Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6881 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 11/03/2020), n.6881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 33777/2018 R.G. proposto da:

N.A., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv.

Rosaria Tassinari con studio in Forlì viale G. Matteotti n. 115

(indirizzo PEC rosaria.tassinari.ordineavvocatiforlicesena.eu);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato (PEC

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it);

– intimato –

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna, sez. II, n.

2643/2018 depositata il 05/11/2018;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

24/10/2019 dal Consigliere Dr. Succio Roberto;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– con il provvedimento impugnato la Corte di Appello di Bologna ha confermato la statuizione del Tribunale felsineo che aveva respinto la domanda di N.A.;

– questi aveva impugnato di fronte al giudice il diniego della Commissione territoriale chiedendo in principalità il riconoscimento dello status di rifugiato e in subordine la protezione sussidiaria ovvero ordinarsi al Questore ex D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

– avverso detta pronuncia propone ricorso per Cassazione N.A. con atto affidato a tre motivi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

– il primo motivo lamenta sia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per non avere il giudice del merito, ritenendo il racconto dell’odierno ricorrente non credibile, adeguatamente esercitato i propri poteri officiosi di integrazione probatoria sia dell’art. 3, comma 5 del medesimo D.Lgs. per non avere la Corte valutato la credibilità in parola alla luce dei parametri di legge;

– la censura è inammissibile;

– invero, la Corte del merito ha ritenuto il richiedente non credibile quanto alla narrazione dei fatti riportati; sul punto, questa Corte ha ormai chiarito come “in tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda ex D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 50, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; in tal senso la valutazione di non credibilità del racconto. costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, ex D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503);

– si è poi precisato che “in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass.27 giugno 2018, n. 16925; e v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

– pertanto, avendo ritenuto non credibile la narrazione del richiedente, la Corte ha correttamente deciso di conseguenza;

– inoltre, la Corte territoriale, da un lato ha dato risposta alle questioni proposte dall’appellante, e dall’altro lato, ha chiaramente esposto le valutazioni spettanti ad essa;

– sul punto il ricorso chiede in concreto di ripetere il giudizio di fatto, attività preclusa in questa sede Legittimità;

– il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non avere il giudice di merito riconosciuto la sussistenza (quanto al rischio di minaccia grave e quanto alla situazione di violenza indiscriminata) dei requisiti per la concessione della protezione c.d. “sussidiaria” senza indicare le fonti del proprio convincimento;

– il motivo è fondato;

– effettivamente, la sentenza impugnata non precisa quali siano le fonti consultate, ed a che epoca risalgano. Ciò posto in fatto, si rileva in diritto che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, stabilisce che ogni domanda di protezione internazionale deve essere esaminata “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale”. La norma, dettata per l’esame della domanda di protezione da parte delle Commissioni territoriali, spiega comunque una efficacia indiretta nel successivo giudizio di impugnazione dinanzi l’Autorità Giudiziaria. Il provvedimento di quest’ultima, infatti, non potrebbe essere motivato per relationem rinviando alle fonti citate dalla Commissione territoriale.

Il giudice di merito, pertanto, non può limitarsi a valutazioni solo generiche a tal riguardo, nè può omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22.5.2019). Al contrario, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. Sez. 1 – ordinanza n. 13449 del 17.5.2019). La violazione, da parte del giudice di merito, di tale onere, può tradursi – e ben essere censurata, come nel caso di specie – in una falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), consistente in un vizio di sussunzione;

– conseguentemente, la sentenza va sul punto cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di Appello di Bologna per nuovo esame;

– il terzo motivo, è quindi assorbito.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo motivo e assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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