Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6880 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. I, 11/03/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 11/03/2020), n.6880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24133/2018 R.G. proposto da:

O.C., rappresentata e difesa giusta delega in atti

dall’avv. Noemi Nappi del Foro di Avellino (indirizzo PEC

noemi.nappi.avvocatiavellinopec.it);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato (PEC

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it);

– intimato –

Avverso il decreto del Tribunale di Lecce n. 1389/2018 depositato il

18/06/2018;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

24/10/2019 dal Consigliere Dr. Roberto Succio.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– con il provvedimento di cui sopra il Tribunale di Lecce ha respinto la domanda di O.C. che aveva impugnato il diniego della Commissione Territoriale chiedendo in principalità il riconoscimento dello status di rifugiato e in subordine la protezione sussidiaria ovvero la trasmissione degli atti al Questore ex D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

– il giudice ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente, il quale aveva riferito di esser cittadino originario di (OMISSIS), in Nigeria, di essersi recato nel (OMISSIS), dai genitori, che però erano morti uccisi in un attentato compiuto dal gruppo terroristico di B.H. e di essersi quindi allontanato dal paese di origine in quanto spaventato dalla possibilità di subire la violenza di tali gruppi;

– avverso detto decreto, O.C. propone ricorso per Cassazione con atto affidato a tre motivi; il Ministero dell’Interno resiste con controricorso;

considerato che:

– il primo motivo di ricorso censura il decreto per violazione del D.Lgs. n. 215 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per non avere il giudice dell’appello applicato i principi in materia di attenuazione dell’onere della prova gravante in capo al richiedente protezione internazionale;

– il motivo è infondato;

– come si evince dalla lettura del decreto, il Tribunale ha – con accertamento in fatto in questa sede non più censurabile – ritenuto inattendibile la narrazione del ricorrente (pag. 5 primo capoverso); tal elemento ha rilevanza fondamentale, in quanto secondo la giurisprudenza di questa Corte “in tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda ex D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, ex D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate.” (Cass. ord. n. 27503/18, in particolare, v. Cass. ord. n. 27336/18, sul fatto che la domanda diretta a ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottragga al principio dispositivo, sia pure attraverso la cooperazione istruttoria del giudice – v. Cass. ord. n. 26921/17 – attraverso un onere probatorio attenuato, v. in proposito, anche Cass. ordd. nn. 15782/14, 4138/11);

– il secondo motivo il decreto impugnato per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. g) e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione della protezione sussidiaria, per avere il giudice di Lecce erroneamente ritenuto insussistente la situazione di minaccia grave alla vita e alla persona del richiedente, senza aver compiuto un’accurata indagine sul paese di origine del richiedente;

il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari per non avere il Tribunale preso in esame la situazione di violazione dei diritti umani nel paese di provenienza;

– i motivi sono strettamente connessi e possono quindi esaminarsi congiuntamente; gli stessi sono infondati;

– invero, come si evince dal decreto impugnato, il secondo giudice ha adeguatamente esaminato la situazione della Nigeria ed ha accertato in fatto come (pagg. 7 – 8) debba escludersi che “il grado di violenza che caratterizza il conflitto armato in corso raggiunga nell’area di provenienza del richiedente un livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nell’area in questione, il concreto rischio” di subire un grave danno alla persona (pag. 8, ultimo periodo);

– nel caso di specie, quindi, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, il Tribunale ha in concerto – in realtà – debitamente utilizzato i propri poteri istruttori, per verificare officiosamente la situazione del paese di provenienza dello straniero (vedi pp. 7 e 8 della sentenza impugnata), mentre, in riferimento alla situazione personale del richiedente, il Tribunale ha escluso che dalla narrazione dello straniero, risultassero elementi che potessero far configurare quei fatti come costitutivi del diritto azionato per ottenere la protezione umanitaria;

– conclusivamente quindi il ricorso va rigettato;

– le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 2.100 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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