Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6887 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 6887 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 9483 — 2008 R.G. proposto da:
EDIL 90 s.r.1., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in
virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Alberto Cassini ed elettivamente
domiciliata in Roma, alla via delle Milizie, n. 76, presso lo studio dell’avvocato Francesca
Infascelli.
RICORRENTE
contro
BISCONTIN MARINO – c.f. BSCMRN23E18G886L — e CANCIAN ANNA – c.f.
CNCNNA29A54C991N — rappresentati e difesi in virtù di procura speciale per notar
Distefano di Pordenone in data 21.1.2014 dall’avvocato Alessandro Tudor ed elettivamente
domiciliati in Roma, alla via F. Siacci, n. 38, presso lo studio dell’avvocato Alessandro
Giussani.
CONTRORICORRENTI
Avverso la sentenza n. 574 dei 23.10/10.11.2007 della corte d’appello di Trieste,
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Data pubblicazione: 24/03/2014

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 31 gennaio 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Alessandro Tudor per i controricorrenti;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Pier Felice
Pratis, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in subordine per il

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto in data 11.11.1997 i coniugi Marino Biscontin ed Anna Cancian citavano a
comparire innanzi al tribunale di Pordenone la “Edil 90” s.r.1..
Esponevano che erano proprietari di un terreno sito in Porcia confinante con terreno di
proprietà della “Edil 90” s.r.1., che la medesima s.r.l. in una porzione del proprio fondo,
confinante per un ampio tratto con la loro proprietà, aveva eseguito un intervento di
lottizzazione, che tra l’area oggetto della lottizzazione e la proprietà di essi attori vi era un
fossato entro il quale scolavano le acque degli abitati posti a monte, che il confine correva
lungo la linea di mezzeria del fossato, a ridosso del quale vi era un transito di cui in forza di
consolidata servitù fruivano i terreni altrimenti interclusi posti all’interno, che la “Edil 90”
aveva ricoperto il fossato, conglobandolo nel proprio lotto, abbattuto alberi e realizzato un
asse stradale di accesso all’area lottizzata, in tal guisa debordando nel fondo di essi attori e
riducendo l’ampiezza della servitù di transito.
Chiedevano, tra l’altro, che “fosse accertata la linea di confine tra il proprio fondo… e il
fondo… di proprietà della convenuta” (così sentenza d’appello, pag. 4).
Costituitasi, la società convenuta deduceva che i due terreni in origine erano posti a livelli
differenti, più in alto quello degli attori, più in basso quello da essa lottizzato, sicché il fossato
correva ai piedi della scarpata che delimitava il fondo dei coniugi Biscontin — Cancian, che
“era stato effettuato un rilievo strumentale (a rifrazione elettronica) per trasporre in loco il
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rigetto,

confine catastale e s’ebbe così conferma che , che legittimamente quindi lo aveva tombinato” (così ricorso, pag. 2);
che nel fossato confluivano le acque anche “nere” degli insediamenti residenziali collocati a
monte, sicché era interesse pur degli attori, per evidenti ragioni d’igiene, che le acque non
ristagnassero a cielo aperto.

“accoglie le domande attoree, determina la linea del confine, secondo c.t.u., quale corrente
lungo la mezzeria del fossato, condanna parte convenuta alla riduzione in pristino stato dei
luoghi, a risarcire i danni in euro 2.000,00 e a rifondere le spese processuali e di perizia a
favore degli attori” (così sentenza d’appello, pag. 4).
Interponeva appello la “Edil 90” s.r.1., instando per l’integrale riforma della gravata
sentenza, con reiezione delle istanze tutte ex adverso spiegate in primo grado.
Si costituivano e resistevano Marino Biscontin ed Anna Cancian.
Con sentenza n. 574 dei 23.10/10.11.2007 la corte d’appello di Trieste rigettava l’appello,
così integralmente confermando la statuizione di prime cure, e condannava l’appellante s.r.l.
al pagamento delle spese del grado d’appello.
Segnatamente la corte territoriale premetteva che l’appellante si doleva giacché il
tribunale, conformemente a quanto richiestogli, avrebbe dovuto “demandare al C.T.U. una
specifica verifica: trasporre in sito il confine risultante dalle mappe con un rilevatore
elettronico…, accertando se esso coincideva con la mezzeria dell’alveo o con la base della
scarpata opposta” (così sentenza d’appello, pag. 7), indi reputava siffatta domanda
“palesemente infondata, prima che inammissibile e rinunciata” (così sentenza d’appello, pag.

8), esplicitando che “il perito d’ufficio ha basato i risultati su quattro punti…: i tondini, le
testimonianze, i grafici allegati al progetto P.R.P.C., il tratto grafico riportato nella mappa

(Pw..

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Disposta ed espletata c.t.u., all’esito con sentenza in data 18.11.2005 il tribunale adito

catastale”, e concludeva per “l’inutilità del nuovo accertamento” (così sentenza d’appello,

pag. 9).
Altresì, in ordine al “(preteso) consenso che i consorti Biscontin avrebbero prestato ai
lavori che oggi definiscono abusivi e invasivi della loro proprietà” (così sentenza d’appello,

pag. 9), la corte distrettuale dichiarava di condividere il dictum del primo giudice che aveva

Inoltre, in ordine all’istanza con cui la “Edil 90” aveva concluso “per la propria condanna
al ristoro per equivalente, non già al ripristino dei luoghi” (così sentenza d’appello, pagg. 9 –

10), la corte triestina opinava per la sua inammissibilità ex art. 345 c.p.c., giacché
“conclusione mai prima adottata” (così sentenza d’appello, pag. 10).
Infine, in ordine all’asserita insussistenza dei danni, la corte triestina, prendeva atto che
erano stati “liquidati dal G.U. in via equitativa in misura irrisoria” (così sentenza d’appello,

pag. 11) ed opinava per la loro indubitabile configurabilità, “a fronte di una situazione di
fatto, dopo il ripristino dei luoghi, necessariamente non corrispondente a quella esistente
prima della esecuzione della colmatura e quant’altro” (così sentenza d’appello, pag. 11).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Edil 90” s.r.1., chiedendone sulla scorta di
tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in relazione alle spese di lite.
I coniugi Marino Biscontin ed Anna Cancian hanno depositato controricorso, chiedendo
dichiararsi inammissibile e, comunque, rigettarsi l’avverso ricorso; con il favore delle spese
del giudizio.
In data 24.1.2014 Marino Biscontin ed Anna Cancian hanno depositato memoria ex art.
378 c.p.c., con cui al contempo hanno provveduto a costituirsi con nuovo difensore.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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opinato per la tardività della prospettazione, altresì reputandola sfornita di prova sufficiente.

Con il primo motivo la ricorrente s.r.l. deduce in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c.
la violazione e falsa applicazione dell’art. 950 c.c.; in relazione all’art. 360, 1° co., n. 5), c.p.c.
il vizio di omessa o comunque insufficiente motivazione su punti decisivi.
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, per l’evenienza di mancato
accoglimento del primo, la ricorrente s.r.l. deduce in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c.

il vizio di omessa, insufficiente o comunque contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo.
Con il terzo motivo la ricorrente s.r.l. deduce la violazione dell’art. 1226 c.c.; il vizio di
omessa o comunque insufficiente motivazione sul punto.
Il ricorso è inammissibile.
Va dato atto che dalla visura prodotta ed allegata alla memoria ex art. 378 c.p.c. con cui i
controricorrenti hanno provveduto a costituirsi a mezzo nuovo difensore, la s.r.l. ricorrente, su
sua domanda in data 5.1.2004, risulta cancellata dal registro delle imprese in data 16.1.2004.
E’ fuor di dubbio che, ai sensi dell’art. 2495, 2° co., c.c., l’iscrizione della cancellazione
di una società di capitali dal registro delle imprese ha valore costitutivo e produce l’effetto
dell’estinzione della persona giuridica (cfr. Cass. sez. un. 12.3.2012, n. 6070).
Su tale scorta questa Corte non può che ribadire l’insegnamento per cui, qualora la
cancellazione e, quindi, la estinzione della società di capitali non sia stata dichiarata nel corso
delle pregresse fasi di merito e nondimeno sia antecedente alla notificazione del ricorso per
cassazione — è il caso di specie – il medesimo ricorso all’uopo proposto dal liquidatore è
inammissibile, in ragione della perdita della capacità processuale attuatasi in capo a tale
soggetto, che, evidentemente, risulta privo del potere di rilasciare la procura, sicché la procura
eventualmente rilasciata non può che reputarsi affetta da nullità e tamquam non esset (cfr.

Cass. 12.12.2008, n. 29242).
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la violazione e falsa applicazione dell’art. 936 c.c.; in relazione all’art. 360, 1° co., n. 5), c.p.c.

La s.r.l. ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la s.r.l. ricorrente a rimborsare ai
controricorrenti le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.200,00, di cui euro

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

200,00 per esborsi.

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