Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6883 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2022, (ud. 20/01/2022, dep. 02/03/2022), n.6883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8345-2020 proposto da:

T.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE PRESSO LA PREFETTURA

– U.T.G. DI CROTONE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1851/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 01/10/2019 R.G.N. 1416/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2022 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1851 del 2019, ha respinto il gravame proposto da T.M., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa sede che, confermando il provvedimento emesso dalla competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato nonché della protezione sussidiaria ed umanitaria.

2. Come si legge nella gravata pronuncia, il ricorrente aveva dichiarato di essere fuggito dal suo Paese nel desiderio di cercare condizioni di vita migliori, essendo ivi rimasto solo con una sorella ed uno zio che lo maltrattava; aveva precisato che il governo del Gambia non “trattava bene le persone” e aveva riferito di volere fare dell’omosessualità un mestiere, visto che non aveva un lavoro e voleva aiutare la sorella che aveva problemi mentali.

3. La Corte di appello, a sostegno della propria decisione, ha rilevato la inverosimiglianza delle dichiarazioni rese; la mancata indicazione di riscontri sull’orientamento sessuale del richiedente che aveva precisato, in sede di audizione, di essere attratto anche dalle donne; ha sottolineato, poi, che non sussistevano i presupposti né per il riconoscimento dello status di rifugiato, né quelli per la protezione sussidiaria, non essendovi per il richiedente il rischio di torture e/o altre forme di maltrattamento, né una situazione di violenza indiscriminata nella regione di provenienza del Gambia, con concreto pericolo di danno grave in ipotesi di rimpatrio.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il richiedente affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno si è costituito, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto; la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 con riferimento ai profili di credibilità. Deduce che erroneamente la Corte di merito, attraverso una non corretta valutazione della credibilità, non aveva considerato le effettive ragioni dell’espatrio e soprattutto la circostanza che all’epoca dei fatti esso richiedente, nato l’1.1.98, lasciato il Gambia nel 2012 ed entrato in Italia nel 2015, era minorenne.

3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto: la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, comma 1, lett. b), con riferimento alla protezione sussidiaria, per avere la Corte territoriale omesso di vagliare e riscontrare i profili relativi al rischio, cui sarebbe stato esposto, in caso di rimpatrio, di patire un grave danno o di subire una lesione grave dei diritti umani.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla valutazione della minore età al momento dell’ingresso in Italia.

5. I motivi, da esaminare congiuntamente perché interferenti, sono fondati e vanno accolti. per quanto di ragione.

6. Nella stessa gravata sentenza, invero, si legge che il ricorrente è nato l'(OMISSIS); risulta poi dal verbale di riconoscimento, redatto dalla Questura (all. B 4 del fascicolo di secondo grado) che il richiedente è entrato in Italia nell’ottobre del 2015: la circostanza non è contestata.

7. Orbene, in tema di protezione umanitaria, il giudice, ai fini dell’individuazione di eventuali situazioni di vulnerabilità, nell’accertare il livello d’integrazione raggiunto in Italia dal richiedente, comparato con la situazione in cui versava prima dell’abbandono del paese di origine, deve valutarne la minore età, in considerazione della particolare tutela di cui gode nel nostro ordinamento il migrante minorenne, in specie ove sia non accompagnato, trattandosi di condizione di “vulnerabilità estrema”, prevalente rispetto alla qualità di straniero illegalmente soggiornante nel territorio dello Stato, avuto riguardo all’assenza di familiari maggiorenni in grado di prendersene cura ed al conseguente obbligo dello Stato di adottare tutte le misure necessarie per non incorrere nella violazione dell’art. 3 Cedu (Cass. n. 11743/2020).

8. La minore età del richiedente al momento del suo ingresso in Italia, trattandosi di condizione personale di particolare vulnerabilità la quale, al pari di altre (come lo stato di gravidanza, l’età avanzata, la disabilità, etc.), determina, pur in mancanza di un concreto rischio per la vita, l’integrità fisica o la libertà individuale, il pericolo, in caso di rimpatrio, di una significativa ed effettiva compromissione dei diritti inviolabili del richiedente (Cass. n. 17185/2020).

9. Nella fattispecie, la Corte territoriale non ha proprio valutato tale profilo, sia in relazione alla chiesta protezione umanitaria, sia con riguardo alla istanza di protezione sussidiaria, verificando in particolare se, in caso di rimpatrio, il richiedente, partito quando era minorenne, avrebbe potuto essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, soprattutto perché in passato sottoposto a maltrattamenti da parte dello zio e costretto a prostituirsi con altri uomini per provvedere al proprio sostentamento.

10. In altri termini, la Corte di merito avrebbe dovuto approfondire la circostanza che il richiedente aveva intrapreso il suo percorso in una condizione che lo differenziava dagli altri, sia perché minorenne sia perché oggetto di abusi in famiglia (situazione rilevante per lo sono di stanziabile).

11. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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