Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6878 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 6878 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

impianto termico —
Compenso — Prova
esecuzione

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 2697/08) proposto da:
CHIODONI RODOLFO, in proprio e quale legale rappresentante pro empore della ditta LA
BRILLANTE s.r.I., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avv.to Elio Vitale del foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma,
viale Mazzini n. 6/a;
– ricorrente –

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contro
TECNOTERMICA F.LLI CAMILLETTI s.n.c. (già Termotecnica F.11i Calilletti e Santolini s.n.c., già
Termotecnica di Camilletti Daniele), in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avv.to Alessandra Lissandrin del foro di Ancona, in virtù di procura

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Data pubblicazione: 24/03/2014

speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio
dell’Avv.to Piero Ponzeletti in Roma, via Prisciano n. 67;
– controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 410 depositata il 13 ottobre 2007.

Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
Francesca Ceroni, che — in assenza delle parti costituite – ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso ed in subordine per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 7 luglio 1998 Rodolfo CHIODONI, in proprio e nella qualità di
amministratore di La Brillante s.r.I., proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.
311/1998, emesso dal Pretore di Ancona il 4.5.1998, in favore della TECNOTERMICA F.LLI
CAMILLETTI E SANTOLINI, per la somma di £. 9.275.330, oltre accessori, a titolo di corrispettivo
della prestazione resa, esponendo che i lavori in questione, concernenti la trasformazione
dell’impianto di riscaldamento di un’abitazione da gasolio a gas metano, era stato pattuito un
compenso completamente diverso da quello preteso; in via riconvenzionale chiedeva il
risarcimento dei danni patrimoniali e morali a lui derivati in conseguenza del comportamento

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 3 dicembre 2013 dal

tenuto da Paolo Santolini, dipendente della ingiungente, di cui era responsabile ex art. 2049 c.c.,
per avere inveito contro di lui e rotto con un pugno il pannello di rivestimento della porta di
ingresso.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della società opposta, la quale contestava il rilievo
della non conformità all’originale della copia del preventivo depositato, assumendo l’avvenuta
esecuzione, su disposizione dell’opponente, di ulteriori lavori oltre a quelli di cui al medesimo

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Nvì

preventivo, in via subordinata e riconvenzionale, ove revocato il decreto opposto, invocava la
condanna dell’opponente al pagamento della somma ritenuta dovuta, incompetente il giudice
adito in ordine alla domanda di risarcimento ex art. 2049 c.c., il Tribunale adito (già Pretore),
versata dal committente dopo la notifica del d.i. la somma di £. 5.717.950, accettata ‘in acconto

1.432.700 a titolo di spese per l’eliminazione dei vizi da cui era risultato affetto l’impianto di
riscaldamento, previa declaratoria di inammissibilità delle domande riconvenzionali, rigettava
l’opposizione e per l’effetto confermava il provvedimento monitorio.
In virtù di rituale appello interposto dal CHIODONI, con il quale lamentava che non si fosse tenuto
conto che per il contratto concluso, da qualificarsi di appalto con fornitura di materiali a carico
dell’esecutore, il prezzo era stato pattuito in £. 4.805.000, oltre iva, di cui £. 1.800.000 per la linea
di adduzione del gas metano fino alla caldaia e alla cucina (pari a £. 20.000 al mt per 90 mt), £.
2.480.000 per la messa in opera della caldaia, oltre a £. 525.000 pari al costo del lavoro
necessario per il funzionamento dell’impianto (£. 35.000 orarie per 15 ore), tesi difensiva che
trovava riscontro nel preventivo prodotto dalla stessa appellata, mentre le attività descritte nel
prospetto riepilogativo redatto dalla medesima appaltatrice, talune erano riconducibili allo stesso
preventivo, altre non erano state autorizzate dal committente e comunque si trattava di artificiosa
duplicazione del costo della manodopera esposta in relazione al montaggio della linea di
adduzione del gas metano, oltre a reiterare le ulteriori difese e domande formulate in primo grado,

del maggiore credito’, precisato dal CHIODONI che dalla cifra riconosciuta andavano detratte £.

la Corte di appello di Ancona, nella resistenza della appellata (mutata la denominazione sociale
da Termotecnica s.n.c. di F.11i Camillettí e Santolini in Termotecnica s.n.c. di F.11i Camilletti),
ammessa ed espletata prova testimoniale articolata dall’appellata, ritenuta ininfluente quella
dell’appellante, respingeva il gravame.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale — premesso che erroneamente il Tribunale
non aveva esaminato nel merito le deduzioni dell’appellante, a prescindere dalla qualificazione

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delle stesse quale eccezione ovvero domanda riconvenzionale ed evidenziato che la struttura
imprenditoriale di modesta entità della società appellata induceva a ritenere che fra le parti fosse
stato concluso contratto d’opera — osservava che dalle prove testimoniali assunte risultava che
taluni lavori seppure non esposti in preventivo, in particolare quelli indicati ai numeri da 4 a 9 del

riconosciuti con esplicito consenso a tale esecuzione (v. teste Paolo Santolini, la cui incapacità è
stata tardivamente dedotta, solo in comparsa conclusionale, con conseguente sanatoria della
relativa nullità). Chiariva, altresì, la corte distrettuale che il teste Santolini andava considerato
attendibile per essersi in prima persona occupato dei lavori e perciò aveva una conoscenza
diretta degli stessi, sottolineando, inoltre, che quanto all’esecuzione degli stessi in difformità alle
prescrizioni del committente, ciò avrebbe comportato una immediata reazione di quest’ultimo,
come era accaduto in ordine all’intervento indicato nel prospetto alla voce sub 7, con immediata
interruzione della relativa opera. Aggiungeva che nella specie non trovava applicazione l’art. 1659
c.c. per il diritto al compenso per i lavori eseguiti in aggiunta o in variazione del preventivo,
trattandosi di rapporto, quello nascente dal contratto d’opera, che necessitava di minori formalità.
Per tale ragione non potevano ritenersi contrattualmente vincolanti le 10 ore indicate in
preventivo, rapportando a due soggetti che avevano eseguito l’attività lavorativa. Né sussisteva
ipotesi di duplicazione di voci tra quelle stabilite, tale non potendosi ritenere la sostituzione del
vecchio collettore, che pur rientrando nell’ambito dei lavori di ‘allaccio caldaia’, era stata prevista
come voce autonoma per rendere esplicita la diversa articolazione della prestazione resa, al pari
di quanto concerneva la sostituzione delle valvole degli elementi radianti, il rifacimento delle
tubazioni dell’acqua nel locale lavanderia e nel giardino, il montaggio del flessibile del gas in
cucina e del relativo rubinetto di arresto, la riparazione dello scalda acqua.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione
il CHIODONI, in proprio ed in qualità di legale rappresentate di LA BRILLANTE s.r.I., articolato su

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prospetto riepilogativo, erano stati commissionati dal padre del Chiodoni e da quest’ultimo

cinque motivi, oltre ad altro in via subordinata, quello in proprio, ed in ulteriori tre motivi, quello per
conto della ditta, illustrato anche da memoria ex art. 378 c.p.c., cui ha replicato la
TECNOTERMICA con controricorso.

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di tardività della produzione della visura camerale,
allegata da parte ricorrente al ricorso, sollevata dalla controricorrente ai sensi dell’ad. 372 c.p.c..
Osserva il Collegio che l’art. 372 c.p.c., comma 1, dispone, testualmente che nel giudizio di
Cassazione “non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del
processo, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del
ricorso e del controricorso”.
Certo quanto sopra e non controverso che la pacifica giurisprudenza di questa Corte regolatrice è
costante nell’affermare che le ipotesi di nullità della sentenza che consentono, ex ad. 372 c.p.c.,
la produzione di nuovi documenti in sede di giudizio di legittimità, sono limitate a quelle derivanti
da vizi propri dell’atto per mancanza dei suoi requisiti essenziali di sostanza e di forma, e non si
estendono, pertanto, a quelle originate, in via riflessa o mediata, da vizi del procedimento, ed
ancor meno a quelle derivanti da un eventuale error in iudicando che sarebbe stato commesso
nel provvedimento impugnato (cfr., al riguardo, ad esempio, tra le tantissime, Cass. 22 dicembre
2004 n. 23783), occorre rilevare che la visura camerale prodotta da parte ricorrente (indicata nella
nota 13, pag. 8 del ricorso) nel ricorso tende dimostrare non già la nullità (nel senso precisato
sopra) della sentenza impugnata, nè la ammissibilità del ricorso (o del controricorso avversario),
bensì la inattendibilità del teste Santolini, indotto dalla TECNOTERMICA.
È di palmare evidenza, pertanto, la inammissibilità della produzione in questione.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Anche a prescindere da quanto precede, comunque, e per completezza di indagine, non può
tacersi la assoluta irrilevanza, al fine del decidere, e della verifica della fondatezza (o meno) del
ricorso principale del documento menzionato, per quanto di seguito si dirà.
Passando all’esame del ricorso proposto dal CHIODONI in proprio, con la prima censura,

quale errore logico e quindi quale error in procedendo, non essendo stati dal giudice del gravame
illustrati i motivi che hanno portato a considerare attendibile il teste Santolini, nonostante la sua
falsa testimonianza ed il rilevante interesse economico dello stesso all’esito della controversia. Ad
avviso del Chiodoni il giudice di secondo grado non si sarebbe pronunciato su dette circostanze,
nonostante la sua precisa esplicitazione della questione. In ossequio all’art. 366 bis c.p.c. il
ricorrente sostiene che il fatto controverso attiene alla omessa motivazione su una serie di
menzogne del teste Santolini e sul suo chiaro interesse all’esito della vicenda quali elementi di
valutazione della attendibilità del teste.
Con il secondo motivo è denunciata la violazione di norme processuali per mancata
pronuncia su un capo della controversia relativa alla richiesta di inattendibilità del teste Santolini
nascente dalla sua falsa testimonianza e dalla sua incapacità a testimoniare. In particolare, il
ricorrente assume che la pronuncia della corte territoriale avrebbe ad oggetto la sola incapacità
del teste e nel dedurne la attendibilità avrebbe preso in considerazione la circostanza che era a
conoscenza dei fatti, senza esaminare gli aspetti negativi, come la falsa testimonianza,
nonostante fossero acquisiti al processo e vi fosse una esplicita richiesta in tal senso. A
conclusione del mezzo viene posto il seguente quesito di diritto: “il giudice ha il dovere di

pronunciarsi sulla richiesta di una delle parti di valutazione di alcune circostanze oggettivamente
acquisite e obiettivamente rilevanti in grado di influire sulla attendibilità del teste?”.

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è lamentata l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, anche rilevante

Il primo ed il secondo motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto pongono la
medesima questione: se sia ammissibile la valutazione delle affermazioni asseritamente mendaci
del teste Santolini, indotto da parte resistente.
Essi sono manifestamene infondati.

asserito da parte ricorrente – non basta neanche la denuncia di falsa testimonianza in sede
penale perché il giudice disattenda la deposizione resa dal testimone denunciato, ma a questo
fine occorre che il giudice penale abbia accertato in modo definitivo la sussistenza del reato,
costituendo solo in tale caso l’inattendibilità del testimone oggetto necessario dell’accertamento
(Cass. 22 gennaio 1994 n. 622).
Non merita, conseguentemente, censura il giudice del gravame per non avere tenuto conto della
dedotta falsità della testimonianza, il quale peraltro ha chiarito che la incapacità del teste Paolo
Santolini era stata dedotta tardivamente dal CHIODONI, solo in comparsa conclusionale,
sanando così la relativa nullità, statuizione quest’ultima che non ha neanche formato oggetto di
una specifica critica.
Per il resto si osserva che fuoriesce dai limiti del sindacato di legittimità l’ulteriore deduzione di
inveridicità della deposizione per contrasto con altri elementi probatori. In proposito si deve
rilevare che, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non risultano in alcun modo violati i
principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte. Invero, in tema di prova, spetta in via
esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una
prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo

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Per quanto concerne le deposizioni testimoniali, va rilevato che — diversamente da quanto

istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la
controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr Cass. n. 16499 del
2009).
In particolare, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la

dei testi e sulla credibilità di alcuni invece di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie,
di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto
riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di
prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le
deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che,
sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata
(cfr Cass. n. 12362 del 2006; Cass. n. 17097 del 2010).
In altri termini, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art.
360 n.5 c.p.c., applicabile ratione temporis, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di
merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile un mancato o deficiente esame di punti
decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle
prove in senso difforme da quello preteso dalla parte: infatti la citata disposizione non conferisce a
questa Corte il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare,
sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice
di merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento ed all’uopo
valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze
probatorie, quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 17 luglio 2001 n.
9662; Cass. 3 marzo 2000 n. 2404), come già detto.

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valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità

Nella specie la Corte di appello — con argomentazioni adeguate ed esenti da vizi logici – ha
esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto maggiormente attendibile il teste Santolini, per essersi
lo stesso direttamente occupato dei lavori per cui è controversia, il quale aveva perciò una
conoscenza diretta della vicenda, tenuto, altresì, conto della mancata reazione del committente a

precedenza vi fosse stata una reazione immediata di quest’ultimo in ordine all’intervento indicato
nel prospetto alla voce sub 7, con subitanea interruzione dell’esecuzione.
Attraverso la denuncia di vizi della motivazione e di violazione di norme di diritto, infatti, il
ricorrente tende a proporre una diversa interpretazione di fatti di causa, inammissibile in questa
sede di legittimità.
Con il terzo motivo è dedotta la violazione del principio dell’onere della prova ex art. 2697
c.c., in quanto in mancanza della testimonianza del Santolini, il giudice del gravame non avrebbe
potuto accogliere la richiesta della Tecnotermica, giacchè l’ulteriore testimonianza, resa da un
proprio dipendente, l’Urinelli, ha comportato la sola conferma dell’esecuzione dei lavori, senza
alcuna precisazione su quelli effettivamente commissionati, né sul tempo impiegato per la loro
realizzazione. A corollario del mezzo è posto il seguente quesito di diritto: “il giudice ha il dovere

di ritenere accertato solo ciò che risulta provato (fatta eccezione per il non contestato ed il fatto
notorio.
Anche questo motivo appare del tutto infondato, in quanto nessuna delle censure ivi articolate
trova rispondenza nel quadro probatorio sopra riportato con riferimento ai mezzi uno e due.
Il quarto mezzo, con il quale è lamentata la violazione di non meglio precisate norme
processuali, pone il seguente quesito di diritto: “il giudice ha il dovere di accogliere le richieste

dell’attore solo nei limiti in cui essere risultino fondate?”.
Il mezzo prima che infondato, è inammissibile.

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fronte della asserita difformità delle opere rispetto alle prescrizioni del committente, nonostante in

Osserva preliminarmente il Collegio che anche recentissimamente le Sezioni unite hanno ribadito
che “è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, il
ricorso per cassazione nel quale il quesito di diritto si risolva in una generica istanza di decisione
sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo” (Cass. SS.UU. n. 21672 del 23

un quesito circa la possibilità per il giudice, ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c., di fondare la
propria decisione attenendosi a mere dichiarazioni difensive svolte in atti dai difensori delle parti
in lite, senza chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata, in relazione alla concreta
controversia). Resta in ogni caso fermo il principio per il quale è inammissibile il ricorso
contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di
accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge (Cass.
SS.UU. n. 26020 del 2008).
Alla luce dei principi esposti il motivo in esame è da ritenere inammissibile per assoluta genericità
del quesito e della stessa doglianza, non essendo state chiarite neanche le norme supposte
violate ed i principi di cui la sentenza impugnata non avrebbe in concreto fatto buon governo,
secondo le critiche mossele.
Il quinto motivo, con il quale viene denunciata la violazione di norme processuali per
omessa assunzione di prova decisiva quale la testimonianza richiesta dal Chiodoni, pone il
seguente quesito di diritto: “il giudice ha il dovere di accogliere le richieste istruttorie quando

queste sono secondo una valutazione ex ante e secondo la prospettazione dell’attore idonee a
provare le richieste di merito?”.
Il mezzo non può trovare ingresso.
Occorre, in primo luogo, osservare che la prova in questione non è stata ammessa, in quanto
ininfluente ai fini della decisione (cfr. pag. 12 della sentenza), ed, in secondo luogo, deve essere
ribadito il principio secondo cui la parte che, in sede di ricorso per Cessazione, addebiti a vizio

lo

settembre 2013: nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso con il quale veniva posto

della sentenza impugnata la mancata ammissione di prove testimoniali richieste nel giudizio di
merito, ha l’onere, se non di trascrivere nell’atto di impugnazione i relativi capitoli, almeno di
indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che formavano oggetto della disattesa istanza
istruttoria, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sè tutti gli

decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della pronuncia
impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti difensivi del pregresso giudizio di
merito (tra le varie, cfr. Cass. SS.UU. 22 dicembre 2011 n. 28336; Cass. 30 luglio 2010 n. 17915;
Cass. 12 giugno 2006 n. 13556; Cass. 25 ottobre 2004 n. 20700; Cass. 1^ ottobre 1997 n. 9558).
Nella specie non sono avvenute nè la trascrizione, nè l’indicazione citate, sicché la questione si
manifesta inammissibile.
Con l’ulteriore motivo (successivo al quinto), formulato dal CHIODONI in subordine, il
ricorrente denuncia omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia
per non avere il giudice distrettuale illustrato i motivi che lo hanno portato a non considerare la
prova documentale offerta dal Chiodoni, ossia il preventivo prodotto dalla stessa Termotecnica. In
particolare, il ricorrente rileva che mentre nel preventivo risultavano indicate ore 10, in quello
modificato veniva considerato un monte orario di 30 ore di mano d’opera senza offrire una
adeguata motivazione di tutto ciò. Il momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), viene
rappresentato nei seguenti termini: “il fatto controverso in relazione al quale la motivazione è
omessa sono le modifiche apportate sul preventivo in possesso della Tecnotermica quali elementi
di interpretazione e di lettura del documento e dunque quali elementi su cui il giudice avrebbe
potuto fondare la sua decisione”.
La doglianza non ha pregio.
Il mezzo non coglie la ratio decidendi in quanto, in realtà, la corte territoriale non ha riconosciuto
valenza probatoria rilevante al preventivo dei CHIODONI, prodotto dalla stessa

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elementi che diano al Giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della

TERMOTECNICA, laddove risultavano indicate un minore numero di ore lavorative (n. 10), in
considerazione del fatto che il maggiore numero di ore lavorative esposte in fatture risultava
compatibile con i lavori aggiuntivi pacificamente eseguiti dall’appaltatrice. La corte distrettuale,
infatti, analiticamente rispondendo alle censure sviluppate dal CHIODONI, ha sottolineato che

Chiodoni non possono ritenersi contrattualmente vincolanti per la ditta esecutrice che indicando
un numero di ore diverso (rapportato ai due soggetti che hanno esplicato attività lavorativa
nell’occorso: v. in proposito la prova testimoniale espletata in questo grado di giudizio) non ha,
dunque, contravvenuto ad alcuna regolamentazione pattizia in tal senso” (pag. 19 della sentenza
impugnata).
Pertanto nessun vizio di motivazione insufficiente è ravvisabile, che, al contrario, risulta
estremamente analitica e puntuale.
Con il primo motivo del ricorso – proposto per conto di LA BRILLANTE s.r.l. – è dedotta la
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione per non avere la corte distrettuale illustrato le
ragioni che hanno portato a considerare valida la prova fornita dal Chiodoni circa la sussistenza di
un rapporto di lavoro tra il Santolini e la Tecnotermica. In particolare, con motivazione
contraddittoria, dopo avere ritenuto rilevanti le dichiarazioni del teste Santolini perché collaborava
con la resistente, ha poi negato la sussistenza di un rapporto, anche occasionale, di
collaborazione tra il Santolini e la Tecnotermica in relazione agli episodi di danno denunciati.

Il secondo mezzo, articolato per conto di LA BRILLANTE, lamenta la violazione di norme
sostanziali e processuali quanto all’applicazione dei principi sulla responsabilità per l’operato dei
commessi, essendo andato il teste Santolini a riscuotere un assegno per conto della ditta
resistente, pone il seguente quesito di diritto:

“Risponde dell’operato di un commesso il

committente che lo incarica di una prestazione temporanea e occasionale quando questa si
inserisce e va a vantaggio della struttura organizzativa del committente stesso?”.

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“sotto quest’ultimo aspetto si è visto che le 10 h indicate nel preventivo così come corretto dal

I mezzi — da trattare congiuntamente per la loro stretta connessione, vedendo sulla medesima
questione del vincolo esistente il Santolini e l’appaltatrice – sono da ritenere fondati nei limiti di cui
si dirà di seguito.

per compiere un determinato lavoro, di persona che può essere anche normalmente alle
dipendenze di altri, assumendone in proprio la direzione e la vigilanza deve essere considerato
committente, ai fini della responsabilità ex art. 2049 c.c., solo colui che ha fatto eseguire il lavoro
(Cass. 18 ottobre 2006 n. 22343; Cass. 9 novembre 2005 n. 21685; Cass. 9 agosto 2004 n.
15362; Cass. 19 dicembre 2003 n. 19553; Cass. 6 luglio 1983 n. 4501; Cass. 24 ottobre 1978 n.
4321).

La Corte di merito ha escluso, nella specie, che dell’operato del Santolini dovesse rispondere la
TECNOTERMICA, pur pacificamente ingaggiato per l’esecuzione dei lavori, dalla stessa
controricorrente, il quale avrebbe cagionato volontariamente i danni per cui è questione,
argomentando la statuizione con la tautologica affermazione della mancanza di prova
dell’inserimento temporaneo ed occasionale del predetto nell’organizzazione aziendale
dell’appaltatrice (v. pag. 21 della decisione impugnata), ciò in palese contrasto con il consolidato
orientamento giurisprudenziale sopra riportato. Il convincimento della Corte distrettuale appare
privo di qualsiasi giustificazione ed è, quindi, effettivamente incorsa nei denunziati vizi di
violazione di legge e motivazionali.

Con il terzo motivo LA BRILLANTE lamenta la mancata ammissione della testimonianza
di Siliva Chiani, pur regolarmente richiesta e formula il seguente quesito: “il giudice ha il dovere di

accogliere le richieste istruttorie quando queste sono secondo una valutazione ex ante e secondo
la prospettazione dell’attore idonee a provare le richieste di merito?”.

13

La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che ove taluno, come nella specie, si avvalga,

Il mezzo essendo correlato all’oggetto dei motivi uno e due del ricorso proposto per conto di LA
BRILLANTE, lascia aperta, in virtù del loro accoglimento nei termini di cui sopra, la questione del
risarcimento dei danni per la condotta descritta come tenuta dal Santolini, per cui si deve
considerare assorbito, al pari dell’istanza formulata dalla società resistente ai sensi dell’ad. 96

La impugnata sentenza va, dunque, cassata limitatamente ai punti investiti dalle censure
accolte, con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, che terrà conto dei rilievi innanzi svolti e
provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso proposto dal CHIODONI in proprio;
accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso proposto da LA BRILLANTE s.r.I., assorbito il
terzo e l’istanza ex art. 96 c.p.c. della controricorrente;
cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del
giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Bologna..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 3 dicembre 2013.

c.p.c., di cui dovrà occuparsi il giudice di rinvio.

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