Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6883 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 11/03/2020), n.6883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23438/2018 proposto da:

S.D., elettivamente domiciliato in Roma Via Crescenzio 19

presso lo studio dell’avvocato Pamphili Luigi che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Giuratrabocchetta Giuseppe;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 97/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 26/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/11/2019 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Potenza, con sentenza depositata il 6 febbraio 2018, ha dichiarato inammissibile l’appello avverso il decreto con cui il Tribunale di Potenza ha respinto la domanda proposta da S.D., cittadino del Mali, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

Il giudice di secondo grado, sul rilievo che il ricorso introduttivo di primo grado recava in calce un mandato non sottoscritto dal ricorrente avendo costui apposto, anzichè la firma, un segno di croce – ha ritenuto la procura ad litem inesistente, e, come tale, inidonea ad una valida costituzione del rapporto processuale, con conseguente inesistenza giuridica dell’atto introduttivo del giudizio, il cui vizio non è stato sanato neppure con il successivo conferimento della procura in appello.

In conclusione, la Corte territoriale, ritenendo sussistere una causa di inammissibilità originaria della domanda, ha dichiarato l’inesistenza del ricorso di primo grado e, per l’effetto l’inammissibilità dell’appello.

Ha proposto ricorso per cassazione S.D. affidandolo ad un unico articolato motivo.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 125,161, 324,333, 334,343 e 702 bis c.p.c..

Lamenta il ricorrente che il vizio di inesistenza della procura alle liti allegata al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non determina anche l’inesistenza di tale atto, non costituendo la procura un requisito essenziale del ricorso introduttivo del giudizio, bensì un presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale. Ne consegue che, non essendo il provvedimento conclusivo del giudizio di primo grado inesistente, bensì solo nullo, per effetto del principio della conversione delle cause di nullità in motivi di gravame, il Ministero dell’Interno, nel costituirsi in appello, avrebbe dovuto far valere tale vizio con appello incidentale. La mancata impugnazione da parte del Ministero ha determinato, con il giudicato così formatosi, la sanatoria del vizio, il quale non avrebbe dovuto essere rilevato d’ufficio dalla Corte d’Appello.

Quanto al merito, il ricorrente ha dedotto che la Corte d’Appello avrebbe dovuto riconoscergli la protezione sussidiaria ex D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. b) in quanto, in caso di rimpatrio, rischierebbe di subire la tortura o altra forma di trattamento inumano e degradante da parte del proprio zio (a causa del quale è fuggito dal proprio paese), o comunque a norma della citata Legge, art. 14, lett. c), per la grave situazione di violenza diffusa ed indiscriminata presente in Mali, o in subordine, la protezione umanitaria.

2. Il ricorso è infondato.

Va preliminarmente osservato che, come, del resto, non contestato dallo stesso ricorrente, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado recava effettivamente una procura ad litem inesistente.

Come statuito da questa Corte nella sentenza n. 7305/2004, la procura

alle liti conferita con mero crocesegno non è suscettibile di autentica in quanto carente del requisito della sottoscrizione.

Questa, infatti, essendo indispensabile ai fini dell’individuazione dell’autore del documento, costituisce un elemento essenziale dello stesso e, dovendo risultare da segni grafici che indichino, anche in forma abbreviata, le generalità del soggetto che conferisce la procura, non è assolutamente integrata da un segno di croce vergato.

Accertata quindi l’inesistenza, nel caso di specie, della procura ad litem del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, occorre a questo punto valutare se tale vizio dia luogo ad una nullità sanabile (anche con il meccanismo della conversione delle cause di nullità in motivi di gravame) ovvero insanabile, e, come tale, rilevabile da giudice in ogni stato e grado del giudizio.

In proposito, nel vigore dell’art. 182 c.p.c. previgente, l’orientamento di questa Corte era assolutamente consolidato nell’affermare il principio secondo cui gli effetti degli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere rilasciata con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purchè però anteriormente alla costituzione della parte rappresentata (cfr. Cass. S.U. n. 13431/2014, n. 8708/2009, più recentemente n. 8933/2019).

Dunque, per orientamento costante di questa Corte, essendo stato ritenuto principio indefettibile quello sopra enunciato stabilito dall’art. 125 c.p.c., comma 2, erano da ritenersi escluse dal testo previgente dell’art. 182 c.p.c. le ipotesi di tardivo rilascio della procura alle liti, essendo in tal caso la costituzione delle parti insanabilmente nulla.

Attualmente, nonostante la modifica dell’art. 182 c.p.c., comma 2 (a seguito dell’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 2) che ha espressamente previsto il meccanismo sanante anche alle ipotesi in cui il giudice rilevi un vizio attinente alla nullità della procura, deve, tuttavia, escludersi che la sanatoria possa estendersi anche alle ipotesi di difetto del rilascio della procura al difensore ovvero di procura inesistente.

In proposito, questa Corte ha recentemente statuito nell’ordinanza n. 11930/2018 (confermando l’orientamento già espresso nelle pronunce n. 27530/2017 e S.U. n. 10414/2017), che la disciplina prevista dall’art. 182 c.p.c., comma 2 non trova applicazione in caso di difetto originario della procura.

Ne consegue che se il vizio del difetto di procura o procura inesistente non è suscettibile di ratifica ex art. 182 c.p.c., comma 2, lo stesso non potrà essere sanato neppure con il meccanismo della conversione della causa di nullità in motivi di gravame (che afferisce solo a vizi suscettibili di sanatoria), e può quindi essere rilevato in ogni stato e grado del giudizio.

La decisione della Corte d’Appello deve quindi ritenersi corretta.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite, non essendosi il Ministero intimato costituito in giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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