistatario.

La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che la D.M. aveva chiesto l’equa riparazione del danno non patrimoniale subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di, da lei introdotto, dinanzi al TAR Campania, con ricorso depositato il 20.06.1998 ed ancora pendente in primo grado;

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, trattandosi di controversia non particolarmente complessa, poteva essere fissata in anni tre, secondo l’orientamento CEDU;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in 56 mesi, il chiesto indennizzo del danno morale doveva essere equitativamente liquidato all’attualita’ nella misura di Euro 1.000,00 ad anno di ritardo.

Avverso questo decreto la D.M. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 12.11.2007. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha resistito con controricorso notificato il 12.12.2007.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Riassuntivamente ed in sintesi, con il ricorso la D.M. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (motivi da 1 a 3) ai criteri di liquidazione del danno morale, che assume esserle dovuto nella misura di Euro 125,00 per ciascuno dei 56 mesi di ritardo di definizione del processo presupposto, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia (motivi da 4 a 10) all’insufficienza delle liquidate spese, anche a suo parere immotivatamente ridotte rispetto a quelle richieste con la nota spese depositata nel pregresso grado di merito.

Il ricorso va accolto nei limiti delle argomentazioni che seguono.

Infondate risultano le censure afferenti l’insufficienza dell’indennizzo liquidato per il subito danno non patrimoniale.

Nel caso in disamina, infatti, la Corte di merito:

– ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalita’ sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568;

200608714; 200723844);

– quale indennizzo per il sofferto danno morale, ha legittimamente liquidato in via equitativa, l’importo di Euro 1.000,00 ad anno di incongruo ritardo, senza maggiorazioni, dal momento che la determinazione si rivela in linea con i parametri di quantificazione della riparazione del danno non patrimoniale applicati in casi simili dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, oscillanti tra Euro 1.000,00 e 1.500,00, e che l’aderenza al parametro minimo appare congruamente argomentata con riferimento alle peculiarita’ del caso (tra le numerose altre, cfr. Cass. 200704845), che precludevano pure l’incrementabilita’ con bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravita’ del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non evincibili (in tema cfr Cass. 20086808;

200917684).

Fondato e’, invece, il motivo inerente alle spese processuali del giudizio di merito.

Nei processi davanti ai giudici nazionali, ivi compresi quelli di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il regime delle spese di lite deve seguire le regole legali previste dalla legge italiana (in tema, cfr. Cass. 200318204; 200423789; 200714053), ma nella specie quanto liquidato a tale titolo appare non rispondente per difetto ai vigenti criteri tariffari, fissati per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello.

Accolta, dunque, la censura in questione, sulle esposte premesse ben puo’ procedersi con riguardo soltanto alla statuizione inerente alla liquidazione delle spese del giudizio di merito alla cassazione dell’impugnato decreto e, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., alla riliquidazione di tali spese secondo gli importi indicati in dispositivo, in relazione ad attivita’ necessariamente compiute non avendo il ricorrente specificato le modalita’ anche temporali di deposito della nota spese nel pregresso grado.

L’esito del ricorso giustifica la compensazione nella misura di 2/3 delle spese del giudizio di legittimita’, e la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della residua parte, liquidata come in dispositivo. Spese distratte.

P.Q.M.

Accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso della D. M., cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito liquida le spese del giudizio di merito in complessivi Euro 1.150,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi ed Euro 720,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, condannando la Presidenza del Consiglio dei Ministri al relativo pagamento in favore della ricorrente. Compensa, inoltre, nella misura di 2/3, le spese del giudizio di legittimita’ e condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della ricorrente della residua parte, che liquida in complessivi Euro 200,00 (di cui Euro 167,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese tutte da distarsi in favore in favore dell’Avv.to A.L. Marra antistatario.

Cosi’ deciso in Roma, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2010

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