Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6887 del 02/03/2022
Cassazione civile sez. trib., 02/03/2022, (ud. 10/02/2022, dep. 02/03/2022), n.6887
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22315/2012 R.G. proposto da:
M.C., rappresentato e difeso, come da procura speciale a
margine del ricorso, dall’Avv. Angelo Cima e dall’Avv. Pietro
Colucci, presso i quali è elettivamente domiciliato in Roma, Via
Fabio Massimo n. 107.
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,
n. 311/38/11, depositata il 23 giugno 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 febbraio
2022 dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita.
Fatto
RILEVATO
– che il contribuente ha presentato dichiarazione di volersi avvalere della definizione agevolata delle controversie tributarie e contestuale richiesta di sospensione del giudizio, ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6 conv. in L. 17 dicembre 2018, n. 136;
– che con ordinanza del 29/01/2019 questa Corte ha sospeso il processo il citato D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, comma 10;
– che, al decorso del termine del 10/06/2019 (cadente in data immediatamente successiva all’ordinanza di sospensione preventiva), ed a quelli successivi, non risulta depositata documentazione condonistica;
– che, pertanto, il ricorso deve essere deciso nel merito;
– che il contribuente ha impugnato la sentenza della CTR di cui in epigrafe che, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle entrate, in controversia riguardante avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2002, con cui l’Ufficio recuperava tassazione, ai fini Irpef, Irap ed Iva maggiori somme, derivanti dalla plusvalenza relativa alla cessione di azienda, ha ritenuto corretto l’operato dell’Ufficio di rettifica del reddito d’impresa sulla base del ricarico del 43,5%, risultante dai dati contabili forniti dalla parte contribuente; in particolare, secondo la CTR “(…) l’Ufficio si è avvalso dei dati indicati dal contribuente in sede di cessione d’azienda e dell’elenco allegato al relativo atto nel quale sono indicate le merci cedute nell’occasione e che vanno, quindi, considerate cedute al prezzo di costo nonché quelle acquistate in corso d’anno e che sono state indicate nel prezzo di acquisto ed in quello di vendita; ciò, ha consentito sia di rilevare la percentuale di ricarico praticata sia di rilevare, in considerazione dell’esistenza iniziale e delle rimanenze finali (merci cedute con l’azienda) l’ammontare del costo venduto in Euro 164.214,00″;
– che ha affidato il ricorso in Cassazione a tre motivi con i quali ha denunciato: con il primo motivo, l'”omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi della causa, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4”, nella parte in cui la CTR non ha spiegato come sia pervenuta, a fronte della documentazione risultante dagli atti, a ritenere legittimo il recupero impositivo anche con riguardo all’elenco delle merci allegate all’atto di cessione dell’azienda (allegato al ricorso); col secondo motivo, la “violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39,D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, laddove, in presenza di una contabilità formalmente regolare non ha dato conto della sussistenza di precisi di indizi – gravi, precisi e concordanti – sui quali fondare l’accertamento; col terzo, l'”inammissibilità del ricorso per preclusione derivante dal giudicato esterno”, in quanto la Commissione tributaria provinciale di Rieti con sentenza n. 13403/06 ha ricalcolato il valore dell’avviamento commerciale con acquiescenza dell’Ufficio a tale decisione;
– che l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
– che il ricorso è fondato e va accolto;
– che nell’esposizione del primo mezzo il ricorrente tocca una serie di punti, rilevanti e decisivi per il giudizio, che non trovano risposta nella sentenza impugnata, nonostante derivino dalle risultanze documentali esibite dalla parte e poste a base della decisione impugnata;
– che, dall’elenco della merce allegato al contratto di cessione di azienda, trascritto in ricorso, il ricorrente rileva che: “1) la merce ceduta rappresentava il 7,3% del totale compravenduto nel corso del periodo d’imposta; 2) i prezzi di vendita, a differenza di quelli riacquisto, erano al lordo di Iva con aliquote varianti da prodotto a prodotto; 3) le merci cedute erano costituite in massima parte da prodotti per l’igiene e la persona e surgelati, mentre mancavano, ovviamente, quelle deperibili ed economicamente più significative per una rivendita di generi alimentari, pane latte, formaggi e prodotti freschi, in genere a più basso ricarico, per i quali è anche elevata l’incidenza dei cali di peso, degli sfridi e delle perdite dovute all’inventore; 4) dalla semplice lettura dell’allegato si rilevano, inoltre, diverse percentuali di ricarico che avrebbero dovuto comportare l’applicazione di una media aritmetica ponderata (comunque sempre inadeguate in rapporto alla limitatezza del campione) mentre l’ufficio ha fatto uso della media aritmetica semplice; 5) la percentuale di ricarico dichiarata superiore al 31% è assolutamente in linea ed anzi superiore alla media del settore che si attestano notoriamente intorno al 21%”;
– che in base ai principi enunciati da questa Corte (v. Sez. 6-5, 15/12/2017, n. 30276, Rv. 646984- 01) la determinazione in via presuntiva della percentuale di ricarico effettiva sul prezzo della merce venduta, in sede di accertamento induttivo, deve avvenire adottando un criterio che sia: (a) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame; (b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; (c) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni;
– che tale modalità di determinazione della reale percentuale di ricarico prescinde del tutto dalla circostanza che la contabilità dell’imprenditore risulti formalmente regolare;
– che, inoltre, il ricarico è dato dalla differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto del prodotto ed entrambe le voci vanno considerate al netto dell’IVA;
– che l’avvocatura erariale nulla replica in controricorso rispetto all’impianto censorio del ricorrente;
– che, dunque, la sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi esposti risultando carente sia rispetto ai criteri presuntivi applicati alla fattispecie, sia rispetto alle modalità di calcolo adottate per giungere al conteggio conclusivo dell’ammontare del costo del venduto in complessivi Euro 164.214,00, con una percentuale di ricarico del 43%;
– che anche la questione del giudicato esterno di cui alla sentenza n. 134/03/06 della CTP di Rieti, posta col terzo motivo di ricorso, è rilevante nella fattispecie in esame, avendo effetti nel presente giudizio laddove si trattasse della stima della medesima merce quale questione di fatto relativa ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause (Sez. U, 16/06/2006, n. 13916, Rv. 589696-01);
– che all’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi innanzi esposti, nonché provveda a liquidare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022