Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6885 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 6885 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
AGNELLO Maria (GNL MRA 34E41 L448P), AUTERI Maurizio (TRA
MRZ 64P12 C351P) e AUTERI Oreste Giuseppe Orazio (TRA RST
62L02 C351Q), tutti nella qualità di eredi di Auteri
Rosario, rappresentati e difesi, per procura speciale a
margine del ricorso, dall’Avvocato Isabella Casales
Mangano, con domicilio per legge presso la Cancelleria
civile della Corte di cassazione, piazza Cavour;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro

tempore,

rappresentato

e

difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici

• 430

N

Data pubblicazione: 24/03/2014

in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– controricorrente e ricorrente incidentale avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto
l’accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso
principale e del primo motivo dell’incidentale.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 27

gennaio 2011 presso la Corte d’appello di Caltanissetta,
AGNELLO Maria, AUTERI Maurizio e AUTERI Oreste Giuseppe
Orazio, nella qualità di eredi di Auteri Rosario
Salvatore, deceduto il 23 ottobre 2011, chiedevano la
condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al
pagamento del danno non patrimoniale derivato dalla
irragionevole durata di un giudizio iniziato dal loro
dante causa dinnanzi al TAR per la Sicilia, sede di
Palermo, con ricorso depositato il 18 giugno 1997 e deciso
con sentenza pubblicata il 7 giugno 2010;
che l’adita Corte d’appello, rilevato che i ricorrenti
erano legittimati e che, avendo Auteri Rosario Salvatore

n. 561/2012, depositato in data 27 luglio 2012.

presentato istanza di prelievo il 10 marzo 2010, la
domanda era proponibile, riteneva che il giudizio
presupposto, durato tredici anni circa, avesse avuto una
durata irragionevole di dieci anni, liquidava un

quota,

ragguagliato al parametro riduttivo di euro 500,00

per anno di ritardo, tenuto conto del lungo periodo in cui
non vi era stato impulso sollecitatorio di parte, e
compensava per due terzi le spese di giudizio in
considerazione dell’accoglimento solo parziale della
domanda;
che per la cassazione di questo decreto i ricorrenti
in epigrafe indicati hanno proposto ricorso sulla base di
due motivi, illustrati da memoria;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso e ha a sua volta proposto ricorso
incidentale affidato ad un motivo.
Considerato

che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 6,
par. l, della CEDU e dell’art. 2 della legge n. 89 del
2001, si dolgono che la Corte d’appello non abbia
applicato i criteri di liquidazione del danno adottati

indennizzo di euro 5.000,00, in favore dei ricorrenti pro

dalla Corte di Strasburgo, nonché di omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio;
che, in particolare, i ricorrenti sostengono che, in
applicazione degli indicati criteri, la Corte d’appello

per i primi tre anni di ritardo e di 1.000,00 euro per
ciascuno degli anni successivi;
che con il secondo motivo (violazione e falsa
applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5,
cod. proc. civ.) i ricorrenti si dolgono che la Corte
d’appello abbia compensato per i 2/3 le spese processuali,
e ciò nonostante che la riduzione della somma riconosciuta
sia dipesa dal fatto che la Corte d’appello ha applicato
un criterio riduttivo di liquidazione, mentre
l’orientamento prevalente della giurisprudenza di
legittimità era nel senso che l’indennizzo dovesse essere
rapportato a 1.000,00 euro per anno di ritardo;
che con l’unico motivo di ricorso incidentale il
Ministero denuncia violazione dell’art. 2 della legge n.
89 del 2001, come modificato dall’art. 54 del decretolegge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 133 del 2008, rilevando che, a far data dal

avrebbe dovuto riconoscere un indennizzo di 750,00 euro

25 giugno 2008, la presentazione della istanza di prelievo
è divenuta condizione di procedibilità della domanda di
equa riparazione, mentre, nel caso di specie, l’istanza di
prelievo era stata presentata solo nel 2009, sicché dalla

scomputato il periodo di mesi otto intercorso tra il 25
giugno 1998 e la data di presentazione della istanza di
prelievo;
che il ricorso incidentale, che per ragioni di ordine
logico deve essere esaminato per primo, è infondato;
che invero, se può convenirsi con la difesa erariale
che la presentazione della istanza di prelievo costituisce
condizione di proponibilità della domanda di equa
riparazione in relazione ai giudizi amministrativi, non
può non rilevarsi che una volta rimosso l’ostacolo con la
tempestiva presentazione della istanza di prelievo la
domanda diventa proponibile senza che possa espungersi
dalla durata del giudizio presupposto il segmento
temporale intercorso tra il 25 giugno 2008 e la data di
presentazione della istanza di prelievo;
che il primo motivo del ricorso principale è
infondato;
che infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,
in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti

durata irragionevole del processo avrebbe dovuto essere

dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che
la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non
indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro

anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a
euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in
capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in
misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle
peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo facendo riferimento al lungo periodo in
cui non vi è stato alcun impulso sollecitatorio di parte,
risalendo l’ultima istanza di prelievo al 2002;
che trattasi di motivazione adeguata, rispetto alla
quale le deduzioni dei ricorrenti non appaiono idonee ad
evidenziare vizi di violazione di legge o di motivazione,
nei limiti in cui tale tipo di vizio è prospettabile ai
sensi del nuovo testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc.
civ.;

750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre

che va poi ricordato che, in applicazione dei criteri
elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(decisioni Volta et autres c. Italia,
Falco et autres c. Italia,

del 16 marzo 2010 e

del 6 aprile 2010) e recepiti

2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271; Cass.,
13 aprile 2012, n. 5914), relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, questa
Corte è solita liquidare un indennizzo che rapportato su
base annua corrisponde a circa 500,00 euro per la durata
del giudizio;
che tale approdo consente di escludere che un
indennizzo di 500,00 euro per anno di ritardo possa essere
di per sé considerato irragionevole e quindi lesivo
dell’adeguato ristoro che la giurisprudenza della Corte
europea intende assicurare in relazione alla violazione
del termine di durata ragionevole del processo;
che il secondo motivo è fondato;
che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza
reciproca, che consente la compensazione parziale o totale
tra le parti delle spese processuali (art. 92, secondo
comma, cod. proc. civ.), comprende anche l’accoglimento
parziale dell’unica domanda proposta, quando la parzialità
dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi

dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 18 giugno

una domanda articolata in un unico capo (Cass., Sez. III,
21 ottobre 2009, n. 22381);
che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta
compensazione per i 2/3 delle spese di lite si appalesa

vi è stato alcun rilevante scarto (Cass., Sez. VI-1, 17
giugno 2012, n. 617) tra l’importo richiesto dalla parte
istante e quello riconosciuto dalla Corte territoriale;
che,

inoltre,

l’ampiezza

della

dichiarata

compensazione tra l’altro eccedente il divario
percentuale sussistente tra l’indennizzo domandato (pari
ad euro 1.000,00 per anno di ritardo, quindi entro i
limiti dei parametri CEDU applicati dalla giurisprudenza
di questa Corte) e quello liquidato – finisce con il
risolversi nella sostanziale vanificazione della
soccombenza dell’Amministrazione convenuta, che, invece,
deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il
profilo della suddivisione del carico delle spese per non
rendere vuota la tutela accordata;
che, dunque, in accoglimento del secondo motivo del
ricorso principale, il decreto impugnato deve essere
cassato in relazione alla censura accolta;
che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, provvedendosi ad eliminare dal decreto impugnato

8

priva di logica ragionevolezza, posto che nella specie non

la statuizione di compensazione delle spese, ferma la
liquidazione nella misura indicata nel decreto stesso;
che, quanto alle spese del giudizio di legittimità, il
Collegio ritiene che, in considerazione del parziale

dispositivo, possano essere compensate per metà
che le spese, come liquidate, vanno distratte in
favore dell’Avvocato Isabella Casales Mangano,
dichiaratasi antistataria.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso incidentale e il primo
motivo di quello principale; accoglie il secondo motivo
del ricorso principale; cassa il decreto impugnato in
relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito,
espunge dal decreto impugnato la statuizione relativa alla
compensazione delle spese del giudizio di merito; condanna
il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento,
in favore dei ricorrenti, di metà delle spese del giudizio
di legittimità, che liquida per l’intero in euro 506,25,
oltre ad euro 100,00 per esborsi e agli accessori di
legge, dichiarando compensata la restante metà. Dispone la
distrazione delle spese del giudizio in favore
dell’Avvocato Isabella Casales Mangano, dichiaratasi
antistataria.

accoglimento del ricorso, le stesse, liquidate come da

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione,

il 16 gennaio 2044.

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